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KTM 890 Duke R vs Triumph Street Triple RS

La 890 lancia un guanto di sfida pesantissimo alla regina inglese Triumph, che deve affilare gli artigli per tenersi saldo il trono. Ma KTM arriva a corte con due armi affilate: ciclistica sveltissima e coppia esplosiva. God save the queen

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Quando pensavi di aver visto tutto o quasi, ti nasce una Duke 890 R e ti devi ricredere. Quando la Street Triple RS pensa di restare l’unica naked supersportiva di media cilindrata sul mercato, anche lei si deve ricredere. Morale: non importa quello che pensavi fino a ieri, inizia a racimolare i soldi perché queste due moto sono, ognuna a suo modo, regine di divertimento a due ruote. Decidere di investire per creare una naked tanto sportiva nella fascia intermedia del mercato, per prezzo, cilindrata e prestazioni, non è da tutti. Te lo aspetti da Case con un forte DNA sportivo e quindi non ci ha stupito vedere la mossa 2020 di KTM con la nuovissima 890. Ci avrebbe stupito di più una Triumph tanto sportiva come la RS, ma in fin dei conti l’nglese ci è arrivata per gradi a questa versione supersportiva: sono partiti dalla Daytona 600, poi l’intuizione di Carlo Talamo di svestirla, inventandosi la Speed Four (aveva 4 cilindri), quindi l’idea piacque a Hinckley ed ecco nascere la prima Street Triple a tre cilindri. Dopo molti anni di evoluzioni arriva l’ultima nata, in tre versioni (base, R ed RS) e con cilindrata cresciuta a 765 cc. KTM, per rispondere a questa chiamata alle armi non si è fatta attendere e lo ha fatto senza troppa melina: la splendida 790 Duke era un’ottima base di partenza, ma occorrevano più prestazioni e una ciclistica più sportiva ed evoluta. In men che non si dica è nata questa 890 Duke R. Ora che abbiamo visto chi sono le nostre due sfidanti, capiamo un po’ meglio a cosa servono e perché uno dovrebbe preferire queste ad altre naked sportive.

Cercate una naked sportiva di media cilindrata? Bene, avete l’imbarazzo della scelta, dalla più comoda (Honda CB650), alla più leggerina e divertente (Yamaha MT-07), dalla pepata 4 cilindri (Kawasaki Z750) alla bicilindrica dal DNA sportivo (Ducati Monster 821). In questa lista l’unica che supera i 100 CV, però, è la Kawasaki, perché le altre hanno prestazioni decisamente più soft. E allora perché non mettere la Z750 in questa nostra comparativa? La risposta è in una domanda: cosa vuoi farci con la moto? Se l’utilizzo è quello quotidiano, magari cittadino, con qualche bella piega in montagna nei weekend, allora ci sono moto più fruibili in termini di comfort, pur con prestazioni di tutto rispetto e la Kawa o la tranquilla ma divertente Yamaha MT-07 sarebbero delle alternative valide. Le nostre due le scegli se i pruriti sono più intensi, del tipo che non disdegni l’andare in pista nei track day. Ed è qui che trovano la loro reale natura: moto così chiedono di vedere i cordoli, almeno ogni tanto.

Lo stesso obiettivo, creare la miglior naked sportiva media, seguendo strade completamente diverse: questo è ciò che si vede fin da subito. Tre cilindri di 755 cc per l’inglese, motore sempre parallelo frontemarcia per l’austriaca, ma bicilindrico e di 890 cc di cilindrata, telaio in alluminio per la Street, in traliccio di acciaio con telaietto reggisella in alluminio per la Duke e ancora, forcella Showa da 41 mm e mono Öhlins per la prima e sospensioni WP Apex con forcella da 43 mm per la seconda. Sugli impianti frenanti vanno quasi d’accordo, con un quid in più per la Duke: entrambe si affidano a Brembo con impianti sopraffini, doppio disco da 310 mm con pinze monoblocco radiali M50 per la Street e dischi da ben 320 mm flottanti con pinze top di gamma Stylema per la Duke. A livello di elettronica entrambe offrono diversi riding mode, piattaforma inerziale e Cornering ABS, disinseribile sia davanti sia dietro sulla Triumph e solo al posteriore (nella modalità Supermoto) per la KTM. Abbiamo dei pacchetti elettronici davvero completi e di altissimo livello, ma qui le prestazioni non mancano e non dispiace trovarsi un raffinato traction control con funzione cornering come sulla KTM. C’è da dire che, a fronte di un prezzo di listino pressoché allineato, l’inglese, come da tradizione per i suoi modelli di punta, offre tutti i pacchetti elettronici di serie e quindi compresi nel prezzo, mentre sulla Duke occorre mettere in conto altri soldi per portarsi a casa optional secondo noi indispensabili per una moto così, vale a dire il Quickshifter+ e il Track Pack. Quest’ultimo permette di attivare il riding mode Track (che si somma a quelli di serie Rain, Street e Sport). La differenza è che in queste tre modalità di serie troviamo delle combinazioni di traction, strategia di intervento dell’ABS e anti impennata predefinite. Non è quindi possibile andarle a modificare a proprio piacimento, ma solo scegliere il Mode che in quel momento più risponde alle esigenze di guida. Con la modalità Track, invece, si accede a tutte le regolazioni possibili: traction su 9 livelli (4 livelli per la RS), anti impennata disattivabile (la RS non ha antiwheelie), funzione launch control per le partenze e tre diverse mappature della risposta del gas, dalla più soft alla più diretta. Triumph offre invece di serie ben 5 riding mode: Rain, Road, Sport, Track e Rider, quest’ultimo completamente per sonalizzabile. Sull’inglesina anche il quickshift bidirezionale è di serie. A conti fatti, dunque, la Duke 890 R viene a costare di più della rivale tre cilindri: il Track Pack costa 349 euro, ma prendendo il Tech Pack, con 749 euro ci si porta a casa il Track Pack, il Quickshifter+ e l’MSR (controllo del freno motore). Andiamo sui passi più pazzeschi della Romagna e poi in pista a Imola per capire se la nuova arrivata può davvero insidiare il trono della regina.

