Introduzione
Dopo la 250 (mai importata in Italia)
e la 600, best seller delle moto nel 2000 e 2001, è arrivata la hornettona:
919 cc e 110 CV per una naked "dura e pura".
Ricetta che vince non si cambia. Non è
esattamente questo il detto, ma gli uomini marketing della Honda devono
aver applicato questo concetto per decidere di dar vita alla Hornet 900.
I dati di vendita danno loro ragione, perché la maxi naked di Tokyo, in
listino da pochi mesi, è già la più venduta del suo segmento. Merito
probabilmente del traino della sorellina di 600 cc, apprezzatissima media
tuttofare, in grado di andare a spasso con un filo di gas come di
“urlare”
sui percorsi più divertenti. Chi voleva una Hornet più potente, più veloce,
con più coppia e anche dalla maggiore autonomia, ha trovato la soluzione.
Nessuna costosa elaborazione: è “bastato” il motore della
Fireblade
in configurazione ’98 (arricchito dall’iniezione
elettronica)
ed un irrigidimento del collaudato telaio monotrave in acciaio,
per dar vita al clone “anabolizzato” della moto di maggior successo
degli
ultimi due anni.
Esteticamente è del tutto simile alla
versione di 600 cc. Si differenzia per il codone più slanciato, con
un gruppo ottico differente e per la presenza di due terminali di
scarico,
sempre rialzati, al posto di quello singolo sul lato destro.
Il faro anteriore è ora a superfici complesse e con vetro liscio. Perde
la cromatura l’esterno della strumentazione mentre la guadagnano i
contorni
dei due semplici strumenti circolari di tachimetro e contagiri,
all’interno
dei quali trovano alloggiamento il contakilometri (digitale) e il
termometro del liquido refrigerante.
I comandi al manubrio sono quelli arcinoti
di buona parte della produzione Honda.
Per far fronte alle maggiori sollecitazioni del motore, lo spessore dei
tubi quadri del telaio passa da 1,6 a 2,3 mm. Un monoammortizzatore
regolabile nel solo precarico molla è ancorato al bel forcellone
in alluminio senza elementi progressivi. All’anteriore, gli steli
della forcella tradizionale (non regolabile) passano da 41 a 43 mm mentre
i dischi, da 296 mm di diametro, hanno ora pinze a 4 pistoncini.
La prova su strada
La posizione di guida è davvero azzeccata: il busto non è del tutto eretto,
il manubrio ha la giusta larghezza e le pedane non sono troppo arretrate.
Ne risulta un’immediata confidenza ed una postura comoda
grazie
anche alla sella confortevole. Il passeggero ha una
sistemazione
più che dignitosa, lamenta solo una sella scivolosa ed un maniglione lontano
(e dalla conformazione che non agevola la presa).
Il doppio scarico alto, agli indubbi benefici estetici, associa
un fastidioso effetto “aromatizzante” degli
indumenti: poca cosa
per chi usa solo abbigliamento dedicato, ma fastidioso se la destinazione
è un giretto in centro con abiti normali.
Non sono all’altezza dello standard Honda le finiture.
Considerando
che le sovrastrutture sono in pratica solo il serbatoio ed il codone, ci
si aspetterebbe di più dalla componentistica, invece leve, comandi a pedale
e specchietti sono di fattura troppo economica.
Come è facile immaginare, il vero protagonista è il motore. Potente,
pastoso, pieno, permette di riprendere con l’ultimo rapporto inserito
fin da 1500 giri. Comincia a spingere con vigore dai 3500 giri e mantiene
valori di coppia poderosa su tutto l’arco di erogazione (a 4000
giri ci sono già quasi 8 kgm !), senza picchi o esplosioni improvvise di
potenza. Sviluppa quasi 100 CV alla ruota (a 9000 giri) con una
coppia massima di 8,69 kgm a 6500 giri.
La velocità massima (240 kmh effettivi) viene raggiunta con non
poca fatica da parte del pilota. La completa esposizione all’aria
obbliga a cercare la posizione più sdraiata possibile, necessaria tra
l’altro
anche per viaggiare a velocità di crociera superiori ai 140 kmh.
La ciclistica non è delle più rigorose. La forcella è troppo cedevole
e ci sarebbe bisogno di un telaio più rigido per sfruttare appieno, nella
guida sportiva, il grande potenziale del generosissimo motore.
Ottima la trasmissione, esente da giochi e resistente la frizione,
modulabile ma un po’ duretta nell’intenso uso cittadino.
Ridottissime
le vibrazioni, che si avvertono soltanto in rilascio, agli alti regimi
e riprendendo con la marcia alta da basso numero di giri.
Infine i consumi. L’iniezione elettronica ha portato grossi benefici,
tanto che sia nell’uso extraurbano che a velocità costante (130 km/h)
si riescono a percorrere quasi 18 km/l. Uniti ai 19 litri di capienza
del serbatoio, l’autonomia risulta migliorata rispetto alla versione
di 600 cc.