Ad un primo sguardo sembrerebbe una Hornet Cup, invece le tante parti in carbonio e la colorazione sono il risultato che si può ottenere con il kit della Rossocromo per Honda Hornet SEGUE...
Come è fatta
Nel paddock dell’autodromo di Franciacorta
(Rezzato - BS), attiriamo gli sguardi mentre scarichiamo dal furgone la
nostra Honda special: vista di sfuggita sembra proprio una delle moto che
corrono nel trofeo Hornet Cup, ma alcuni dettagli rivelano che è qualcosa
di diverso. Bianca con fregi tricolori e accessoriata con un tripudio di
fibra di carbonio: parafanghi, puntale, cupolino e coprisella fanno parte
del kit che RossoCromo, il fornitore ufficiale della Hornet Cup, fornisce
per impreziosire la nuda Honda. Fanali, specchietti e targa vengono smontati
in pochi minuti: restano i fanali e il silenziatore cromato a dichiarare
che non si tratta di una moto da gara. L’avantreno appare più muscoloso:
oltre al cupolino più compatto e uniforme, grazie all’adozione di un
piccolo
parabrezza in carbonio, spiccano le nuove piastre in ergal che abbracciano
gli steli forcella. Entrambe sono del tipo a tre bulloni: look massiccio
e maggior rigidità. Sulla piastra superiore, una coppia di riser anodizzati
oro stringono un manubrio oversize nero opaco, più largo dell’originale
(790 mm contro 715) e più distante di 50 mm dal piano di seduta. Una volta
in sella quindi ci troviamo ad afferrare le manopole inclinandoci maggiormente
col busto, assumendo una posizione più consona alla guida sportiva.
Test in Pista
Entriamo in pista con andatura tranquilla, per scaldare le Michelin Pilot
Power, che però raggiungono presto la temperatura d’esercizio,
permettendoci
di alzare il ritmo già prima di completare il primo giro. La posizione
in sella, più aggressiva rispetto al modello di serie, è ottima per il
circuito: le pedane arretrate mantengono la distanza dalla sella della
Hornet di serie (455 mm) e ciò non costinge le gambe ad una posizione troppo
rannicchiata; in più il largo manubrio offre un’eccellente leva per
governare
la moto nei rapidi cambi di direzione. I freni rispondono in maniera costante
anche dopo molti giri, senza mostrare problemi di fading. Nessun appunto
al motore, tutto di serie e con lo scarico originale: tra le naked 600,
la Hornet è quella con la coppia più generosa (5,92 kgm a 10.500 giri)
e disponibile già ai regimi più bassi. Nella stretta curva che precede
il rettilineo finale e nei sucessivi tornantini lenti prima del traguardo
basta tenere il motore sopra i 5.000 giri per uscire dalle curve con rapidità
e progressione. Il vero limite di questa special risiede nel ridotto angolo
di piega. Sul modello di serie sono le pedane - basse e con lunghi piolini
- ad avvisare che è il caso di non insistere. Nella versione da noi provata
invece il kit pedane arretrate offre maggiore luce a terra, ma è il puntale
in carbonio a toccare presto l’asfalto in piega. Nelle foto, avrete
notato,
è tutto grattato a dovere, ma il problema non è solo estetico: nell’ultimo
tornantino a destra dell’autodromo di Franciacorta, che si percorre a
moto molto inclinata e in leve contropendenza, ci è capitato che il contatto
del puntale sul terreno facesse “da perno”, arrivando a far perdere
aderenza
alla ruota posteriore, con conseguente sbandata. Un setting più rigido
del monoammortizatore (magari alzando anche un po’ il retrotreno)
mitigherebbe
questo gap, migliorando al contempo la precisione in uscita di curva, dove
l’elemento di serie tende a comprimersi un po’ troppo.