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Come è fatta una e-bike? Tutto quello che c’è da sapere

Le bici elettriche sono molto evolute dal punto di vista tecnologico e si distinguono dalle “muscolari” per il loro cuore elettrico: ecco come è composto e come funziona

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Le prime bici elettriche approdate in Italia sulla fine del secolo scorso erano discutibili per estetica, qualità e sicurezza. A distanza di 20 anni la realtà del settore è radicalmente cambiata: merito della direttiva europea del 2002 che ha regolamentato il comparto e della vitalità dei produttori che hanno investito in innovazione. Oggi abbiamo migliaia di modelli capaci di scrollarsi di dosso il peso del giudizio negativo originario e di soddisfare tutte le esigenze. A rimanere sconosciuta ai più, però, è la tecnologia odierna, molto diversa dal passato.

Le e-bike sono delle normali bici provviste di un sistema elettrico (o kit) che alleggerisce la pedalata e facilita la percorrenza di salite, lunghi tragitti o, più semplicemente, riduce lo sforzo per giungere a destinazione senza fiatone o sudore. Il kit si attiva pedalando e fornisce un supporto supplementare di un massimo di 250 W alla forza delle gambe fino alla velocità di 25 km/h. A costituirlo è un insieme di componenti E··BIKE progettati per erogare il supporto desiderato secondo le esigenze del ciclista.

Quasi scomparso il motore a spazzole (brushed), la maggioranza delle unità ha oggi tecnologia a induzione (o brushless) con differenti dettagli pensati per incrementare l’efficienza e ridurre il rumore. In comune hanno la potenza nominale di 250 W, ossia quella erogata in continuo, mentre il valore di picco può essere superiore per fornire un breve spunto nelle situazioni impegnative. A fare la differenza è la coppia, con i valori numerici degli Nm (Newton metro) compresi tra 30 e 120, con quelli superiori a fornire maggiore spinta e agilità nel superare le pendenze. Importante è pure il numero dei livelli di assistenza presenti che determinano la quantità di potenza e coppia erogata. In genere sono tra 3 e 5 con la modalità più bassa ad offrire un supporto alla pedalata intorno al 30% della forza impressa sui pedali, percentuale che sale al 200-300% o più con il livello superiore. In alcune e-bike il supporto è personalizzabile tramite smartphone o prevede programmi per regolare l’assistenza in base allo sforzo desiderato dal ciclista. A queste si possono aggiungere funzioni specifiche come, ad esempio, la “walk” studiata per spostarsi a passo d’uomo (fino a 6 km/h) senza pedalare o per agevolare la spinta a mano della bicicletta.

La posizione del motore può avere, invece, più rilevanza sulla pedalata. La scelta è tra tre opzioni: nel mozzo del cerchio anteriore (front hub) o posteriore (rear hub) e nel movimento centrale (mid drive motor). La prima ha il vantaggio di essere di semplice applicazione ed economica, ma poco adatta ai modelli più sportivi per la spinta anteriore “innaturale”, fattore che ne limita l’installazione alle sole city bike. Per contro, la “trazione” posteriore offre sensazione motociclistica e ha il pregio di potere essere abbinata a un sistema di recupero di energia in fase di decelerazione e frenata utile per ricaricare le batterie e allungare le per correnze assistite. La più costosa (salvo eccezioni, si devono realizzare telai appositi) e apprezzata è la soluzione “mid drive” poiché aggiunge il supporto elettrico proprio dove si imprime la forza muscolare rendendo la pedalata più “naturale”. È dominante sui modelli MTB e travel grazie al peso centrale e al baricentro basso che non compromettono le doti dinamiche del ciclo.

La posizione assume un ruolo di rilievo anche per le batterie, con quella sul tubo obliquo (esterna o interna al telaio) preferita in termini di distribuzione dei pesi ottimale, condizione gradita soprattutto tra i modelli sportivi per avere una maggiore precisione di guida. È diffusa tra i modelli city la collocazione nel portapacchi posteriore, comoda anche per usufruire di un supporto dove riporre la spesa o altri oggetti. Più rari sono il posizionamento nel sottosella, sul tubo dello sterzo o dietro quello verticale, mentre in alcuni sistemi elettrici l’accumulatore è inglobato nel mozzo insieme ad altri componenti. Presente ormai su tutti i modelli è pure il BMS, il sistema di gestione della batteria che ne monitora e ottimizza il funzionamento.

