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Honda CB300R: strade nuove

Abbiamo messo alla prova la nuova Honda CB300R, naked della famiglia Neo Sports Cafè della Casa di Tokyo. Look da grande condensato in una ciclistica da 125 e facilità sono i tratti distintivi; vi sveliamo come va e quali sono pregi e difetti
1/20 Honda CB300R 2018: il test di Motociclismo
La Honda CB300R completa la famiglia Neo Sports Café, composta anche dalla CB125R e dalla maxi CB1000R, prendendo qualcosa da entrambe: la ciclistica compatta e agile dalla ottavo di litro e l’estetica (con il voluminoso scarico laterale) dalla millona. Girare la CB300R da fermi è un gioco da ragazzi: tanto sterzo per inversioni facili anche in stretti vicoli, fianchi sottili come quelli di una ballerina, peso di una piuma sospinta dal vento. Se in città è una bella alternativa a uno scooter, fuori dal centro urbano mette in luce una guida deliziosamente piacevole. Rapida nei cambi di direzione, precisa in inserimento, questa naked si affida a pneumatici di generosa sezione per avere tanto grip in curva e trazione in accelerazione. Con poco più di 30 CV a disposizione, ci permettiamo di ruotare a fondo la manopola del gas sicuri di non perdere aderenza in uscita di curva a moto ancora inclinata.
La CB300R, ci tengono a sottolineare gli uomini Honda, ha il miglior rapporto peso/potenza della categoria. Ciò non toglie che il motore rimanga un tranquillo compagno di scampagnate spensierate. Monocilindrico raffreddato a liquido, deriva strettamente da quello che già abbiamo avuto modo di provare sulla CBR300R e, prima di lei, sulla 250. A livello tecnico c’è da menzionare il cilindro disassato rispetto alla verticale dell’albero motore sull’asse longitudinale, soluzione che comporta una minore resistenza – e quindi maggiore scorrevolezza ed efficienza nei consumi – in fase di espansione. Durante la nostra prima presa di contatto abbiamo avuto modo di fare anche un rabbocco al serbatoio, versando 2,6 litri di benzina dopo aver percorso 80 km: quasi 31 km/litro a seguito di una guida a ritmo sostenuto. La prova completa ci fornirà dati più precisi, ma già questo fa ben presagire su quanto poco sia assetato questo motore. Abbinato a cambio e frizione di burro (ottimo per i neofiti e la guida nel traffico), frulla allegro e accompagnato da un sound piacevole, anche se – per avere una spinta minimamente brillante – bisogna farlo girare agli alti regimi: ai bassi è un po’ fiacco e nemmeno troppo elastico, accettando la piena apertura del gas tra i 2 e i 3.000 giri/min. Oltre la metà del contagiri, la giusta dose di potenza per divertirsi arriva accompagnata da discrete vibrazioni, specie alle pedane e, in misura ridotta, alla sella. Che però non disturbano troppo la guida.
A ridurre un po’ il comfort – complice le strade disastrate di Roma, teatro della nostra prova – ci si mettono le sospensioni, sostenute il giusto e ottime nella scorrevolezza, ma con una risposta un po’ secca su dossi e buche (che nella capitale abbondano…): basterebbe un po’più di freno idraulico in estensione, soprattutto al posteriore, per risolvere questo neo. Ma stiamo davvero cercando il pelo nell’uovo di una moto che si fa apprezzare per leggerezza, agilità e facilità di guida. Senza dimenticare una linea accattivante, abbinata a finiture curate, cui Honda ci ha ben abituato.
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