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di Fabio Meloni
31 March 2024

Il punto di Casey

Uno Stoner a ruota libera sul suo passato (“mi sono sentito imbattibile”), sul presente (“mi piacerebbe avere un ruolo nella MotoGP”) e sul futuro (“le moto elettriche non devono competere con quelle tradizionali”). Sullo sfondo, una dura critica alla direzione verso la quale evolvono le moto da corsa (“sono troppo facili, non permettono ai piloti di esprimere il loro talento”)

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Cosa ti rende più orgoglioso della tua carriera, i risultati che hai ottenuto o l’essere ricordato come una leggenda?
Penso sempre che avrei potuto ottenere di più. Di tante cose sono orgoglioso, di tante altre meno. Credo che ci siano state situazioni in cui avrei potuto fare un lavoro migliore, ma non guardo mai al passato con rimpianto perché devi essere contento di ciò che hai fatto. Con le squadre con cui ho corso siamo stati in grado di ottenere molto più di quello che tante altre persone possono anche solo sognare. Quindi invece di sedermi e pensare a cosa avrei potuto fare o dovuto fare credo sia meglio essere felice per quello che ho fatto. Certamente avrei potuto prendere decisioni migliori, ma da ogni sbaglio che ho fatto ho imparato qualcosa che mi è poi stato utile. Come dicevo ci sono cose di cui sono molto contento, ma quello che in assoluto mi ha reso più orgoglioso è stato vedere felici le persone delle squadre e delle Case per cui correvo. Non è una cosa che hai occasione di sperimentare da persona “normale”. Le corse sono un lavoro difficile non solo per i piloti ma anche per i meccanici, gli ingegneri. Non avete idea della pressione che c’è per ottenere risultati. A un certo punto è il pilota che deve finalizzare il lavoro di tutti. Quando riuscivo a fare quello che nessun altro era in grado di fare, vincere gare e campionati rendendo tutti così contenti, ecco, quella era la miglior sensazione per me”.

Ti manca più guidare la moto o combattere per la vittoria?
“Probabilmente la parte più divertente del lavoro erano le qualifiche. Per me non è mai stata una questione di battere gli avversari, era più una sfida con me stesso. Ecco perché anche quando ero parecchio più veloce di tutti gli altri non mi fermavo lì, volevo sempre di più dalla moto e da me. Il riferimento per me non era quello che facevano gli altri in pista, era quello che stabilivo io. Credo che questo mi abbia anche permesso di concentrarmi su quello che avevo e non di focalizzarmi su quello che avevano gli altri, una cosa che mi ha aiutato quando ho guidato moto difficili di cui altri si lamentavano. Cercavo sempre di fare qualcosa in più, indipendentemente da tutto il resto. Le gare invece erano molto stressanti. Specialmente quando ero con Ducati, nel weekend di gara avevamo un sacco di impegni extra che si sommavano a un programma già di per sé impegnativo nel quale era importante lavorare sulla moto e restare concentrati. Io volevo lavorare con gli ingegneri dopo le varie sessioni e invece dovevo partecipare a qualche VIP village o cose del genere. Tutto ciò portava via la parte bella e divertente del lavoro. Inoltre in gara non puoi sbagliare. Io volevo rendere felici le persone della mia squadra e questo ti mette pressione. In qualifica è diverso. Specialmente quando la moto è a punto, hai grip e riesci a fare un bel giro… è davvero bellissimo”.


Ti sei mai sentito perfetto, come pilota?
“Non credo che esista la perfezione. È raro che io utilizzi la parola “perfetto” e se lo faccio è per indicare qualcosa che si avvicina a questo concetto. Credo di aver guidato estremamente bene in certe occasioni, ma ho sempre pensato di poter migliorare e raggiungere quel qualcosa in più. Sfortunatamente non c’è un modo per essere perfetti”.


Diciamo allora: ti sei mai sentito imbattibile?
“Sì. Diverse volte nella mia carriera mi sono trovato al punto di guidare al 60% delle mie possibilità. Quando tutto funzionava bene la cosa più difficile per me era restare concentrato. Ho sempre lavorato meglio sotto pressione. Mentre quando tutto viene facile è più semplice fare un errore perché sei meno concentrato. In certe gare ero più veloce di chiunque di oltre un secondo al giro e dovevo davvero guidare piano per essere sicuro di portare a casa la gara. Una bella sensazione”.

Qual è la miglior moto che tu abbia mai guidato?
“La Honda RCV del 2012, prima che Bridgestone modificasse le gomme. All’inizio dell’anno, quando abbiamo fatto i test, la moto era la migliore che io avessi mai guidato.

