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Moto e tenda: quante storie...

Le tende rendono più vissuti e avventurosi i viaggi in moto... e non solo quelli

Moto e tenda: quante storie...

Le tende mi stanno uscendo dagli occhi. Ne ho provate otto, a uno/due posti, per Motociclismo FUORIstrada di agosto e sto per provarne sei a tre posti per Motociclismo di agosto. Monta, smonta, osserva, fotografa... Ma io amo le tende. Sono piccolissime casette di tela che permettono di dormire nei posti più belli, senza spendere un soldo. Ovviamente, campeggiando qua e là ne succedono di cose. Le tende, in fondo, sono piccole, scomode e delicate, non può andare sempre tutto liscio, specialmente d’inverno.

 

LE FORMICHE

Un problema delle tende è che se di notte le monti su un terreno che hai studiato poco può capitare che un rovo spinoso ti buchi il fondo. Così hai questo strappo che ti mette in comunicazione con quanto c'è sotto, il che non è bello, se magari sta piovendo. Una notte di gran caldo, in cui si dorme senza maglietta e senza sacco a pelo, mi ritrovo sulla gamba uno scarafaggio grande come un topo (ok, era più piccolo). Lo faccio secco con una scarpata e i resti della Bestia giacciono accanto al mio polpaccio, mentre dormo. Ma è un sonno agitato, mi sento prudere ovunque. Io, quando dormo, lo faccio pesantemente e se capita qualcosa non mi sveglio, ma lo interpreto nel mondo dei sogni. Quando mi sveglio, l'orrore è totale. La notte prima non mi sono accorto di avere montato la tenda su un formicaio, di quelli con le formiche belle grosse. Queste hanno sentito l'odore dello scarafaggio, sono entrate in tenda dallo strappo sul fondo... e mi sono passate sopra, per tutta la notte, portandosi via i resti dell'insettone.

 

LA PALUDE

Erzberg 2005, arriviamo al campo a mezzanotte. All'Elefantentreffen a quest'ora ti accolgono a braccia aperte, qui no. Ci tocca cercare un buco nel bosco dove montare la tenda. Troviamo uno sterrato, che scende in una palude. Cioè, per il mio compare, che su un ghiacciaio s'è bruciato le retine e di notte non vede nulla, quella è una palude. Per me, che di notte ci vedo benissimo, è una radura su fondo duro. Ci entro con l'Africa Twin... e ha ragione lui. La moto finisce in una sorta di sabbie mobili. Dopo due ore di tentativi, la moto non s'è spostata di un millimetro. Basta, non ne possiamo più, mettiamo per terra i sacchi a pelo e dormiamo in attesa che l'indomani sia un buon giorno. Ma l'umidità è pazzesca e, la mattina dopo, mi ritrovo due lumache (quelle senza guscio) tra i capelli. Poi va tutto bene: come andiamo sulla strada a chiedere aiuto, passa una Land Rover con verricello.

 

L'URAGANO

Dicembre 1996, un'ondata di freddo glaciale arriva sull'Italia mentre noi stiamo cercando un posto dove montare la tenda sull'Isola d'Elba. La mettiamo sull'istmo di Capo Enfola. Arriva una folata di vento pazzesca e la mia Bertoni a igloo, che uso dal 1985 senza problemi, si corica su un fianco (con noi dentro) finché entrambi i pali in fibra di vetro si spezzano, diventando delle armi a punta che squarciano il telo. Allora ci spostiamo su un versante meno ventoso e il resto dei giorni lo passiamo a Marina di Campo. La situazione è pazzesca, perché la tenda sta in piedi con lo scotch telato americano, ma di fatto in alto è aperta e di notte entra l'aria fredda. Dopo due notti, attacca a nevicare. All'epoca io ero ancora più talebano di adesso sul fronte tenda, per cui, quando i miei compagni di viaggio si ammutinarono, mi mandarono al diavolo e fuggirono in albergo, vissi la cosa come un padre abbandonato dai figli, ma rimasi a dormire in tenda.

