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Honda CX650: a tutto tondo

Il cerchio – forma geometrica perfetta – è fonte di ispirazione di questa café racer. Nata in un capannone di carpenteria industriale, esprime gusto e ricercatezza nella realizzazione, con un pizzico di originalità tecnica che la porta a distinguersi dalle “solite” special di questo filone

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Special Honda CX650

Ce l’avevo dietro casa e nemmeno lo sapevo. Giuro, sarò passato davanti a quell’enorme capannone almeno una volta al giorno, negli ultimi dieci anni: è proprio sulla strada che ogni mattina mi porta in redazione. Talvolta ho visto uscirne sbuffanti camion, appesantiti da rimorchi assurdi: cisterne di metallo pesanti diverse tonnellate, grandi come il bilocale dove abito. Chi mai avrebbe immaginato che il titolare dell’azienda specializzata in carpenteria e caldaneria fosse un grande appassionato motociclista? Per fortuna la provincia è un brulichio di chiacchiere e, con qualche giusta indicazione di conoscenti e amici, vengo a sapere che tra enormi macchinari per saldare e calandrare metallo, si nasconde una piccola e raffinata special. Da lì al bussare ai cancelli del capannone, passa un attimo. Pierluigi, il titolare, mi accoglie con un sorriso. Tipo alla mano, siamo quasi coetanei, si passa subito al “tu” e si parla di moto. Da ragazzo fa la gavetta con le 125 2T da 30 e oltre CV. Poi arriva il lavoro, la famiglia, i figli. E le moto passano necessariamente in secondo piano. Finché, un anno fa, il fratello si presenta con una Guzzi elaborata.

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Special Honda CX650

È come gettare una secchiata di benzina su brace mai del tutto spenta: la passione divampa intensa come e più di prima. Mettici anche un pizzico di sana competitività col fratello, ed ecco che scatta il proposito: costruirsi una café racer. La scelta cade su una giapponese solida, affidabile e tecnicamente per nulla banale, una CX650 del 1983. La non diffusissima bicilindrica è stata poco usata per la costruzione di special, e quelle che si sono viste negli ultimi anni non sono così radicali – nella modifica del telaio soprattutto – come questa. Tutte o quasi, infatti, mantengono il telaio di serie, a cui il motore è appeso e funge da elemento stressato, con montanti posteriori che scendono larghi, ai lati del carter. A Pierluigi quelle due “costole” che allargano i fianchi della moto non piacciono proprio, esteticamente. Così, forte della personale esperienza nella saldatura, le taglia di netto e ricostruisce tutta la “schiena” del telaio con una “colonna vertebrale” portante centrale, lasciando solo due leggere “scapole” nei punti di attacco originali. Le metafore anatomiche non sono un caso, perché questo Frankenstein meccanico va assomigliando sempre più ad un robot antropomorfo; uno di quelli che accendevano la fantasia di chi è stato bambino tra gli anni 70 e 80, ed è cresciuto guardando i cartoni animati giapponesi. Nello specifico: Mazinga Z. Che poi è anche il nomignolo con cui Pierluigi ha affettuosamente battezzato la sua Honda.

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Special Honda CX650

Il motore, che visto da fuori è praticamente originale, ha subìto parecchie modifiche. Tanto per cominciare è stata sostituita la ruota libera dell’avviamento, tallone d’Achille di questo modello; la trasmissione finale originale ha un ingranaggio rotto, quindi viene sostituita con il giunto cardanico di una CX500, operazione complessa che richiede un pesante intervento al forcellone che contiene l’albero di trasmissione. Aspirazione stravolta (Mikuni a valvola piatta anziché Keihin a depressione), scarico inventato di sana pianta con un sue in uno artigianale in acciaio inox. Tutto nuovo, maggiorato, il radiatore. La frizione rimane di serie, ma il comando è trasformato da cavo in idraulico. L’amico Michele di MG Moto di Bottanuco (BG) partecipa al progetto trovando avantreno, ammortizzatore posteriore, realizzando la sella e altri particolari. La CX “Mazinga” è pronta all’avviamento. Il sound è imperioso, gutturale, arrogante. Impossibile passare inosservati. Ci addentriamo dunque nella campagna e sulle colline, lontani dai centri abitati, per dare fondo al gas senza farci notare troppo. In sella non si sta male: è una café racer, ma la sella è piuttosto comoda e le pedane ben distanziate. Solo i mezzi manubri “spezzano” un po’ i polsi, a lungo andare. Il motore non è un portento di potenza, ma ha comunque una schiena robusta e un’erogazione progressiva, “sporcata” solamente da una carburazione da mettere a punto. I Mikuni a valvola piatta scelti dal proprietario principalmente per una questio ne estetica, sono più difficili da regolare, rispetto ai due ingombranti Keihin a depressione di serie.

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Special Honda CX650

Lo scarico artigianale e l’eliminazione della scatola filtro, poi, non aiutano. A livello ciclistico, però, nonostante le tante e profonde modifiche apportate, non è stato intaccato il proverbiale equilibrio Honda: la guida è facile e intuitiva, la maneggevolezza elevata. Le sospensioni sono piuttosto rigide, indirizzate più alla guida sportiva, ma non minano del tutto il comfort. La Mazinga si inserisce svelta in curva e con rigore mantiene la traiettoria. Un po’ di sforzo è necessario nei veloci cambi di direzione – i mezzi manubri non sono un ausilio, in questo – ma nel complesso si apprezza l’equilibrio e il bilanciamento della moto. Buoni, ma non ottimi, i freni: l’anteriore ha tanta potenza e ottima modulabilità, mentre il posteriore pecca in entrambi gli aspetti. Quando riconsegno la moto a Pierluigi, vengo accolto con un semplice sorriso. Di solito – è la prassi – chi ha realizzato una special e me la fa provare per la prima volta, non aspetta nemmeno ch’io scenda dalla sella per domandarmi come l’abbia trovata, che cosa ne pensi, dove la modificherei per migliorarla. Niente di tutto questo: Pierluigi sorride e basta. Come chi conosce già il responso. O forse il mio sorriso è abbastanza eloquente…

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