Se per tutte le batterie la funzione è immagazzinare energia per alimentare il motore elettrico, a mutare è la capacità di accumulo misurata in Wh (Watt/ora) con i valori superiori a garantire maggiori percorrenze a parità di altri parametri, come l’efficienza del sistema elettrico, il peso della bici, la dimensione dei cerchi o la scorrevolezza dei battistrada. I “tagli” più frequenti sono compresi tra 400 e 600 Wh, compromesso per garantire una buona autonomia senza incidere troppo sulla massa del ciclo. Esistono, però, modelli, come le pieghevoli o alcune bici da corsa, con accumulatori più piccoli (circa 200 Wh) per privilegiare la leggerezza e altri, come le trekking o le cargo bike, con capacità superiori ai 1.000 Wh per garantire elevata assistenza anche a pieno carico o per un uso intensivo. Un valore, quello più alto, ottenuto anche mettendo in sequenza due batterie come nel sistema Dual Battery di Bosch.

Meno nota, ma di rilievo, è la centralina addetta alla gestione dell’intero sistema elettrico. Si tratta del “cervello” dell’e-bike programmato per impartire le istruzioni per l’erogazione di coppia e potenza in base alle modalità selezionate e progettato per monitorare il corretto funzionamento delle componenti (su tutte le batterie) e per la diagnostica. Alla centralina arrivano pure i segnali rilevati dai sensori, in genere quattro, presenti singolarmente o in serie. I più comuni sono il “cut-off” che interrompe l’assistenza elettrica nel momento in cui si azionano le leve dei freni e quello di velocità che rileva l’andatura interrompendola ai 25 km/h. Il sensore di pedalata (o di cadenza) percepisce il movimento dei pedali azionando il motore in partenza, seppur con un minimo di ritardo, poiché è necessario circa mezzo giro di pedale prima del passaggio sul magnete che prende il segnale. Più efficace è il sensore di sforzo (o di coppia) che “sente” la pressione impressa sui pedali dal ciclista e regola l’erogazione della potenza in base al livello di assistenza selezionato in precedenza. I pregi sono l’immediatezza dell’avvio del motore e l’efficace sincronizzazione tra muscoli e motore gestita semplicemente dosando lo sforzo sulle pedivelle.

Molto variegate le proposte per l’interfaccia utente, ossia l’insieme di dispositivi per “dialogare” con la bici. La soluzione più semplice è rappresentata da una consolle analogica con i tasti per l’accensione e la selezione delle modalità di assistenza, a volte comprensiva di LED luminosi per indicare il livello di carica delle batterie o di piccoli display monocromatici con l’indicazione della modalità di assistenza inserita. Nelle più evolute varianti digitali gli schermi possono diventare a colori, antiriflesso o retroilluminati e riportare informazioni sempre più dettagliate, quali velocità istantanea e media, chilometri percorsi e ora. Le versioni più avanzate sono dei ciclo computer con GPS, navigatore o Bluetooth per il collegamento con gli smartphone per la gestione di messaggi, chiamate o musica. Per alcuni modelli è lo stesso smartphone a fare da display, ciclo computer e sistema per il settaggio dei parametri. A distinguere le diverse soluzioni è pure la pulsantiera che, ai classici comandi per selezionare i livelli di assistenza, ne può avere altri per accedere alle diverse funzioni o per accendere i fari. Inoltre, può essere integrata alla consolle o posizionata vicino alla manopola per consentirne l’uso senza togliere le mani dal manubrio.

Se un tempo le e-bike erano dei normali cicli trasformati, oggi la maggior parte dei modelli ha dettagli specifici per la trazione elettrica. I telai sono per lo più progettati per supportare il peso superiore e le maggiori sollecitazioni generate dal kit a batterie, ma non è tutto. La tendenza è quella di sviluppare telai capaci di “nascondere” il sistema elettrico all’interno dei tubi tanto da rendere alcune e-bike indistinguibili rispetto alle muscolari. Oltre a forme e spessori dei tubi, sulle elettriche sono spesso montati componenti sovradimensionati rispetto ai cicli tradizionali. Le sospensioni hanno steli maggiorati e taratura più rigida per sopperire al peso più elevato, mentre l’impianto frenante ha dischi o pattini maggiorati. Sui modelli di alta gamma, iniziano a comparire anche componenti specifici, come pastiglie, pistoncini e tecnologie innovative con l’ABS. I maggiori carichi dovuti al motore elettrico fanno spesso optare, soprattutto nei cicli con unità centrale, per trasmissioni con pedivelle rinforzate, catene più larghe e solide, corone e pignoni in materiali specifici e deragliatori più resistenti. Esistono pure cambi creati per l’ebike con rapporti pensati per incrementare efficienza e autonomia, nonché trasmissioni elettroniche e nel mozzo studiati per supportare la maggiore coppia. Sugli esemplari di gamma alta si stanno diffondendo anche pneumatici e cerchi “elettrici”. I primi hanno spalla più rigida e mescola progettata per migliorare prestazioni, durata e scorrevolezza, mentre i secondi sfruttano una tecnologia sviluppata per incrementare la robustezza fino al 30%. Ci sono anche impianti luci alimentati direttamente dalle batterie.

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