È una mattina di metà novembre, fredda, umida, con il cielo grigio. Pista sconosciuta, sul nuovo layout di Cervesina non ci ha ancora girato nessuno. Una moto da gara, da museo visto la recente vittoria al CIV. Capite che gli elementi per essere nervosi ci sono tutti. Ma appena ci mettiamo in sella alla Yamaha R6 ex Corsi rimaniamo stupiti da quando la moto sia “facile”. È una moto -vincente- da gara. Pensavamo quindi di avere a che fare con un mezzo scorbutico, che gira solo in alto, difficile da buttare in piega. E invece è tutto l’opposto. In sella ci ritroviamo ad avere a che fare con blocchetti dei comandi di tipo racing, freno posteriore al manubrio (che gran comodità per correggere le traiettorie!), seduta modificata e cupolino avvolgente. La sella è posizionata più in alto rispetto alla moto di serie, le pedane più arretrate.
La prima cosa che ci ha colpisce è il motore. I lavori effettuati -top secret- hanno portato la potenza di questa R6 vicina ai 140 CV. Ma più che la potenza in sé è come la questa viene erogata a stupirci. Chi ha mai guidato un R6 di serie sa che gira molto in alto, per uscire forte dalle curve bisogna tenerla su di giri. Qui invece già a metà scala si ha potenza in abbondanza per uscire dalle curve con una spinta vigorosa, continua, che sale senza incertezze fino ai 15.700/15.800 giri/min., quando sul display racing si illumina l’albero di Natale delle spie che ci segnala che è arrivato il momento di cambiare marcia. Anche se lei sembrerebbe averne ancora. Per la sua potenza e il modo in cui questa viene erogata il motore ci ha ricordato un bel settemmezzo, pieno, corposo.
Accompagnati da un quickshifter up&down che lavora a puntino, e un sound godurioso, amplificato dall’impianto Akrapovič, in fondo al nuovo rettilineo di Cervesina arriviamo ad appoggiare la sesta marcia, prima di attaccarci ai freni per una decelerazione decisa. Decelerazione affidata solo al muscoloso impianto frenante, perché la moto è molto libera di freno motore. Scelta fatta per agevolare la percorrenza di curva, dove, infatti, lei corre libera come su un binario. Non si scompone minimamente e segue la traiettoria impostata senza incertezze. A livello di ciclistica la moto è più sostenuta in staccata e apertura, e in ingresso e in percorrenza è un bisturi.
A differenza di altre moto da gara che abbiamo provato, difficili, ruvide, scorbutiche, dove per guidare bisogna davvero essere un pilota, questa R6 ci ha colpita per la sua “facilità”. Non chiede di spalancare completamente in ogni momento la manopola destra del gas, ma si lascia condurre più amichevolmente. Sempre, però, andando fortissimo.