Pendiamo dalle sue labbra: siamo estremamente curiosi di scoprire come si guida la nuova Duke R. Poche curve, giusto un paio di chilometri tortuosi e ci fermiamo, scendiamo, le giriamo intorno, la osserviamo. Lo abbiamo fatto a lungo prima, ma ora la guardiamo con occhi diversi. “Non è possibile”, è la prima cosa che ci entra in testa. Come diavolo si guida questa Duke 890 R? Come nessun’altra moto vista e provata negli ultimi vent’anni, almeno. Generalmente siamo più cauti nelle affermazioni, lo sappiamo bene, ma quando sei di fronte a un prodigio, un talento puro, fai fatica a non emozionarti come il primo giorno in moto. Duke 890 R è il Mozart delle due ruote, punto. Sinfonia sublime dall’Akrapovic (piuttosto educato nel sound), e qualità dinamiche che fanno impallidire chiunque: il livello delle prestazioni è cresciuto molto rispetto a quello della Duke 790, soprattutto in termini di coppia e schiena e quindi le prestazioni sono da vera sportiva media. Ma più di questo, ad esaltare è la ciclistica, capace di coniugare una buonissima stabilità a una maneggevolezza fuori dal comune. Si cambia direzione con il pensiero, all’istante e la cosa ancor più sorprendente è che tutto questo è quasi altrettanto rapido anche quando si ha il gas in mano, segno che l’agilità risiede proprio nel DNA di questo mezzo. Semplicemente eccezionale è anche il modo in cui curva, perché questa moto ha una capacità di curvare che raramente abbiamo riscontrato: entra in curva come un fulmine, segue la linea impostata, poi la curva si stringe, tu guardi dentro e lei va lì, così, senza il minimo sforzo, senza doverla tirare, strattonare. Lo fa e basta. In uscita di curva, poi, la coppia del nuovo bicilindrico non è neanche parente di quella del 790 e dà un gran gusto anche al crescere della velocità. Segue la linea voluta anche in piena accelerazione in uscita di curva e l’elettronica fa il suo egregio lavoro senza peraltro risultare mai fastidiosa o invasiva. Ora riprendiamo fiato e scusate se ci siamo esaltati come bambini davanti alla Nutella, ma tra le curve questa moto emoziona, davvero. E veniamo alla Street Triple RS. Forse non si aspettava una rivale già di questo livello, ma le armi per far battere il cuore non mancano nemmeno all’inglese.