 

LA TENDA VENDICATIVA

Nel 1997 ho comprato una tenda Lafuma che rasentava la perfezione. Tre posti, tre chili e mezzo, doppio ingresso. Doppio telo. Se faceva freddo aveva un telo esterno con le falde basse che non faceva passare l'aria, con la parte alluminata da tenere all'interno; se faceva caldo potevi togliere il telo, alzare le falde, tenere le porte aperte, zanzariere escluse. Teneva la pioggia. Il fondo era duro, non dovevi portarti dietro un telo da mettere sotto. Aveva solo un difetto, i pali in fibra di vetro e non alluminio. Ma poi abbiamo litigato, senza motivo. All'Elefantentreffen del 2000 mi resi conto che non la sopportavo più. Ma non era colpa sua! Quando si viaggia d'inverno, in moto, il corpo si stufa di stare compresso sotto centomila strati e si prova un malessere a metà tra il mal di schiena e il dolore generalizzato a tutti i muscoli. Chinarsi per entrare e uscire dalla tenda, in effetti, è fastidioso. E poiché nel 2000 diluviava e ci eravamo bagnati tutti, l'operazione di chinarsi per smontare la tenda era diventata ancora più insopportabile, così, colto da un raptus, appallottolai la tenda senza rimetterla nella sua sacca e mi feci tutti e 750 i km fino a Milano con quella palla deforme legata sulle chiappe. Arrivato a casa, ficcai quel grumo di nylon in mansarda e poi andai da Decathlon a comprarmi una tenda a ombrello, comodissima da montare, ma calda d'estate e fredda d'inverno. La povera Lafuma, abbandonata e umiliata senza neanche la dignità di venire rimessa nella sua sacca, è rimasta in quella mansarda fino alla primavera del 2009, quando il mio migliore amico, Carlo Acquistapace, non mi ha detto che stava per comprare una tenda da campeggio. “Te la regalo io!” gli ho detto, pensando alla povera Lafuma. Della quale, tra l'altro, stavo anche pensando: “Andava benissimo, perché l'ho abbandonata?”. La prima occasione per usarla è stata quando, a fine maggio, aprirono il Passo Stelvio e noi decidemmo di dormire lassù con la tenda.

Arrivammo alle due di notte mentre nevicava e tirava un vento pazzesco. Tentammo di montare la tenda sul piazzale dell'hotel Tibet, ma una raffica fortissima spezzò i pali in fibra di vetro. Ciononostante, riuscimmo a mettere in piedi quella tapina, attaccandoci alle pareti dell'albergo (che era ancora chiuso). Fu una notte orribile: a ogni colpo di vento sembrava che dovessimo volare via e, soprattutto, sentivo come delle lasagne pendermi sulla faccia. Quando la luce del giorno illuminò l'interno della tenda, scoprimmo che tutte le nastrature stagne interne erano saltate e pendevano nel vuoto, appunto, come lasagne. La neve si scioglieva sul telo esterno ed entrava allegramente all'interno sotto forma di acqua. Noi eravamo bagnati. La Lafuma, offesa per il mio abbandono ingiustificato, si era vendicata. Non potemmo fare altro che uscire, appallottolare la tenda (ancora!) e buttarla nel cassonetto dei rifiuti dell'Hotel Tibet. Ho i rimorsi ancora adesso. Poi raccontai la cosa agli amici e uno di loro, Simone Monticelli, noto viaggiatore in moto, mi disse che a lui, anni prima, era successa la stessa cosa: notte sullo Stelvio appena aperto, nevicata, acqua che passa all'interno, tenda marcia che viene buttata nel cassonetto.

 

LA NOTTE PIÙ FREDDA

La temperatura più bassa che ho “patito” dormendo in tenda è stata di meno venticinque, al Fintentreffen del gennaio 2010 a Livigno, ma dormii benissimo. La tenda, una Bertoni Nordkapp 3, isolava perfettamente dal freddo; il materassino era un Exped pieno d'aria a celle chiuse e piume d'oca; ed entrambi quegli oggetti non resero un problema il fatto che il sacco a pelo Salewa aveva una temperatura di comfort di meno tredici. Ben diversamente andarono le cose all'Elefantentreffen del 2005, quando si scese fino a meno ventuno, ma io ero equipaggiato peggio. La tenda era una Decathlon a ombrello che aveva una parete per metà a zanzariera che non si poteva chiudere. L'aria fresca entrava alla grande. Il materassino era in gommapiuma e faceva passare il freddo della neve. Il sacco a pelo con comfort a meno tredici non ce la faceva e, in particolare, io sentivo un freddo cane ai piedi. Ma non potevo lamentarmi, non potevo dire niente, perché accanto a me c'era mio fratello, messo malissimo. Lui è uno che parla poco e non si lamenta mai. Mentre viaggiavamo verso Loh, sede del raduno, in Baviera, a un certo punto disse, con flemma inglese: “Che sciocco, ho dimenticato il sacco a pelo”. “Ma cosa stai dicendo? Sei pazzo? E ora?”. “Nulla, dormirò senza”. Io avevo, con me, un sacco estivo Camp da 400 grammi, con temperatura comfort di tredici gradi sopra lo zero. Era talmente piccolo che lo portavo dietro per ogni evenienza, tipo aggiungerlo a quello principale se avesse fatto molto freddo. Glielo diedi, conscio che era come dargli un costume da bagno al posto di una giacca in piumino. Lui dormì con quello: malissimo, ma dormì. E lo stesso successe a due fratelli calabresi, che vivevano a Roma: si erano fatti spedire dai genitori i sacchi a pelo, ma il camion che li portava finì bloccato dalla storica nevicata che sommerse la Salerno-Reggio Calabria, bloccandola per due giorni. I due partirono lo stesso per il Treffen, senza sacco a pelo. In seguito mi sono dato alla lettura dei libri sull'alpinismo himalaiano, pieni di gente che si fa le notti all'addiaccio a 8.000 metri e ho capito che dormire a meno 21 con un sacco a pelo estivo è roba da pivelli, è il Grand Hotel.