Dopo un paio di gare le gomme sono cambiate completamente e ci hanno creato un sacco di problemi, avevamo un sacco chattering e non riuscivamo a fermare la moto.

È stato frustrante perché prima di quel momento era quasi perfetta. Bella in frenata, grande trazione, eccellente in curva, motore dolce, ottimo bilanciamento. Probabilmente non la migliore in alcune aree ma nel complesso fantastica”.

Com’era invece la Ducati MotoGP del 2007, quella con la quale hai vinto il Mondiale? Eri l’unico a guidarla così forte ma tanto male non doveva essere, visto il risultato.
“Era estremamente difficile. Quella del 2007 in particolare è stata la moto più difficile che io abbia guidato nella mia carriera. Tutti pensano che siccome riuscivo a essere competitivo la moto funzionava bene ma c’erano un sacco di altre Ducati in pista e non andavano da nessuna parte. Era davvero particolare. Addirittura spaventosa in certi momenti. Quando pensavi di averla capita sbagliavi. C’erano un sacco di cose complicate. L’acceleratore ride by wire non dava feeling, nella prima parte di rotazione del comando non sentivi alcuna connessione col motore e questo spesso innescava dei pompaggi; il tiro catena era un disastro; il motore non aveva accelerazione. Sì, avevamo potenza agli alti ma niente in basso. La moto non girava. Di buono aveva la stabilità in frenata e la velocità in quarta, quinta e sesta marcia. Dovevo essere davvero al limite in molti punti della pista per essere competitivo con quella moto”.

C’è chi dice che il livello attuale della MotoGP sia il più alto di sempre, poi però vediamo un Pedrosa collaudatore sfiorare podi e andare forte quanto i suoi compagni di squadra se non di più, e qualche dubbio su questa visione viene. Qual è la tua opinione in merito?
Senza nulla voler togliere ad alcuni piloti, credo che oggi le MotoGP siano molto facili da guidare. In Formula 1 vedi che le due auto di un team di solito sono molto vicine, giusto? Lo stesso accade in MotoGP. Hanno tutte le stesse cose, la stessa elettronica. I piloti non possono più fare la differenza. Adesso escono di curva e hanno tutti il controllo di trazione che lavora allo stesso modo. Non succede nulla, non ci sono errori. È molto facile guidare in questo modo. L’unica area in cui possono fare un po’ di differenza è in frenata ed è per questo che vediamo così tanti errori e incidenti in quella fase. Hai le turbolenze create dall’aerodinamica, le gomme anteriori che si surriscaldano. È spiacevole perché non puoi vedere il vero talento. Ci sono piloti, non dirò chi, che riescono a essere davanti o comunque in buone posizioni secondo me non grazie al talento ma grazie a quanto le moto siano sicure e facili. Oggi devi piegare e aprire il gas, fine. Se sei bravo in frenata e ingresso curva, oggi hai un grosso vantaggio in MotoGP. Io e Pedrosa non eravamo particolarmente forti in queste fasi. Direi anzi che, all’opposto, ci concentravamo più sul centro curva e l’uscita. Ed è quello che oggi ci rende forti. Pedrosa è ancora veloce pur non essendo uno staccatore. Vuol dire che riesce ancora a fare la differenza, pur con la sua età e pur essendo lontano dalle gare da molto. Io mi sono ritirato nel 2012 e nel 2016 ho preso parte a dei test ufficiali. Era passato tanto tempo ed era la prima volta che guidavo quella moto con quelle gomme. Sono stato subito veloce, senza alcuna fatica. Nei tre anni da tester Ducati sono caduto una sola volta, in Austria, e in ogni sessione di test ero il più veloce. Le cose non vanno avanti come si pensa. Le moto oggi sono simili e non concedono spazio per fare la differenza”.

