Polivalente, ma non troppo
Fatte le dovute premesse sull’insuccesso commerciale che ha accompagnato
la Chott, passiamo ad analizzare la “
creatura”
che, come quasi
tutte le moto nate a Breganze, contiene soluzioni inedite ed
interessanti,
a cominciare dal telaio tubolare al cromomolibdeno con geometria
variabile.
Il cannotto dello sterzo, grazie ad un sistema brevettato, semplice quanto
affidabile, può assumere tre diverse inclinazioni: 28° per un uso
“trialistico”,
29° per la Regolarità e 30° per il Cross. Alla prova dei fatti però, il
più delle volte il compromesso migliore rimane quello dei 30°. Un’altra
finezza è la catena di trasmissione finale completamente
racchiusa
in un carter in
magnesio (electron).
Il magnesio è utilizzato pure per i
mozzi dei freni - realizzati
dalla stessa Laverda - e per i
carter e relativi coperchi del motore,
dotati, questi ultimi, di attacchi per contagiri e tachimetro. Per la
colorazione
di questi particolari, la Casa sceglie il bronzo. La frizione, collocata
nel carter della trasmissione primaria, dunque in bagno d’olio, lavora
però a
secco, grazie ad un coperchio che racchiude i dischi
ermeticamente.
Infine vi sono l’utile
decompressore, 2 candele e
l’accensione
elettronica
Bosch.
Per il resto, la Chott è esente da critiche e svolge ancor oggi il compito
per cui è nata. Freni, sospensioni, ciclistica, cambio, tiro del motore
e potenza non scontentano nessuno. Solo l’avviamento, quasi sempre
immediato,
non è facilitato dalla leva, posizionata troppo in
alto.
Quasi “professionista”
Come abbiamo già accennato a 2 anni dal lancio sul mercato della Chott,
la Laverda presenta una nuova
versione della sua fuoristrada. La
base è invariata, ma alcune migliorie cambiano non solo l’aspetto ma anche
il carattere della motocicletta, che si presenta ora più
professionale,
più specifica per affrontare il
fuoristrada.
Non più verde scuro o rosso il serbatoio, ma bianco, con delle piccole
strisce verdi e rosse, che ricordano la bandiera nazionale. Il motore diventa
nero, come per altro i mozzi e i tamburi delle ruote. A colpo
d’occhio
poi si notano subito le gomme
tassellate ed i parafanghi di
plastica,
con l’anteriore posizionato in alto, come nelle moto da Cross e
Regolarità,
e non alla “trial”. Aggiungiamo la colorazione del telaio,
rossa,
il portanumero sul manubrio e l’eliminazione della strumentazione, ed
ecco che sembra quasi di avere a che fare con un’altra moto.
Per resistere alle maggiori
sollecitazioni il telaio, nei punti
critici è rinforzato mediante delle squadrette
saldate. Infine il
motore subisce alcuni interventi: viene rivista la
carburazione,
le luci di travaso e sostituito il pistone con uno privo di finestrella
per il travaso supplementare e dotato di un solo segmento normale in luogo
a quello ad “L”. La cura sortisce i suoi effetti ed il motore
guadagna
circa 4 CV ad un numero di giri leggermente
inferiore.