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Sicilia

Etna a Cefalù

Introduzione


Partiamo per goderci in moto una terra splendida: la Sicilia. Nostra compagna di avventura è la BMW R1100S. La sella morbida e sagomata, il manubrio rialzato e il plexiglass del cupolino ben dimensionato, sono buoni presupposti per un confortevole viaggio.

Inizia il viaggio. Prendiamo la A19 alla volta di Giarre, in provincia di Catania, da dove avrà inizio il "vero" viaggio. Usciamo da Palermo, impresa non facile. Il traffico è, infatti, imprevedibile e caotico. Finalmente siamo fuori. La moto corre fluida sui curvoni delle sopraelevate autostradali, per niente intimorita dalle dispettose raffiche di vento che dal Tirreno arrivano a Ficarazzi e Bagheria. A Termini Imerese l'autostrada punta finalmente verso l'interno e dispiega al viaggiatore diretto allo Ionio la cartolina delle Madonie, quella di Enna e quella del versante meridionale dell'Etna. Imbocchiamo l'uscita di Giarre, diretti verso le strade che dalla città si snodano attorno al cratere culminale del vulcano, una sorta di paradiso del motociclista. Percorsi circa 10 km della Statale 114 in direzione Messina, ci ritroviamo alle sorgenti di Fiumefreddo dove parte la deviazione per Lingua glossa. Ci siamo lasciati alle spalle Santa Venera e Mascali.

L'Etna



Già da lontano ci sorprende la mole imponente dell'Etna e più si sale più colpisce il contrasto tra le falde poco inclinate e l'improvviso impennarsi del cono oltre i 1.500 metri. Man mano che ci arrampichiamo rimpiccioliscono nei retrovisori le distese di colture di limoneti. La salita non è ancora impegnativa e, sempre tenendo d'occhio l'asfalto, sconnesso e rattoppato in più punti, avanziamo tranquilli nei rapporti più lunghi. Cave di granito e frane si presentano con frequenza nel tratto che da Piedimonte Etneo porta a Linguaglossa.
Faggi cespugliosi, ginepri, betulle e astragali si inerpicano sulla Mareneve, la strada che da Linguaglossa ci porta ai 2.000 metri di Piano Provenzana. 15 km di curve che si mantengono strette ma a raggio costante, risvegliano dalla contemplazione il cuore del motociclista. Quella che fino a poco prima era stata una passeggiata turistica, diventa d'un tratto danza preferita da moto e pilota. Le spalle delle Dunlop finalmente cominciano a lavorare, le pedane accarezzano l'asfalto e la lancetta del contagiri danza tra i 5.000 e la zona rossa. E così divoriamo in pochi minuti il versante nord-orientale dell'Etna. All'uscita dall'ultima curva la pineta Ragabo si dissolve senza tanti preamboli, come se il territorio appartenesse a nuovi padroni amanti della solitudine. I crateri spenti dei Monti Sartorius sono i guardiani del luogo che si animerà solo quando la stagione calda porterà da queste parti migliaia di motociclisti in vena di divertirsi. Rifugio Citelli è il più vicino al cratere sommitale, quello che porta un colletto candido di neve anche d'estate: è l'osservatorio naturale che abbraccia all'orizzonte lo Ionio da una parte e la punta dello Stivale dall'altra.

Arrivo a Cefalù



Seguiamo le indicazioni per Randazzo, la strada si fa invitante con curve a medio raggio che si snodano nel paesaggio tra i Peloritani e i Nebrodi. Eretta sulla lava etnea, Randazzo è l'epicentro delle risorse agricole dell'Isola.
I Nebrodi sfilano alla nostra destra: in complesso il paesaggio ripete i caratteri essenziali di quello dell'Appennino Settentrionale. Prendiamo la strada che da Cesarò porta a San Fratello, non senza aver prima sostato all'Abbazia di Maniace. Ci separano dal Tirreno circa 50 km di curve nei boschi. Il punto più alto dello "scavalcamento" è a circa 1.600 metri, in località Femmina Morta. Man mano che discendiamo percepiamo sulla pelle l'aria calda della costa. Il profumo salmastro del mare, mescolato a quello di fiori sconosciuti, si insinua con fare inebriante sotto la visiera. All'orizzonte, degna della bellezza dell'Isola, la "cartolina" dell'Eolie. Ecco Cefalù, meta finale del viaggio, abbarbicata con le sue viuzze a gradini sull'ultimo dito delle Madonie che si allunga a toccare il Tirreno.
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