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Il bello della pista

Quando si è appassionati di moto e si abita a pochi chilometri da una delle piste del Mondiale, prima o poi a girare ci vai. E così ti tocca affrontare il trauma della prima volta

Il bello della pista

Un po' mi vergogno, ma abito a 15 km dal circuito di Misano. Mi (quasi) vergogno perché conosco tanti motociclisti che per raggiungere la pista più vicina - e magari non è proprio una del Mondiale - devono percorrere centinaia e centinaia di chilometri. Io ho il Santamonica (oggi Marco Simoncelli) a 15 minuti da casa. Avendo fin da piccolo la passione per le moto, questo circuito è diventato per me una seconda casa. Pensate che vado lì fin dai tempi delle grandi sfide tra Agostini e Pasolini. Un anno (non chiedetemi quale), il grande Paso vinse addirittura nella 350. Lo so, in genere non succedeva esattamente così, ma allora noi della quasi-Romagna eravamo tutti per Renzo. Poi è arrivato il periodo di Mario Lega, che a Misano seguivo sempre con gradissimo interesse. E infine arriviamo ai giorni nostri. L'ultima volta che sono andato al MWC è una settimana fa. Da casa mia a Misano ormai c'è il solco.

 

PERCHÉ NON MI TROVATE SU WIKIPEDIA

Ovvio che poi, una volta avuta la possibilità, la prima cosa che ho fatto è stato girare io stesso in pista. La possibilità è arrivata tardi, diciamo verso i 30 (ed è solo per questo che oggi non mi trovate su Wikipedia). È passato un po' di tempo, ma quella giornata me la ricordo ancora molto bene. A Misano si girava ancora in senso antiorario, e soprattutto c'era ancora una delle curve più belle che abbia mai fatto: la Brutapela. Era una bellissima giornata di sole, avevo una splendida Kawasaki GPZ 900 R blu, una tuta di pelle nuova, un casco brillante. Insomma, tutto girava per il meglio. C'era solo qualche problemino...

 

UN MUCCHIO DI PAZZI SI SFIDANO A MORTE SUL RETTILINEO DI MISANO

I problemini erano questi. Non ero mai andato in pista; ero da solo; non sapevo nulla della guida sportiva, nemmeno sportivina. E, come se tutto ciò non bastasse, ero spaventato a morte. Perché mi ero affacciato dal muretto dei box e avevo visto un mucchio di scriteriati che passavano a manetta in bagarre e pareva si battessero come se fosse una questione di vita o di morte. Da fuori sembra così; in realtà quando sei sulla moto tutto è ridimensionato, e passare in rettilineo a quell'andatura è una cosa normalissima; gli azzardi sono ben altri. Ma io allora non lo sapevo.

 

TUTTI DENTRO INSIEME APPASSIONATAMENTE

Allora non c'erano turni suddivisi per capacità, principianti, intermedi, esperti, ma si entrava tutti insieme a tempo libero; cioè la pista era sempre aperta a tutti e si pagava a minuti, che venivano registrati su un cartellino, tipo quello che si timbrava una volta in fabbrica. Volendo, tolta la pausa pranzo, avresti pure potuto guidare per sei ore di seguito. Il bello di questa mia prima volta è che sono entrato in pista assolutamente allo sbaraglio. Non avevo un'idea di cosa fosse la guida sportiva, non sapevo cosa fossero le traiettorie, le staccate, le pieghe le marce, i freni... Quanto? Come? Dove? Non sapevo nulla di nulla.

 

LE CURVE CURVANO PIÙ DI QUELLO CHE IMMAGINI

La prima cosa che ho notato è che, al contrario di ciò che avrei mai immaginato, arrivavo in curva troppo veloce. Ovviamente non ero veloce, anzi, sicuro ero piantato, ma ero veloce per quello che ne sapevo io. Mi era successo perché in pista mancano i riferimenti. Spiego. Su strada la curva la vedi molto bene, ci sono i muretti, gli alberi, i marciapiedi... tutte cose pericolosissime che però ti fanno capire bene com'è fatta una curva. In pista le prime volte vedi un aeroporto. E allora ti ci butti dentro tranquillo, tanto lo spazio abbonda. Errore. Lo spazio non abbonda per niente, la curva curva, e lo fa sul serio.

 

DOPO UN PO' MI SENTIVO KEVIN SCHWANTZ; NON ERA PROPRIO COSÌ

Di quella prima giornata non ricordo altro. Cioè non ho gli elementi per giudicare come sono andato, bene/male/così. Non so se qualche commissario abbia fatto il segno della croce. Ovviamente ero lento, su questo non ci piove. Dopo l'esordio ho continuato a tornare a girare a Misano e ho iniziato a rilassarmi, a divertirmi. E ho notato tante cose. La prima è che i motociclisti sono dei gonzi. Mi è bastato toccare il ginocchio una volta (è successo alla Quercia) per sentirmi all'istante Kevin Schwantz. Dopo qualche curva facevo proprio come lui, in staccata tiravo fuori il piede per sistemarlo sulla pedana. Forse la mossa mi veniva anche abbastanza bene, era la successiva curva al rallenty che mi fregava. Un Schwantz alla moviola, insomma.

 

POI SONO ARRIVATE ANCHE LE SODDISFAZIONI

Non parlo di tempi sul giro, sorpassi memorabili, podi (mai corso). Solo di alcuni incontri casuali. Il primo è incredibile: dopo tanti anni sono riuscito a girare a Misano con uno dei piloti che da piccolo andavo a vedere in pista, Mario Lega (detta così sembra che Mario sia vecchio come Matusalemme, in realtà è un po' più grande di me). È successo in occasione di un evento organizzato dalla BMW per lanciare la K 1200 S, il Face The Power del 2004: a Misano ho una foto che ci ritrae al Carro. Io e Mario Lega al Carro. Ci penso oggi e mi sembra ancora incredibile. Quella foto l'abbiamo anche pubblicata su Super Wheels, con una didascalia: “il nostro Aldo Ballerini ripreso a Misano mentre piega più di Mario Lega”. In effetti è così, pura coincidenza. Mario dopo quella pubblicazione mi ha mandato una mail dove si rammaricava di aver ricevuto un trattamento simile, che era rimasto molto male, che ci considerava degli amici invece l'abbiamo deriso pubblicamente ecc., ecc... Quando l'ho ricevuta sono sbiancato e ho risposto immediatamente replicando con balbettii e infinite scuse, che era una battuta che mai mi sarei permesso ecc., ecc... Mario è un burlone, mi stava prendendo per i fondelli, e io ci sono cascato come un pollo.

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