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Puch MC 175, una storia "combattuta"

Grazie alle richieste dei membri dell'esercito austriaco nasce una moto destinata alle competizioni caratterizzata dal motore due tempi a cilindro sdoppiato: la Puch MC 175. Questo modello tocca l’apice del successo con la vittoria alla Sei Giorni Internazionale del 1960
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È stata una una richiesta che non si poteva rifiutare, quella che nel 1958 ha fatto nascere all'interno dell'austriaca Puch la MC 175: già dalla seconda metà degli anni Cinquanta, per le loro “missioni” sul montagnoso territorio nazionale, i militari chiedevano con sempre maggior insistenza un mezzo più adatto al fuoristrada di quello da tempo in dotazione, cioè la SV 175. La SV 175 era un “bassotto”, che aveva le sue buone doti, ma che veniva a trovarsi chiaramente in difficoltà su terreno difficile. Ma come esaudire le richieste dei militari senza però sviluppare qualcosa di nuovo che sarebbe costato tempo e denaro oltre una certa misura “prudenziale” stabilita dalla direzione? La soluzione verrà trovata utilizzando il motore delle SV e realizzando ex novo un telaio tubolare con ruote da 19”. Ne uscirà un modello di soddisfazione per i militari che verrà siglato MCH (Moto Cross Heer, cioè Motocross per l’esercito), costruito in 400 esemplari nel 1958-1959. Da questo alla versione gara il passo sarà breve e compiuto quasi contemporaneamente. Con un forte incremento di potenza (da 10 a 15 CV!) ottenuto mediante l’aumento della compressione (da 6,5 a 7:1), l’adozione di due carburatori da 22 mm ad apertura differenziata (anziché l’unico da 24 mm), la doppia accensione (anziché la singola) ed altri interventi di varia importanza sul propulsore. Che darà il suo meglio a 6.200 giri anziché i 5.800 giri della SV. Ottimo risultato!
Puch MC 175
La moto siglata MC (Moto Cross) verrà costruita in poche decine di esemplari all’anno dal 1958 al 1960 (impossibile oggi risalire alla quantità esatta), esemplari “special” destinati ai piloti ufficiali, ai concessionari più importanti e a qualche privato meritevole. Resterà in scena fin verso la fine degli anni Sessanta come ultima Puch dotata di motore due tempi a cilindro sdoppiato, secondo uno schema tecnico iniziato nel 1923 ad opera dell’ingegnere italiano Giovanni Marcellino e perfezionato nel dopoguerra con il sistema Zoller. Ampiamente dimostrati i vantaggi dello “sdoppiato”, che però alla lunga si riveleranno controproducenti, mentre il due tempi classico passerà alla riscossa con una serie di migliorie che lo faranno avanzare sotto tutti gli aspetti. E sarà questo impietoso confronto con il due tempi classico che decreterà la fine dello “sdoppiato”, tanto che la stessa Puch già nel 1966 passerà sul fronte opposto, abbandonando sia pure a malincuore il suo primo amore duetempistico.

La Puch MC 175 è stata protagonista a cavallo degli anni Sessanta di brillanti exploit in Regolarità sia con i piloti della Casa sia con i privati, toccando l’apice del successo con la vittoria nel Trofeo della Sei Giorni Internazionale del 1960 (in gara c'erano 12 nazioni, dal Giappone all’URSS, e 42 Marche, con un’impressionante varietà di modelli a due e quattro tempi). Senza dimenticare che intanto nella gelida Finlandia un giovanissimo Jarno Saarinen già portava ripetutamente al successo le Puch 175 da fuoristrada sino a laurearsi campione nazionale 1965 delle corse su ghiaccio.
Hans Leitner, capitano della squadra austriaca alla Sei Giorni Internazionale del 1960