Rifinita con una cura maniacale, splendida in ogni più piccolo dettaglio (come del resto tutte le Triumph degli ultimi anni), la Street RS fa un po’ la parte della bella e brava. Lei che è più educata perché è già Euro 5 mentre la Duke è ancora Euro 4, lei che ha un cilindro in più e una voce più acuta rispetto al rombo del 2 cilindri, lei che ha sospensioni più morbide e ti accoglie su una sella più comoda: lei, la Street, è più buona, sembra quasi volerti invitare a casa per un tè. Comfort e attitudine stradali si ritrovano anche nella sella più bassa di un centimetro rispetto alla Duke e nel serbatoio, decisamente più capiente: 17,1 litri contro i soli 13,7 della KTM. E il suo incedere sui percorsi più tortuosi conferma questa sua indole meno esuberante della KTM: la ciclistica è incentrata di più sulla stabilità e questo non la rende altrettanto agile come la rivale. Precisissima sul dritto come alla massima piega a qualsiasi velocità, richiede tuttavia più tempo per cambiare direzione e inclinazione, quando con la Duke occorre sbrigarsi a saltare da destra a sinistra nelle esse, perché lei è già dall’altra parte e ti sta chiamando. Siamo andati a guardare le quote della ciclistica per capire da dove venisse questa differenza importante in termini di agilità e siamo rimasti a bocca aperta: la KTM è più lunga (interasse di 1.482 contro 1.405 mm), ha lo sterzo più aperto (24,3° di cannotto contro 23,9°) e un’avancorsa solo leggermente più corta (99,7 contro i 100 mm della Triumph). Non c’è una spiegazione logica in questi numeri, qualcosa che spieghi senza ombra di dubbio la differenza di comportamento dinamico tra le due moto e quindi occorrerebbe andare a indagare sui molti altri valori vitali delle ciclistiche, come la posizione del baricentro, l’inclinazione del forcellone intesa come differenza di altezza tra perno ruota e pivot, la distanza tra l’asse dell’albero motore e il perno ruota anteriore, tutte misure che i progettisti conoscono e attorno alle quali si aggirano per definire il mix ideale, misure che influenzano radicalmente la dinamica della moto. Fatto sta che, in estrema sintesi, la Duke ha una ciclistica molto svelta e anche stabile, entrando di diritto in un nirvana fatto di pochissime altre moto capaci di coniugare così efficacemente questi due aspetti della guida, mentre la Street è incentrata soprattutto sulla stabilità, a discapito di un po' di maneggevolezza. Il tre cilindri è sempre un gran bel motore, ha potenza da vendere, anche qualcosa in più della Duke come picco massimo, ma questi CV si ritrovano solo ai regimi più elevati, mentre nel range che va dai 3.000 agli 8.500 giri, ovvero dove si razzola nella guida su strada, la differenza di spinta tra le due è notevole, con un delta di quasi 20 CV a parità di giri a favore della 890. Essendo quello di Triumph un motore più frazionato è più che naturale che sia così, ma dove la strada si fa tortuosa e non c’è lo spazio per tirare seconda o terza e quindi tenere il contagiri ai regimi più elevati, beh, la Duke scappa, c’è poco da fare. Sul veloce è il tre cilindri a riprendersi la scena, perché il motore frulla e spinge forte e la ciclistica è molto stabile e richiede pochissimo sforzo per essere condotta dove si vuole, quando invece la Duke obbliga a maggiori attenzioni, pur mostrando un rigore assoluto anche sul veloce. Molto bene il reparto trasmissione, per entrambe le moto, con cambiate elettroniche rapide e precise, sia a salire sia a scendere di giri. Quando è il momento di frenare entrambe mostrano impianti potentissimi e ben modulabili, con un vantaggio in termini di modulabilità per la Street e di aggressività per la Duke. A livello di comfort su strada vince Triumph: ha una sella più comoda e ospitale, pedane meno vicine alla seduta, sospensioni più morbide e un motore più dolce alla prima apertura. Alla sera, insomma, scendi più stanco dalla 890 rispetto alla 765, pur con un sorriso ebete sulla faccia.

