Abbiamo messo a confronto BMW G 650 Xmoto, Husqvarna SM 610ie e KTM 690 SMC. Ci siamo divertiti sul serio. Abbiamo letteralmente divorato oltre duecento chilometri di curve, curvoni e tornanti, compresa una breve puntata in pista, prima di eleggere la KTM 690 SMC “regina delle mono motard” del 2008. Le tre pretendenti si sono contese lo scettro a gomiti alti, battagliando ferocemente nell’arena delle emozioni, ma l’austriaca arancione non ha avuto pietà su alcun fronte.
Le protagoniste
Un sorriso spontaneo nasce sotto al casco e si allarga non appena ci voltiamo
ad osservare la strada: curva dopo curva decine di righe nere incidono
l’asfalto per metri…
Ci siamo divertiti sul serio. Abbiamo letteralmente divorato oltre duecento
chilometri di curve, curvoni e tornanti, compresa una breve puntata in
pista, prima di eleggere la KTM 690 SMC “regina delle mono motard”
del
2008. Le tre pretendenti si sono contese lo scettro a gomiti alti, battagliando
ferocemente nell’arena delle emozioni, ma l’austriaca arancione non
ha
avuto pietà su alcun fronte. A Mattighofen hanno spremuto la vincitrice
della scorsa comparativa, la 690 Supermoto, e ne hanno distillato
l’essenza
“racing” per dare vita alla più specialistica 690 SMC: stesso motore
– l’esuberante LC4 – e un risparmio di peso che abbassa il
valore dichiarato
a 139,5 kg. L’austriaca rinuncia ai particolari stilistici che hanno reso
celebre la sorellona per approcciare un design più pulito, geometrico e
minimalista. Husqvarna SM 610ie e BMW G 650 Xmoto si sono presentate alla
partenza in ottima forma. Rimane immutata rispetto allo scorso anno, nel
suo rigore teutonico, BMW; qualche aggiornamento invece per la motard varesina:
nuovi il manubrio Tommaselli senza traversino e i riser.
In città
Appena usciti della redazione ci
lanciamo nel traffico milanese. KTM parte subito in difficoltà: l’angolo
di sterzo è il più ridotto del gruppo e, complice l’altezza da terra non
trascurabile, nelle manovre si fatica di più rispetto alle rivali. In confronto
ad Husqvarna, per esempio: l’italiana si distingue proprio in mezzo agli
ingorghi cittadini, grazie alla sella più bassa del lotto (895 mm dal suolo),
un buon raggio di sterzo e una ridotta sezione frontale. Queste caratteristiche
le permettono di muoversi sicura tra veicoli ed ostacoli. Xmoto è altrettanto
agile in centro, con un manubrio più stretto e un raggio di sterzo ancor
più contenuto, ma la sella è alta e rigida ed è scomoda per i guidatori
di bassa statura. Peccato anche per i comandi al manubrio: acceleratore
ruvido e leva frizione dura rendono impegnativa la guida della BMW, soprattutto
in mezzo alle auto. Discorso opposto per i morbidi comandi delle concorrenti,
con il primo dieci e lode per KTM: fluidità e precisione dell’acceleratore
sono da manuale, come la leggerezza della frizione APTC della Adler (unica
antisaltellamento del gruppo). In un quadro così ben fatto stona un cambio
duro negli innesti e impreciso. Fanno meglio le rivali: morbido ma poco
preciso quello italiano e ottimo quello della G 650.
Buche, tombini, rotaie, pavè…nel
tragitto verso l’autostrada le sospensioni delle nostre supermoto
assorbono
bene le imprecisioni del manto stradale, a partire da KTM e BMW – che
ammortizzano più facilmente le sconnessioni – per chiudere la carovana
con la più rigida Husqvarna.
In autostrada
La periferia ci regala spazi più
ampi e ad ogni piccola accelerazione si sente la superiorità della KTM;
è il primo tratto in autostrada, però, a chiarire le posizioni. Riponiamo
al sicuro i biglietti e ci lanciamo sull’asfalto: le pulsazioni roche
dei monocilindrici crescono in coro, mentre la 690 SMC si allontana con
la ruota anteriore sollevata dal suolo. La spinta del nuovo LC4 è formidabile:
si fa rabbiosa sulla soglia dei medi regimi (in basso non brilla per forza,
ma è decisa) e cresce instancabile fino a quando la lancetta non sfiora
la zona rossa, a circa 8.000 giri. Qualche chilo in meno rispetto alla
sorella Supermoto e il serbatoio in posizione posteriore condannano
l’avantreno
ad essere molto “leggero” nelle accelerazioni, tuttavia sempre ben
controllabile.
