Nonostante il suo proprietario abbia speso moltissimo tempo (e una somma
considerevole di denaro…) per restaurarla, questa stupenda Indian non
è diventata un pezzo da museo perché viene usata quasi ogni giorno. Il
motore si avvia prontamente. La tonalità dello scarico è abbastanza forte
e il suo latrato è completamente diverso da quello di una qualsiasi Harley
moderna.
Anche la risposta del motore è differente rispetto ad un V-twin dei giorni
nostri: al posto del cupo e pacifico borbottio, il motore della Indian
è pronto nel guadagnare giri non appena si spalanca la manopola del gas.
Forse un po’ della tradizione sportiva delle vecchie Indian
anteguerra
è stata tramandata sulla Chief. Amir Seter guida con naturalezza la
moto nel traffico cittadino e me la cede soltanto dopo aver raggiunto la
campagna, in modo che io possa tranquillamente prendere confidenza con
il comando a pedale della frizione. Comunque, per evitare qualsiasi
inconveniente,
Seter ha montato anche una leva della frizione tradizionale al
manubrio
perché era troppo pericoloso usare la moto solo con la frizione a pedale
in città fra le auto.
Grazie a questo accorgimento posso partire senza problemi, ma anche così
non è facile mettere in movimento la Indian. Originariamente la
parte sinistra del manubrio ruotava su se stessa e comandava il cavo del
gas, come d’altra parte accadeva su tutte le altre Indian di quel periodo.
Seter però, per motivi di sicurezza, ha trasferito il comando del gas a
destra, spostando così a sinistra la levetta dell’anticipo
dell’accensione.
Anche il comando del cambio non è d’aiuto: ha forme e linee
primitive,
richiede una notevole forza per essere azionato e non ci si deve assolutamente
preoccupare dei rumori che produce l’innesto di un qualsiasi
rapporto.
Una volta in marcia si avvia con una minima apertura del gas e senza problemi.
Questi arrivano invece quando si deve passare alla seconda marcia, perché
la leva è sospesa nel vuoto fra la gamba destra del guidatore e il serbatoio
ed è priva di qualsiasi tacca o numero di riferimento. Superato questo
limite psicologico e facendo forza sulla leva, la marcia entra senza problemi.
Il cambio è a tre rapporti, ma il grosso bicilindrico ha così
tanto
tiro che sembra quasi superfluo passare all’ultimo rapporto.
La velocità di crociera ideale per la Chief è di 100 km/h, quando ci
si può godere la comoda e rilassata posizione di guida dovuta al largo
manubrio. Il peso è elevato, ma grazie al motore montato molto in basso
e alla corretta distribuzione dei pesi, si può guidare in tutta tranquillità
senza molti patemi d’animo. La moto è stabile e facile da guidare; anche
le inversioni a U si effettuano senza alcuna difficoltà.
È possibile
addirittura curvare a bassissima velocità senza inserire il rapporto più
basso, perché
il motore sembra quasi non accorgersene e continua
a pulsare senza indecisioni. Durante il mio breve test ho spinto la
moto fino a 140 km/h e il motore sembra poter permettere molto di più.
La guida è abbastanza comoda, anche se è preferibile evitare le buche perché
compromettono la stabilità del mezzo.
Solo su strada
completamente aperta ho cercato di utilizzare il pedale della frizione
con risultati imbarazzanti: la moto ha iniziato a saltare nei cambi di
marcia in maniera preoccupante. Peccato che negli anni Quaranta nessuno
alla Indian abbia pensato di mettere una frizione a mano per migliorare
la sicurezza e la facilità di guida ma, come ho già detto prima, la
Indian è fatta per i viaggi sulle lunghe distanze e per poche soste.
Riesce veramente a trasmettere al suo guidatore la sensazione di essere
il “Capo della strada”. |