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Viaggio in India

Per chi, come noi, desideri esplorare il più piccolo degli Stati dell’India con una Royal Enfield Bullet 350, le difficoltà non aumentano come si potrebbe pensare, in confronto ad un viaggio tutto organizzato, con spostamenti tramite mezzi pubblici.

Arrivo in India




Per chi, come noi, desideri esplorare il più piccolo degli Stati dell’India con una Royal Enfield Bullet 350, le difficoltà non aumentano come si potrebbe pensare, in confronto ad un viaggio tutto organizzato, con spostamenti tramite mezzi pubblici. Arriviamo a Mumbai alle 5 del mattino: l’aereoporto è già un salto indietro nel tempo. Fuori dalla zona del ritiro bagaglio, si viene assaliti dai procacciatori di clienti di alberghi e taxi. Conviene prendere un “pre-pay taxi”: il prezzo medio per giungere in città è di 350 rupie (nel 2007 un euro vale 56,017 rupie indiane). L’ora e mezza di corsa è un’esperienza unica. Ci facciamo portare subito alla Chatrapati Shivaji Station, perché abbiamo premura di raggiungere il Sud. In treno ci sono il condizionatore e una carrozza-cucina stupefacente, che fa ottime pietanze speziate. Dopo 12 ore si arriva a Margao, la località più popolosa e caotica del Goa meridionale. L’impatto è forte: la città è decadente ed è stata abbandonata e rioccupata, come un enorme centro sociale. Di buon mattino, tra bufali e vacche gobbute, raggiungiamo la fermata della Kadamba, dove ci aspetta l’autobus (19 rupie con condizionatore, 16 senza; ce n’è uno ogni quarto d’ora) per Panjim, la capitale. Questa dista solo una ventina di minuti ed è facile da girare: vi sono ovunque tuk tuk (Ape Piaggio) o più economici mototaxi.

Noleggio moto





Le moto sono diffusissime in queste zone, per lo più Honda o Yamaha, più rara la Enfield. Qualsiasi pensione, albergo, stazione degli autobus o parcheggio di taxi affitta dei mezzi a due ruote. In genere, occorre lasciare solo i dati del passaporto e il nome dell’albergo in cui si alloggia. Non viene quasi mai richiesta la patente internazionale e, comunque, basta firmare un’autocertificazione di possesso, senza mostrarla. È, però, consigliabile possederla, per evitare di dover elargire pesanti macnie ai poliziotti. I prezzi variano a seconda della stagione, della moto e della durata del noleggio. Sotto Natale si pagano circa 300 rupie al giorno per i motorini, 400 per le piccole moto e 600 per le Enfield. Noi siamo andati a febbraio: 350 rupie al giorno, meno di 7 euro. Se, però, volete uscire dallo Stato, vi servono i documenti e una moto con la targa adatta (la si riconosce dal colore giallo). Non tutti i noleggiatori offrono questo servizio ed è richiesta una cauzione, che può andare da 2.500 fino a 10.000 rupie. Noi troviamo una Royal Enfield Bullet 350 da Ramnath Babuli Pednekar, vicino al nostro albergo. Le caratteristiche “rudi” della moto che potete affittare qui sono ingredienti fondamentali del fascino di questo viaggio, ma per sciogliersi nella guida è bene procedere per gradi.

Goa verso sud





La spiaggia più vicina alla città è quella di Miramar, tre chilometri a sud-est, lungo Dayanand Bandodkar Marg. 10 km verso nord, percorrendo una strada tortuosa tra boschi e paesini, si incontrano le spiagge di Calangute, Baga e Candolim che, insieme, coprono circa 7 km di costa. Le prime due sono l’equivalente goano della Costa del Sol spagnola, un lungo tratto di spiaggia affollato e traboccante di capanni e lettini, sovrastato da file di alberghi di categoria media. Candolim è la faccia elegante della stessa medaglia commerciale, un misto di resort di alta categoria, alberghi per i viaggi organizzati, capanne sulla spiaggia e buoni ristoranti. Il mare è bello. Le vie strette e tortuose del vecchio quartiere portoghese sono affascinanti, con i loro edifici coloniali rivestiti di piastrelle dalle tinte pastello. Sulla piazza centrale sorge, candida, la chiesa principale di Panjim, dedicata a Nostra Signora dell’Immacolata Concezione e consacrata nel 1541. La messa è in inglese, portoghese e konkani, la lingua del posto. La sensazione è quella di una città europea di almeno 50 anni fa, con tanto di vecchie Fiat 1100, imponenti Ambassador e Royal Enfield. Anche Old Goa è distante solo 10 km da Panjim. L’asfalto è pessimo, sdrucciolevole, pieno di rattoppi e buche, ma la guida difficoltosa è ampliamente compensata dal paesaggio; il sapore d’India si fa più pungente. Una mezza dozzina di imponenti chiese e cattedrali (fra i più grandi edifici cristiani dell’Asia) è quel che resta della città. Tra queste spuntano, timide, le case, piccole e arrangiate. Ovunque vi è gente che lavora sotto il sole, spesso a piedi scalzi. Questo paesaggio sociale stride con lo sfondo architettonico, che dà l’illusione di essere in Europa.

