Editoriale
L’OCCASIONE FA L’UOMO... UOMO
Gert, un ragazzo di 18 anni sogna di diventare un campione. Grazie al talent
scout Jim Holley e al suo super-allenatore John Van den Berk, va a fare
qualche gara in America e si convince a lasciare la sua Estonia per trasferirsi
in Belgio. Si allena come un matto, prima nella sabbia estone, poi in quella
del nord Europa, il fondo più bastardo del mondiale, dove si crea la selezione
naturale tra i campioni e il resto del mondo. Negli ultimi GP disputati,
Francia e Svezia, arriva 28° e 22°. Nel 2006 si giocò un europeo junior
contro Maddii, ma, oggi, forse solo sua mamma lo ha notato, per gli altri
è un nome mai sentito o quasi in fondo alla classifica. Poi, a Lommel,
la svolta: Gert Krestinov, pilota privatissimo in sella a una KTM poco
più che di serie, vince a 18 anni il GP del Belgio. In gara 1 è 8°. Poi,
in gara 2, l’occasione della vita: i tre moschettieri della MX2, Rattray,
Simpson e Searle, finiscono a terra. Gert capisce che è il momento di provarci.
Gira il gas e dimentica di chiuderlo, rifilando distacchi paurosi a tutti.
Per i pignoli che diranno che “tanto con i migliori a terra è stato più
facile”, diciamo che è vero, ma ci sono due cose da ricordare. La prima
è che non si vince mai per caso, e infatti Krestinov ha fatto il giro veloce
della gara, rifilando 4 secondi a un certo signor Rattray. La seconda è
che la fortuna ti sorride se te la vai a cercare, anche se non sei nessuno
ma ci provi lo stesso. E allora, bravo Gert, te lo meriti tutto. A questo
punto però, il pensiero va alla beffa delle beffe, il nostro Tony Cairoli
fuori dal mondiale per un legamento rotto. Caduta rovinosa? Macché, nel
GP del Sudafrica ha messo un piede a terra, come si fa cento volte al giro,
ma quella volta il ginocchio ha fatto crack. Perché la fortuna, a volte,
aiuta chi ha coraggio, ma la sfiga non guarda in faccia nessuno. Così,
il 28 settembre al Motocross delle Nazioni, l’Italia dovrà battersi contro
lo squadrone di Stewart & Co, senza il suo alfiere. È un po’ come
la MotoGP senza Rossi, una tragedia. Ma noi saremo lì a sostenere i nostri,
se possibile, con ancora più grinta. E due settimane prima, al nostro GP
di Faenza, dovremo essere tutti in prima fila a fare il tifo, a David e
compagni. Per una volta, non facciamo gli italiani dicendo di amare uno
sport, salvo poi dimenticarcelo quando il supercampione si ritira o è
momentaneamente
fuori dai giochi. È stato così per il tennis con Panatta, lo sci con Tomba,
la pallavolo con la nazionale di Velasco, il canottaggio con i fratelli
Abbagnale, il ciclismo con Pantani… Dimostriamo di amare i nostri idoli,
ma prima di tutto, il nostro sport del cuore.