L’arrivo della rinnovata Ducati 749 S, della nuova Suzuki GSX-R 600 e
della Triumph Daytona 600, è stata l’occasione, a distanza di un anno,
per ripetere il confronto tra le medie supersport. Su strada, la Suzuki
fa valere il suo grande equilibrio, in pista, le gomme Dunlop premiano
la Kawasaki.
Anche
lo scorso anno, sul
circuito di Le Luc,
avevamo messo
a confronto le 600 supersport. Complici i Pirelli Supercorsa di cui dotammo
le moto, ne uscì vincente la Honda CBR600RR, complessivamente la più efficace
in pista. Un anno dopo
siamo tornati sul circuito francese per
ripetere
la prova, necessaria a verificare i progressi di Ducati e Suzuki e per
provare la Triumph Daytona 600.
Nella prova in circuito, come sempre, abbiamo dotato tutte le concorrenti
degli stessi
pneumatici.
Quest’anno però abbiamo optato per la
Dunlop, che con i nuovi
D208GPA
ha fatto un bel passo avanti rispetto ai D207GP da cui derivano e che,
come vedremo, si sono sposati particolarmente bene con la ciclistica della
Kawasaki ZX-6R.
Tutte le moto della comparativa, Ducati esclusa, hanno
telai perimetrali
in alluminio, con bretelle che abbracciano il motore su Yamaha e Honda.
La 749S ha invece l’irrinunciabile traliccio in tubi di acciaio tipico
delle moto di Borgo Panigale.
I
propulsori adottano invariabilmente, sempre Ducati esclusa, la
configurazione a 4 cilindri in linea frontemarcia, con distribuzione a
4 valvole per cilindro, raffreddamento a liquido ed alimentazione ad iniezione
elettronica. Il cuore della 749S è invece un bicilindrico ad “L” di
748
cc. Le 4 cilindri hanno tutte
cilindrata di 599 cc, tranne la Kawasaki
ZX-6R che si prende un piccolo vantaggio in termini di coppia e potenza
grazie ai 636 cc del suo propulsore.
Una caratteristica comune a tutte è la presenza di
prese d’aria
dinamiche
sul cupolino, in posizione centrale su Kawasaki, Triumph e Yamaha, sdoppiata
su Ducati, Honda e Suzuki.
I
forcelloni, tutti in alluminio, hanno capriata di rinforzo su
Honda, Suzuki e Yamaha, sono invece bi-braccio su Ducati, Kawasaki e Triumph.
La
forcella, pluriregolabile per tutte, è del tipo upside-down su
Ducati, Kawasaki e Suzuki, ma queste ultime due vantano anche
pinze
freno ad attacco radiale. Forcella tradizionale per Honda, Triumph
e Yamaha. Per tutte pinze a 4 pistoncini.
Per quanto riguarda gli
impianti frenanti rileviamo un
“balletto”
di misure dei dischi da disorientare anche i più attenti: in ordine crescente,
280 mm sulla ZX-6R, 298 mm sulla R6, 300 mm sulla GSX-R, 308 mm sulla Daytona,
310 mm sulla CBR-RR e 320 mm sulla 749S. Al posteriore invece, 220 mm e
pinza a 2 pistoncini per tutte, tranne sulla Ducati che monta un disco
da 240 mm ma con pinza a pistoncino singolo.
Il
monoammortizzatore, ovviamente pluriregolabile, è ancorato
superiormente
al telaio, tranne che sulla Honda (che ha un sistema molto simile a quello
della RC-V da MotoGP). Sulla Ducati, una pratica asta filettata permette
di regolare l’altezza del retrotreno. La bicilindrica bolognese è la più
regolabile del lotto, in quanto possono essere variati anche
l’inclinazione
del cannotto di sterzo, la posizione del blocco sella-codone e le pedane.
Per motivi diversi, le supersport della prova sono tutte molto
accattivanti
e scegliere quale piace di più è davvero difficile. Noi facciamo notare
il
faro sdoppiato su tutte tranne Ducati e Suzuki, che ne adottano
uno a doppia lampada e sviluppo verticale.
Fedeli al sempre bello
scarico laterale Kawasaki, Suzuki, Triumph
e Yamaha; Ducati segue la linea dello scarico sottosella già tracciata
dalle antenate, “filosofia” a cui si è convertita anche la Honda con
la CBR-RR.
Hanno tutte il parafango posteriore, tranne Ducati e Suzuki, che sono anche
le uniche a montare l’ammortizzatore di sterzo.
Bellissimi
cerchi a 5 razze per R6 e 749S (razze sdoppiate), a 3
razze su tutte le altre.
Infine un’occhiata alle complete
strumentazioni rivela la scelta,
ormai un “must” tra le sportive”, di contagiri analogico
(semianalogico
sulla Kawasaki) affiancato da display multifunzione.