Ritorno a nord





Ripartiamo verso nord, in direzione di Anjuna, passando per Mapusa e Assagao. Attraversiamo zone sia aspre e rocciose, sia lussureggianti, con palme ovunque, autobus coloratissimi. Un paese segue l’altro, ma talvolta la strada è piacevole, con fondo migliore e tornanti morbidi. Le indicazioni sono molto semplici da seguire. Dopo poco meno di due ore, arriviamo ad Anjuna, un piccolo centro famoso per il mercato delle pulci (Flea Market) del mercoledì. Proseguendo verso nord, passiamo per il Siolim Bridge sul fiume Chapora, che ci separa dalle spiagge deserte che si susseguono fino ad Arambol, una delle mete preferite da tutti i viaggiatori, sia per la posizione relativamente isolata sia per il grande promontorio frastagliato da migliaia di insenature rocciose. Qui ci sono tutti i servizi necessari a soddisfare i vostri bisogni, comprese le agenzie viaggi che cambiano la valuta straniera. Con una passeggiata di un’ora, raggiungiamo Arambol Beach, una distesa di sabbia infinita che, con la bassa marea, diventa ancora più larga e si congiunge con Querim Beach, oltre il promontorio di roccia solitamente battuto dalle onde. Questo posto è il paradiso: con 200 rupie si può affittare uno degli chalet di bambù e palme abbarbicati sul fianco della scogliera. In tre giorni, facciamo varie gitarelle, la più bella delle quali a Tirakhol, dove sorge un piccolo forte completamente ristrutturato ed inglobato in un costoso resort in stile medievale. La strada finisce a Querim, dove un traghetto gratuito (in alta stagione costa 4 rupie) ci porta dall’altra parte. Si sta bene ad Arambol e la lasciamo a malincuore, diretti, di nuovo, a sud, stavolta passando per le strade interne, attraverso Mapusa e, ancora, Panjim. Prima di Margao, poco dopo Verna, svoltiamo verso Colva e proseguiamo lungo la strada per Palolem, la spiaggia più bella del Goa. La strada che porta a sud è rilassante, un susseguirsi di saliscendi e curve, condito con asfalto in buono stato. Nonostante la bellezza di Arambol, Palolem riesce a sorprenderci: si può alloggiare in caratteristiche palafitte di bambù che dal palmeto si affacciano su un’ampia mezzaluna di sabbia bianca, delimitata alle estremità da dirupi rocciosi. Con la bassa marea è possibile raggiungere a piedi l’isolotto di Green Island, l’acqua è trasparente e calda, il paesaggio è da mozzare il fiato. Affittiamo una stanzetta per 150 rupie a notte e ci prepariamo a godermi qualche giorno di tuffi, sole e lunghe passeggiate.

Karnataka





Dopo sei giorni  ci rimettiamo in sella, puntando verso lo stato del Karnataka. Troviamo ancora gradevoli saliscendi e curve e la luce del sole tagliata dalla foresta tutta intorno, solo il traffico è di nuovo intenso e i camion, decoratissimi, sono ovunque. A poco più di 50 chilometri dopo il confine, ci aspetta Gokarna, letteralmente orecchio di mucca, una delle città sacre agli indù nell’India meridionale. Qui si respira un’aria diversa rispetto al Goa. Tutta la città è attraversata dalla via principale, con le sue case di legno e i suoi tantissimi shop (più economici di quelli goani), mentre i vicoli sono formati da begli edifici tradizionali. Ovunque camminano monaci e pellegrini in atteggiamenti austeri, mentre risuonano canti sacri che si propagano dai numerosi templi. Facciamo un giro veloce dei luoghi di culto, infine arriviamo al Koorti Teertha, il lago artificiale sacro situato proprio al centro della città.

Hampi





Per ultima abbiamo lasciato la tappa che più ha motivato il viaggio in questa zona dell’India: Hampi. La strada è lunga e fondamentalmente tutta dritta, ci vogliono circa 12 ore per percorrerla, andando piano e con le dovute soste. Finalmente, al tramonto, intravediamo i massi granitici e tondeggianti su cui sorgono le rovine di Vijayanagar, che oggi circondano Hampi. Fondata nel 1336, fu capitale di uno dei più grandi imperi hindù della storia indiana, raggiungendo la sua massima potenza nel XVI secolo. Tuttora si trovano le rovine di templi e bazar, in origine pieni di pietre preziose e di mercanti provenienti da terre lontane. L’impero si dissolse poi bruscamente sotto gli attacchi di una confederazione di sultanati del Deccan, nel 1565. La stanza che troviamo ad Hampi Bazar è una piccola bomboniera rosa e azzurra proprio sotto al Virupaksha Temple, un’imponente torre interamente decorata con lo stucco. Dopo esserci registrati presso la stazione di polizia (qui tutti gli stranieri devono farlo), ci incamminiamo verso le rovine. La parte antica è incredibile; la roccia è il tratto peculiare qui: tutti i monumenti del 1400 sono costituiti da monoliti scolpiti e poggiati uno sull’altro con incastri perfetti e grandiosi. I luoghi da visitare ad Hampi sono molti e vale la pena vederli tutti, il consiglio è di inerpicarsi su per gli scalini scavati nel granito, fino in cima alla montagna che sovrasta Hampi Bazar e di non lasciarsi sfuggire almeno un’alba dall’Hanuman Temple, arroccato sulla cima di una prominente altura rocciosa dove vivono moltissime scimmie, animali legati al culto di Hanuman, dio-scimmia, appunto. Non dimenticate il Vittala Temple, raggiungibile solo a piedi, grazie ad un sentiero che nasce dall’estremità orientale di Hampi Bazar. Perla indiscussa delle rovine, il cinquecentesco tempio è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità.
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