Non potevamo non fare una capatina in pista e spremerle a fondo, magari anche con due tempi sul giro per avere un riferimento assoluto sulle prestazioni. Lo abbiamo fatto a Imola e mantenendo le coperture di serie, vale a dire Michelin Power Cup II sulla KTM e Pirelli Diablo Supercorsa SP sulla Triumph. Se nel misto stretto di montagna la Duke scappa in poche curve, qui gli equilibri si ridefiniscono, perché la Street sembra fatta per girare e divertirsi in pista. Insomma, questa versione top di gamma, RS, l’avremmo anche chiamata Track Triple RS, perché tra i cordoli è a casa e quella aplomb inglese mostrata su strada si trasforma ben presto in un urlo da hooligan. Basteranno una manciata di CV in più rispetto alla KTM e una ciclistica piantatissima, che ti permetterebbe di tirare la linea perfetta alla Piratella anche con una sola mano sul manubrio, a farla primeggiare sulla rivale? Questi punti a favore della Street e, aggiungiamo, con il vantaggio di coperture di primo equipaggiamento dalle performance superiori rispetto alle Michelin montate sulla Kappa, non sono bastati a strappare il best lap. Quel fenomeno della Duke 890 R non si tira indietro nemmeno tra i cordoli e si guadagna il miglior tempo sul giro. Quello che piace molto della Triumph è il mix tra velocità e facilità di guida: manca la grande reattività di avantreno della rivale, sulla Street c’è più rotondità in tutte le fasi di guida, sia negli ingressi sia nei cambi di direzione. La frenata è potente e più modulabile rispetto a quella della Duke, che è più aggressiva e con più mordente. La posizione di guida tra i cordoli aiuta a ridurre lo sforzo per contrastare l’aria, perché la street ha il manubrio più distante dalla sella e così il busto è più proteso in avanti. Ci sono diversi punti dove primeggia la KTM, come nella variante alta e in quella del rettilineo, nelle staccate secche, ma anche in tutte le uscite di curva, dove il suo bicilindrico spinge in modo incredibile se pensiamo alla sua cilindrata da naked media. Che poi quel “media” è tutto relativo, non siete d’accordo? Parliamo di medie cilindrate, ma vi ricordate trent’anni fa, bicilindrica, 888 cc, supersportiva? La Ducati 888 Strada aveva gli stessi cilindri, la stessa cilindrata e 90 CV alla ruota per 215 kg di peso e poco dopo, “sua maestà” 916 incantava i palati sportivi, oltre che per il design, con i suoi 101 CV alla ruota per 200 kg di peso. Come sempre, i confronti a decenni di distanza lasciano il tempo che trovano, ma con 8 CV in più di una 916 e 25 kg rilevati in meno, non solo ci sono i presupposti per divertirsi in pista con questa naked (ma il discorso resta valido anche per la Street Triple RS), ma ci sono anche prestazioni sufficienti per andare davvero forte.

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Un’ultima considerazione vogliamo farla: al di là dell’utilizzo strada/pista, queste moto sono adatte a tutti? La prima risposta che ci viene da dare è sì, perché hanno prestazioni elevate ma gestibili e tenute a bada da elettroniche sopraffine. Un distinguo però lo facciamo, perché l’approccio in sella alla Triumph è più facile, mentre la KTM richiede un livello di esperienza superiore per potersela godere. L’unica nota negativa, che ahinoi accomuna entrambe le moto, è sull’aver perso quel lato giocoso che ne aveva contraddistinto il progetto originale. La prima Street Triple era una moto super-agile, scattante e divertente anche in città e nello stretto; magari si prende 8 secondi al giro a Imola da quest’ultima RS, ma è un peccato che abbia perso quel carattere sbarazzino con il quale è nata. Allo stesso modo, KTM ci ha mostrato con la splendida Duke 790 come si fa una vera fun bike, divertimento assoluto e zero pensieri, prestazioni adeguate e via a giocare con il gas e la ruota anteriore che bacia l’asfalto quando capita. Con questa 890 R le prestazioni sono cresciute molto, la spinta è rabbiosa e fare i disinvolti con lei non lo si fa con la stessa spensieratezza. In questo caso, però, glielo perdoniamo, perché in gamma c’è sempre la 790 Duke, per chi preferisce una moto meno impegnativa, e questa 890 R per chi è disposto a rinunciare a un quid in termini di facilità, per guidare quella che è a tutti gli effetti una delle moto più sconvolgenti degli ultimi anni.

170 millesimi separano il best lap di Triumph da quello di KTM, anche se l’impressione dei tester è che, a parità di gomme il divario sarebbe cresciuto, date le maggiori performance dei Pirelli della RS rispetto ai Michelin della Duke. In ogni caso è chiaro che si tratta di un livello di prestazioni molto elevato per entrambe le moto, che hanno mostrato di non soffrire minimamente anche uscite continue di molti giri, con impianti frenanti ben dimensionati anche per l’utilizzo in pista. Come divertimento di guida abbiamo preferito la Duke, anche se eravamo certi che avrebbe patito un po’ le alte velocità della pista di Imola. Di certo con la RS si scende meno stanchi e anche le piste veloci come questa le si cuciono addosso alla perfezione. Dall’analisi delle velocità nei punti chiave del tracciato notiamo le maggior rapidità di percorrenza delle varianti da parte della Duke e la risposta del tre cilindri Triumph negli allunghi, come quello tra Tamburello e Villeneuve o scendendo verso le due della Rivazza. La velocità massima in fondo al rettilineo è circa la stessa, ma in più punti si nota una maggior rapidità di ingresso curva con la Duke 890 R rispetto alla Street Triple RS. Insomma, se prima della prova le avremmo consigliate per track day solo su piste tortuose come Varano, Adria o Cremona, ora possiamo dirvi che vi faranno divertire anche su piste veloci e impegnative. Passato a pieni voti l’esame in un circuito tecnico quanto il Santerno di Imola, di certo non avranno problemi ad aggredire i cordoli di circuiti come il Mugello o Misano!

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