 

LA NOTTE PIÙ ATROCE

Per quanto mi sia capitato di dormire più volte sotto i meno quindici, non sono state quelle le mie notti più fredde. Nel marzo 2001 partecipai a un week end in cui la stampa specializzata in turismo, quindi anche Motociclismo, venne invitata a provare i prodotti da campeggio della Coleman. Ci dissero di andare in Piazza Castello a Milano, dove un pullman ci avrebbe portati in Val di Mello (SO). Una volta là, ci fecero cenare in un albergo e poi ci spiegarono le caratteristiche dei prodotti che volevano farci testare. Poi ci dissero di scegliere quello che volevamo e di andare a dormire in giardino. Io scelsi una tenda a igloo biposto e un sacco a pelo in piumino d'oca con comfort intorno ai 10 gradi sotto lo zero. Gli uomini Coleman mi diedero un enorme materassino della Camping Gaz ad aria, alto 30 centimetri. Era marzo, non c'era neve, non eravamo sotto lo zero. Mi spogliai nudo, mi ficcai dentro il piumone e assaporai il comfort di un materassino comodo come il letto di casa. Stavo da re.

Alle tre della mattina, mi svegliai in preda a un freddo spaventoso, che non avrei dovuto avere, perché la temperatura non era drammatica - tre gradi sopra lo zero - e io ero dentro un signor sacco a pelo: che stava succedendo? Mi vestii, ma non cambiò nulla. Il freddo mi era penetrato nelle ossa, come non mai in vita mia. Non ce la facevo, non resistevo, decisi di uscire e andare a dormire in albergo. Ma questo era chiuso. Mi misi a correre intorno all'edificio per scaldarmi e scoprii che, caso più unico che raro, c'erano dei bagni esterni, con accesso dal giardino. Ed erano riscaldati! Quando vi entrai, non credetti a quello che vedevo: all'interno c'erano tutti gli altri giornalisti. Io ero stato l'ultimo a fuggire dalla tenda. Cos'era successo? Che i materassini ad aria isolano dal freddo solo se hanno una struttura interna a celle chiuse, altrimenti diventano dei diabolici conduttori del freddo del terreno. Quel Campingaz era in cella unica, era concepito per il campeggio estivo. E tutte le tende ne erano state equipaggiate: un autogol pazzesco, visto che eravamo lì per dire quanto funzionassero bene i prodotti Coleman.  Quindi,

 

IL FIUMING

Nel marzo del 2007 montai la tenda in riva al fiume Secchia, a sud di Modena. Luna piena, 12 gradi. Avevo appena acquistato una tenda Coleman svenduta a 30 euro. Non avevo idea di come fosse fatta, l'avevo presa a scatola chiusa perché costava poco. Si rivelò essere un'eccellente tenda estiva, di quelle con le falde che restano alte, per far passare aria fresca all'interno. Ovvero: se piove resti asciutto, ma la brezza passa. Il sacco a pelo era un Camp estivo in piuma d'oca. All'inizio andò tutto bene, stavo al caldo, mi addormentai felice, poi mi svegliai battendo i denti. I gradi erano sempre 12, ma era l'umido del fiume a devastarmi. La tenda non faceva nulla per impedirgli di penetrare le piume d'oca del mio sacco. Queste lavorano benissimo sotto lo zero, ma se c'è umido lo fanno passare. Solo allora scoprii che esiste una categoria di sacchi a pelo “da fiuming”, con fibre sintetiche cave al posto delle piume d'oca e temperatura comfort intorno ai 5 gradi sopra lo zero. Dato che adoro costeggiare i fiumi, non ho potuto che comprarmene uno, di marca Marmot.

