Rifinita con una cura maniacale, splendida in ogni più piccolo dettaglio (come del resto tutte le Triumph degli ultimi anni), la Street RS fa un po’ la parte della bella e brava. Lei che è più educata perché è già Euro 5 mentre la Duke è ancora Euro 4, lei che ha un cilindro in più e una voce più acuta rispetto al rombo del 2 cilindri, lei che ha sospensioni più morbide e ti accoglie su una sella più comoda: lei, la Street, è più buona, sembra quasi volerti invitare a casa per un tè. Comfort e attitudine stradali si ritrovano anche nella sella più bassa di un centimetro rispetto alla Duke e nel serbatoio, decisamente più capiente: 17,1 litri contro i soli 13,7 della KTM. E il suo incedere sui percorsi più tortuosi conferma questa sua indole meno esuberante della KTM: la ciclistica è incentrata di più sulla stabilità e questo non la rende altrettanto agile come la rivale. Precisissima sul dritto come alla massima piega a qualsiasi velocità, richiede tuttavia più tempo per cambiare direzione e inclinazione, quando con la Duke occorre sbrigarsi a saltare da destra a sinistra nelle esse, perché lei è già dall’altra parte e ti sta chiamando. Siamo andati a guardare le quote della ciclistica per capire da dove venisse questa differenza importante in termini di agilità e siamo rimasti a bocca aperta: la KTM è più lunga (interasse di 1.482 contro 1.405 mm), ha lo sterzo più aperto (24,3° di cannotto contro 23,9°) e un’avancorsa solo leggermente più corta (99,7 contro i 100 mm della Triumph). Non c’è una spiegazione logica in questi numeri, qualcosa che spieghi senza ombra di dubbio la differenza di comportamento dinamico tra le due moto e quindi occorrerebbe andare a indagare sui molti altri valori vitali delle ciclistiche, come la posizione del baricentro, l’inclinazione del forcellone intesa come differenza di altezza tra perno ruota e pivot, la distanza tra l’asse dell’albero motore e il perno ruota anteriore, tutte misure che i progettisti conoscono e attorno alle quali si aggirano per definire il mix ideale, misure che influenzano radicalmente la dinamica della moto. Fatto sta che, in estrema sintesi, la Duke ha una ciclistica molto svelta e anche stabile, entrando di diritto in un nirvana fatto di pochissime altre moto capaci di coniugare così efficacemente questi due aspetti della guida, mentre la Street è incentrata soprattutto sulla stabilità, a discapito di un po' di maneggevolezza. Il tre cilindri è sempre un gran bel motore, ha potenza da vendere, anche qualcosa in più della Duke come picco massimo, ma questi CV si ritrovano solo ai regimi più elevati, mentre nel range che va dai 3.000 agli 8.500 giri, ovvero dove si razzola nella guida su strada, la differenza di spinta tra le due è notevole, con un delta di quasi 20 CV a parità di giri a favore della 890. Essendo quello di Triumph un motore più frazionato è più che naturale che sia così, ma dove la strada si fa tortuosa e non c’è lo spazio per tirare seconda o terza e quindi tenere il contagiri ai regimi più elevati, beh, la Duke scappa, c’è poco da fare. Sul veloce è il tre cilindri a riprendersi la scena, perché il motore frulla e spinge forte e la ciclistica è molto stabile e richiede pochissimo sforzo per essere condotta dove si vuole, quando invece la Duke obbliga a maggiori attenzioni, pur mostrando un rigore assoluto anche sul veloce. Molto bene il reparto trasmissione, per entrambe le moto, con cambiate elettroniche rapide e precise, sia a salire sia a scendere di giri. Quando è il momento di frenare entrambe mostrano impianti potentissimi e ben modulabili, con un vantaggio in termini di modulabilità per la Street e di aggressività per la Duke. A livello di comfort su strada vince Triumph: ha una sella più comoda e ospitale, pedane meno vicine alla seduta, sospensioni più morbide e un motore più dolce alla prima apertura. Alla sera, insomma, scendi più stanco dalla 890 rispetto alla 765, pur con un sorriso ebete sulla faccia.