A proposito di elettronica, qual è il giusto equilibrio tra spettacolo, divertimento e sicurezza?
“Io trovavo l’elettronica noiosa già quando correvo. Nel 2012 si stava già andando troppo oltre. Avevamo controllo di trazione e dell’impennata. Ma il tema non è quanti controlli, è come lavorano. Un controllo di trazione dal mio punto di vista accettabile è quello che utilizzavamo nel 2006, il cui funzionamento era focalizzato sulla sicurezza, non sulla performance. Oltre un certo angolo di slide riduceva la potenza e così potevi evitare l’highside. Allo stesso modo funzionava il controllo dell’impennata, che secondo me è del tutto inutile. Il punto è che l’elettronica secondo me non può essere impiegata a vantaggio della guida ma solo per la sicurezza. In questo modo i piloti potrebbero mettere in luce il loro talento. Si vedrebbero ancora i sovrasterzi, si vedrebbero i piloti controllare l’impennamento, che è un punto complicato della guida. Un piccolo angolo di impennata è utile per l’accelerazione mentre appena al di sopra o appena sotto questa condizione stai perdendo tempo. Se riesci a stare in questo perfetto equilibrio utilizzando la posizione del corpo, la gestione del gas, il freno posteriore, cambiando al momento giusto, a quel punto hai un vantaggio enorme su chi non riesce. Le moto di oggi appiattiscono tutto questo. Una parte affascinante di una MotoGP è il controllo della potenza, imparare come farlo. Ora non controllano proprio nulla. Hai 280 CV e puoi uscire a full gas da una curva senza cadere. Dov’è il divertimento? Ora tutto quello che puoi fare è frenare tardi, tutto il resto è sotto controllo. Vorrei vedere queste moto intraversarsi. Negli slow motion non vediamo sovrasterzi, vediamo alette flettersi. Credo che a livello di spettacolo la Formula 1 stia facendo un lavoro migliore. Fanno sviluppo per ridurre gli effetti negativi dell’aerodinamica, mentre in MotoGP è l’opposto. Hanno bandito le sospensioni a geometria variabile, il controllo di trazione, cose che noi abbiamo. Io non credo che sia una buona direzione quella di costruire motori potentissimi e poi ricoprirli di elettronica. Ora hai tutte le dannate moto che fanno la stessa dannata cosa… non capisco cosa stiamo facendo. Magari la gente pensa che sia bello vedere tanti piloti così vicini, ma le gare non sono in realtà così combattute, ci sono un sacco di complicazioni legate ad aerodinamica, surriscaldamento. È una direzione che non mi piace”.

Ti piacerebbe avere un ruolo rilevante nel Campionato per poter influenzare le scelte che riguardano il futuro?
Sì e ci ho provato quando ero con Ducati. Ma era molto difficile lavorare con chi prendeva le decisioni, non volevano qualcuno che potesse essere in disaccordo su alcuni temi ed era chiaro che quando questo accadeva non lo apprezzavano e venivi messo da parte. Ora che mi sento un po’ meglio ed è un po’ più facile viaggiare mi piacerebbe avere un ruolo, magari non a tempo pieno. Credo di avere ancora un sacco di competenze e di capire vari aspetti delle corse a differenza di molte persone. Tuttavia è difficile trovare un ruolo e sufficiente rispetto all’interno delle Case poiché in generale mi vedono ancora come un pilota. Io però ho una conoscenza molto più profonda delle moto, anche a livello ingegneristico, di quella che ha la maggior parte dei piloti. Avrei quindi una visione più ampia”.

Credi che Dorna dovrebbe limitare il numero di moto che i Costruttori possono schierare?
“Sì. In passato c’erano pochi Costruttori e quindi era diverso. Oggi invece ce ne sono parecchi e quindi non ci sono problemi a raggiungere un buon numero di moto in pista. Dovrebbe quindi esistere un tetto di quattro moto per ogni Casa. Massimo sei, ma per me quattro è la cifra giusta. Non sono totalmente d’accordo col modo in cui Ducati sta rapportandosi al campionato. Ha otto moto in griglia e il potere per controllarle tutte. Secondo me dovrebbero fornire le moto e stop. L’anno scorso, a un certo punto della stagione, hanno chiesto a tutti i piloti con moto Ducati di non stare davanti a Bagnaia. Questo vuol dire controllare il campionato e non credo sia corretto, né nel migliore interesse delle corse. Anche in Formula 1 ci sono dei limiti su come una Casa può o non può influenzare l’atteggiamento dei suoi piloti, anche se sono in lotta per il Mondiale. Mentre sembra che in Ducati farebbero qualunque cosa per dominare. Non è fair play”.

Moto elettriche: ti piacciono, guardi le gare con interesse?
“Non sono un loro fan. Credo che possano avere un loro posto nel mondo delle corse, magari vicino ai centri abitati, ma non devono competere con quelle tradizionali. Per esempio, usare una motocross elettrica contro una normale è come barare. Non devi cambiare marcia, usare la frizione, hai spinta subito. Nel motocross l’obiettivo non è avere la moto più facile, in quel caso prendi una 250. Le 450 sono difficili, è quello il loro bello. Non mi importa nulla se esistono delle moto da cross che vanno forte e sono facilissime. Io addirittura preferisco le 2T rispetto alle 4T perché sono ancora più difficili. Sempre la stessa direzione che non condivido. Per vedere chi è il pilota migliore servirebbero moto che lo mettano alla prova. E sarebbe una sfida interessante anche per gli ingegneri, che dovrebbero rendere moto difficili semplici da guidare”

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