 

LA TENDA BIPOSTO

Nel tentativo di avere una tenda piccola e leggera da usare in fuoristrada, ma grande abbastanza da contenere me e i bagagli, ho preso una Marmot Limelight 2. La prima volta che l'ho usata è stato in occasione della comparativa tra BMW F 800 GS, Yamaha Ténéré 660 e... le altre (comprese Africa Twin, Dominator, Super Ténéré, ecc.) del 2008. Arriviamo sulla Sella dei Generali, tra Val Trebbia e Val Nure (PC), troviamo un posto fighissimo, ci accampiamo. Poi arriva un colpo di vento e la mia tenda, appena montata, non picchettata ma con i bagagli dentro per farla stare buona, vola via. Si mette a rotolare come una palla. Viene recuperata e picchettata. Uno dei compagni di viaggio, Gianmaria Offredi, entra in tenda e scopre che è completamente allagata, perché ha chiuso male il contenitore dell'acqua. Mi chiede ospitalità. Io accetto, ovviamente, ma non so se in quella Marmot, mai usata, in due ci si stia. Ci si sta: la notte passa benissimo. Poi vado con Corrado Capra a fare la Torino-Mont Ventoux in fuoristrada e decidiamo di dormire in tenda dove capita. Lui dice: “Ma se porti la tenda, inutile che mi carico anche io, dormo con te”. Questa volta, va male. Arriviamo sul Colle del Monginevro, montiamo la Marmot, entriamo. Una notte d'inferno. Ciascuno accusa l'altro di avergli tirato calci e di averlo spinto contro le pareti. Sembrava di stare in quattro dentro una monoposto. Risultato: le due notti successive dormiamo all'aperto! Neanche in seguito sono riuscito a dormire da solo in quella tenda. Ogni volta: “Ah, ma vieni con la biposto? Allora lascio a casa la mia e dormo da te”. Nel 2009, quando io e Acquistapace abbiamo attraversato la Sardegna da sud a nord, abbiamo passato tre notti dentro quella tendina, cenandoci pure perché faceva un freddo cane (anche sotto lo zero). Organizzandoci bene, riuscivamo a stare seduti, coi bagagli, mangiando senza avere i crampi.

 

LA CLAUSTROFOBIA

Non pensavo che, in tenda, si potesse soffrire di claustrofobia, invece succede! Nel dicembre del 1992 io, mio fratello e altri due amici attraversammo la Val d'Orcia in bicicletta, dormendo in quattro in una tenda da tre. Ciascuno ne portava un pezzo, per spalmare il peso e gli ingombri. Una notte mio fratello finì con la testa in uno degli angoli. Aveva il peso del vicino addosso e la testa contro il telo e disse che passò ore con la sensazione di stare soffocando. Nel 2005 io ho comprato la Single di Bertoni, una bella tenda “a sarcofago”, monoposto, dagli ingombri ridottissimi, ma fatta bene: doppio telo, pali in alluminio, doppio spazio per i bagagli. C'era un vano in fondo ai piedi e poi c'era la veranda. Pensai: vestiti e fotocamere li metto in fondo. Ma la tenda era talmente bassa che, per mettere le cose in fondo, bisognava entrare a quattro zampe e uscire in retromarcia. Per andare a nanna, bisognava spogliarsi prima – dentro era impossibile, non si poteva stare seduti – ed entrare sdraiati e coi piedi avanti. Una volta dentro si stava comodi, ma a guastarmi il sonno fu l'angoscia dovuta al fatto di sapere di non potersi sedere. Si noti che di notte uno non ha bisogno di sedersi, ma questo pensiero mi dava la claustrofobia. Da allora, non ho più dormito in quella tenda. Infine, al Fintentreffen ho avuto la claustrofobia dentro una Decathlon 2 Seconds. Ho scoperto che non è simmetrica, ma è leggermente più alta sul lato porta. Io mi misi con la testa sul lato opposto e in più non mi ero accorto che eravamo in discesa, quindi avevo i piedi più su della testa. Mi coricai, ma poi mi svegliai in preda alla claustrofobia: i piedi più su della testa e il tetto della tenda incombente poco sopra di me fecero quest'effetto! Le notti successive bastò mettersi con la testa dal lato dell'entrata e nella parte alta del pendio, per dormire come un ghiro.

