Se il rottamatore non vuole rottamare
I demolitori non vogliono ritirare la moto da demolire, ma nessuno li obbliga
a rispettare la legge. Così gli ecoincentivi, che dovevano aiutare il mercato,
stanno diventando una beffa
Cattive notizie. Il mercato va male, le Case accusano cali a due cifre,
e mentre studiamo la globalizzazione non sappiamo neppure fare una rottamazione.
Ricordate il piano per gli incentivi strappato al ministro dell’Ambiente
da Ancma e dal suo ostinato presidente Guidalberto Guidi? Anziché un aiuto,
sta diventando una palla al piede dei concessionari. Per pudore nessuno
ne parla - tranne Motociclismo a pagina 50 - ma la situazione ha dell’
incredibile.
O meglio, incredibile in qualunque altro Paese, dove prima di emanare una
legge ci si accerta della praticabilità della stessa. Ma non da noi: dove
avendo deciso di incentivare la demolizione dei catorci a due ruote a nessuno
è venuto in mente di appurare che i demolitori fossero disposti a farla.
Accade infatti che rottamare motorini ai rottamatori non piace. Perché?
Perché fare a pezzi un cinquantino rende molto meno che demolire un’auto
e la normativa vigente stabilisce un tetto ai veicoli da rottamare ma non
fa distinzioni tra due e quattro ruote. In più, ogni Regione adotta regole
proprie, e i criteri che valgono in Lombardia sono diversi da quelli della
Campania. Possibile che varando il piano rottamazione a nessuno sia venuto
in mente di segnalare questo non proprio trascurabile impedimento? Possibile
che, varata la norma, a nessuno sia venuto in mente di verificarne in concreto
l’applicazione? Possibile, anzi sicuro, visto che sta diventando prassi
tra i concessionari concedere sconti “tipo incentivo”, piuttosto che
prendersi in casa un rottame da smaltire a norma di legge. E i perentori
richiami al rigore da parte del ministro dell’ambiente Pecoraro Scanio
perché gli incentivi fossero concessi soltanto a fronte di “vere rottamazioni”?
Tutto dimenticato, chiuso, sepolto. Come se stanziare una manciata di incentivi
fosse stato soltanto un contentino simbolico senza alcuna attenzione ai
risultati pratici che avrebbero provocato. I rottamatori che vogliono rottamare
soltanto quello gli aggrada sono una piccola storia di egoismi microcorporativi
e di impotenza dello Stato a far rispettare le regole. Alla faccia dei
proclami ambientali e di quel minimo meccanismo virtuoso che, almeno nei
momenti di crisi, dovrebbe far prevalere l’interesse comune. L’Italia
che non “fa sistema”, che come dice l’economista Giulio Tremonti, è
stata colta “incantata e impreparata” dalla globalizzazione dei mercati,
si presenta anche così, inerte e indifferente di fronte all’occasione
sprecata degli incentivi boicottati da quattro sfasciacarrozze. E non è
un bel vedere.
di Adalberto Falletta