In sella alla Puch MC 175

L’accensione è a spinterogeno, per l’avviamento bisogna quindi inserire la chiave sul dorso del fanale, che reca anche le spie del folle e delle luci, come una qualsiasi moto stradale. Poi aprire i due rubinetti del serbatoio per alimentare entrambi i carburatori, chiudere l’aria con la serranda applicata a quello di sinistra e al primo colpo di pedale (che si può assestare anche stando in sella) i due grossi silenziatori cominciano ad emettere un rumore ovattato, che non sale molto di intensità anche a tutta manetta. Veramente limitate le vibrazioni, cambio preciso con rapporti un po’ lunghi e tra i pochissimi (allora) con comando a sinistra, frizione un po’ delicata che tende a slittare nelle situazioni più impegnative. Comandi a mano e pedale ben messi, facili da azionare. Posizione di guida un po’ abbassata sull’anteriore a causa delle ruote con lo stesso diametro, tuttavia la moto si dimostra maneggevole anche se la forcella va facilmente a pacco causando contatto fra faro e parafango (bisogna rimediare spessorando le molle). Il panciuto serbatoio con ampie ginocchiere di gomma offre una buona presa mentre l’angolo di sterzo giudicato oggi risulta un po’ scarso, ma era sufficiente per le gare di quegli anni. Anche se non poteva girare più di tanto per i congeniti difetti dello “sdoppiato” (di cui è detto a pagina seguente), il motore non mancava di “cavalleria”, anzi ne aveva più per esempio della contemporanea e celebrata Moto Guzzi Lodola 175 monoalbero che disponeva di 11-12 CV a 6.000-7.000 giri secondo le versioni, mentre la Puch faceva 15-6.200. Riducendo al massimo l’ingombro frontale moto-pilota, la 175 austriaca consente di raggiungere i 120 km/h, ma con i suoi due carburatori l’exploit viene a costare parecchio in termini di consumo, non inferiore infatti ai 5-7 litri di “super” al 5% di olio ogni 100 km naturalmente viaggiando a manetta su terreno difficile. Il serbatoio assicura quindi un’autonomia minima di circa 150 km, allora più che sufficiente anche per la Sei Giorni.

La prova della Puch MC 175 arriva dall'archivio di Motociclismo d'Epoca.
Enrico Farina, ex regolarista anni 70-80 e collezionista, in sella all'unica Puch MC 175 esistente in Italia

Dati Tecnici Puch MC 175

Esploso del motore Puch MC 175 senza testa e cilindro
  • Motore: due tempi a cilindro sdoppiato raffreddato ad aria, alesaggio 2x42x62 mm=172 cc, compressione 7:1, testa e basamento in lega leggera cilindro in ghisa.
  • Accensione: spinterogenobatteria, dinamo Bosch da 6V-45/60 W, anticipo 5,5 mm prima del PMS, due candele Bosch grado termico da 225 a 260 secondo necessità. Batteria Bosch 6V-7Ah.
  • Alimentazione: miscela benzina + olio al 5%, due carburatori Fischer-Amal con diffusore da 22 mm e filtri d’aria a paglietta metallica, serbatoio da 11,5 litri di cui 3 litri riserva.
  • Trasmissioni: primaria a catene duplex sulla sinistra, rapporto 2,32 (denti 19-40), finale a catena singola sulla destra, rapporto 2,93 (denti 15-44).
  • Frizione: dischi multipli in bagno d’olio sulla sinistra.
  • Cambio: in blocco a quattro marce, rapporti interni 3,50 in prima (denti 8-28) 1,93 in seconda (15- 29), 1,37 in terza (19-26), 1,05 in quarta (22-23).
  • Telaio: tubolare integrato da elementi in lamiera stampata, doppia culla, forcellone scatolato.
  • Sospensioni: forcella teleidraulica e forcellone oscillante con due ammortizzatori teleidraulici regolabili sul carico molle.
  • Ruote: intercambiabili con cerchi in acciaio a raggi da 1,85x19, freni a tamburo centrale da 180 mm e pneumatici 3.00-19 ant 3.25-19 post.
  • Dimensioni in mm e peso: lunghezza 2.015, interasse 1.320, larghezza e altezza manubrio 750x1.030, altezza sella 820, altezza pedane 320, altezza minima da terra 260, peso 118 kg (54 kg ant + 64 kg post).
  • Prestazioni: potenza 15 CV a6.200 giri, velocità circa 120 km/h, consumo litri 5-7 ogni 100 km.
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