La differenza di potenza con le rivali è netta (circa 14 CV) ma più indietro
BMW e “Husky” si sfidano con più equilibrio: le potenze sono
all’incirca
allineate, entrambe molto pronte ai bassi regimi ma con limitate doti di
allungo, soprattutto per la Husky. Supermotard non fa rima né con
“comfort”
né con “viaggi”, ed è Husqvarna a vincere per il trasferimento più
meno
comodo. Il suo piccolo monocilindrico (solo 576 cc) già a 130 km/h produce
vibrazioni, che infastidiscono mani e piedi e disturbano la visuale negli
specchietti. La sella è discretamente imbottita, ma sulle medio-lunghe
percorrenze costringe a fare numerose soste. A sorpresa KTM supera la BMW
per quel che riguarda la comodità: la tedesca offre un piano di seduta
ampio, la posizione giusta e molte meno pulsazioni che raggiungono manubri
e pedane. Cresce la velocità e Husqvarna sfoggia una grande stabilità:
oscilla poco e rimane abbastanza “piantata” anche quando si
incontrano
piccoli dossi o traversini, che mettono invece in crisi le altre due. Ad
elevate velocità, infatti, la “Kappa” conferma con vistosi
ondeggiamenti
le impressioni di leggerezza dell’avantreno, mentre BMW si comporta in
modo simile, ma il problema, in sella alla tedesca, è molto meno sentito.
L’aria ci investe senza alcuna pietà (solo KTM offre un minimo di
protezione
coi paramani di serie) e appena usciti dal casello sostiamo al primo benzinaio
per distendere i muscoli contratti. Le moto sono ferme sui cavalletti:
duri da aprire quelli di G 650 e SMC, morbido ma con ritorno a molla e
privo di sensore quello della SM 610. Il rifornimento allontana il momento
della riserva, che colpirebbe per prima la tedesca: solo 9,5 i litri di
serbatoio per un consumo (il minore) di 18 km/l a 130 km/h, contro i 15
km/l abbondanti di Husqvarna e i 16 km/l a 130 km/h (con 12 litri di serbatoio
per l’austriaca e 12,5 per l’italiana). Uno sguardo più tecnico
stimola
qualche nota: Husqvarna è l’unica con la doppia chiave per
l’accensione
e per il serbatoio, il bloccasterzo sul fianco è davvero scomodo da inserire
ma è la sola che offre di serie le pedane passeggero; il sottosella di
KTM, invece, è poco protetto: chiunque può accedervi perché la sella si
apre tirando un cavetto.
Sui tornanti
Il paesaggio intorno a noi si increspa
su e giù per i colli, la strada si fa tortuosa: è l’Husky a fare la voce
grossa, borbottando ad ogni rilascio e rombando ad ogni accelerata. Il
motore eroga il meglio ai bassi regimi, trascinandola prontamente fuori
da ogni curva. All’ingresso di quella successiva scopriamo che bastano
due dita sul freno per ottenere decelerazioni importanti e i trasferimenti
di carico, seppur lievi, innescano spesso bruschi saltellamenti della ruota
posteriore. Nel misto stretto emerge l’agilità data dalla ruota posteriore
più stretta (150/60 al posto di 160/60), e grazie anche al peso ridotto
e alla ciclistica solida e stabile in piega, Husqvarna rende la vita difficile
alle altre mono, in particolare alla Xmoto. BMW pecca di qualche chilo
in più rispetto all’italiana; si dimostra comunque agile nei cambi di
direzione, grazie all’impostazione caricata sull’anteriore, ma il
motore
va sfruttato di più per essere efficace fra le curve. Il manubrio più stretto
offre una sensazione di minor controllo rispetto ad entrambe le concorrenti,
e i comandi gas e frizione duri tolgono la voglia di gettarsi a manetta
nei tornanti, dopo pochi chilometri di guida sportiva. Come la rivale varesina
frena bene: meno immediato il comando al manubrio ma altrettanto potente,
va premuto con più forza per opporsi efficacemente all’inerzia del suo
peso; basta un tocco al freno posteriore e in scalata la ruota dietro
dell’Xmoto
scivola con grazia verso l’esterno curva, stando attenti a non esagerare
perché il bloccaggio capita facilemnte. Se Husqvarna e BMW sanno divertire
i piloti come fossero giostre, chi è seduto in sella alla SMC si diverte
ancora di più. Stringere l’ampio manubrio dell’austriaca è come
avere
tra le mani un grosso compasso: basta ruotarlo della misura desiderata
perché la Kappa disegni le curve come vorrebbe il suo pilota. Curva dopo
curva stupisce per quanto è prevedibile e facile da guidare. Strizziamo
con forza il freno anteriore e scaliamo tre marce: la decelerazione è immediata
ma l’assetto rimane composto (la frizione APTC funziona davvero bene),
evitando saltellamenti e sbandate. Forse la taratura di serie delle sospensioni
(regolabili) è un poco cedevole per la guida racing, ma tra le curve la
690 è imbattibile: piega molto – grazie alle Pirelli Supercorsa di primo
equipaggiamento – cambia direzione solo pensando e, grazie alla schiena
portentosa del suo LC4, si fionda fuori dalle curve anche con una marcia
più lunga del dovuto. Una volta spenti i motori rimaniamo tutti in silenzio
a desiderare un altro giro con la Kappa: una supermotard nasce per divertire,
e la nuova 690 SMC lo fa meglio delle altre.
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