 

IL MACHETE

Nell'agosto del 2002 andai, con il fotografo Zep Gori, a fare un servizio fotografico in Congo, nel periodo in cui c'era la guerra civile. In un villaggio ci dissero che in zona c'erano bande di Mau Mau che aggredivano i villaggi, facendo la festa agli abitanti coi machete. Logicamente, andammo a letto preoccupati. Zep Gori era il più teso, così studiò la situazione. Identificò una via di fuga dal villaggio alla foresta. Io, onestamente, me n'ero andato a dormire pensando “Dai, non verranno proprio questa notte”. Poiché in Congo c'è la malaria, di notte bisogna sempre montare la zanzariera intorno al letto. Avevamo tutti delle zanzariere portatili e questo rito serale di montarle intorno al letto mi faceva pensare di essere in campeggio. Alle cinque della mattina, le campane di misero a suonare all'impazzata. Ed io, che quando dormo impiego un sacco di tempo prima di connettere, pensai: “Ma tanto sono dentro la zanzariera, i Mau Mau non possono attaccarmi”, così mi girai dall'altra parte e ripresi a dormire. Zep, invece, capì che era in corso un attacco di Mau Mau, saltò in piedi, si mise in testa una maglietta nera per impedire alla luna di riflettersi sul suo cranio pelato e si mise a correre come un pazzo verso la foresta, finendo per centrare in pieno una balaustra e schiantandosi di testa dall'altra parte. E dire che quelle campane stavano suonando solo per richiamare la gente alla messa. Sì, lì pregavano alle cinque di mattina!

 

IL VENTO

Nel novembre del 2008 ho partecipato al TRX, una gara di orientamento in Libia, dove l'organizzatore forniva a tutti i partecipanti delle tende a igloo marchiate 8848. Queste tende, poi, restavano di proprietà dei partecipanti. Si trattava di grossi igloo a tre posti, molto economici, con pali in fibra di vetro, un telo interno che fece la muffa già dalla terza notte (nel deserto!) e una pessima areazione. Ma quest'ultima caratteristica la rendeva una tenda molto calda d'inverno, perché non entrava un solo spiffero d'aria. Ma una tenda economica non è destinata a durare a lungo, se usata d'inverno. Nel gennaio 2010, al Fintentreffen, montammo le tende a Montespluga. C'erano 11 gradi sotto lo zero, la luna piena, niente vento. Si stava bene. Andai a dormire e, avendo il sonno pesante, non mi accorsi di nulla. Quando mi svegliai, era già giorno e io ero schiacciato dalla tenda, che era crollata. Non solo, ero pure sdraiato non sul fondo, ma sulla porta. E fuori sentivo i miei compari ridere. Quando uscii, a fatica (ero sulla porta!), ci rimasi secco: la tenda non solo era crollata, ma era anche rotolata (con me dentro) tre metri più in là di dove l'avevo piantata. Gli altri mi spiegarono che, di notte, c'era stato un vento pazzesco, che mi aveva fatto rotolare tre metri più in là. Oh, del resto picchettare la tenda sulla neve fresca è un macello e non avevo falde così basse da poterle schiacciare sotto la neve. I pali non s'erano spezzati, ma erano tutti deformati.

 

LA BAMBINA STUPRATA

Sto dormendo in tenda nei dintorni di Cairns, in Australia, quando vengo svegliato dalle urla disumane di una bambina. Subito penso che qualche malvivente l’abbia portata tra le frasche per violentarla, senza accorgersi che c’era la mia tenda, così esco per spaventarlo... e mi trovo faccia a faccia con un uccello alto un’ottantina di centimetri, che sta producendo quel verso col grosso becco aperto. Mai avuto idea di che uccello fosse. Non l’ho più visto e non l’ho trovato nei libri e su internet. L’uccello aveva visto la mia tenda e le stava urlando contro, ma il suo verso sembrava veramente una bambina terrorizzata!

 

IL CASO

Nel febbraio 2011, durante un Fintentreffen, decidemmo di affrontare la discesa dalla Serra Sant’Antonio innevata contando sul fatto che avevamo le catene da neve. Ma era in una trappola perché, dopo un tratto iniziale relativamente scorrevole, finimmo per piantarci nella neve troppo alta. Ma, poiché tornare indietro sarebbe stato ancora peggio, non avemmo altra scelta che andare avanti. Dopo 4 ore avevamo fatto solo 2 km, eravamo senza forze ed era buio da un pezzo. Saremmo finiti in questa situazione anche se fosse stato un giro da un giorno, quindi con moto scariche ma, casualmente, quella volta eravamo in giro per più giorni e avevamo con noi le tende, l’acqua, la legna e la pasta e il sugo all’amatriciana. Così, piantammo le tende direttamente sulla strada e passammo una bella serata. 

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