Il boom
Il fenomeno Supermotard prende sempre più piede. Basta provarne una per
capire il perché. Scattanti, agilissime e leggere, fanno riemergere il
“bambino” che c’è in ognuno di noi. Vi proponiamo una
comparativa tra
le SM stradali, cioè non da gara e omologate per il trasporto del passeggero.
Verde, gialla, arancione o rossa, scegliete la vostra.
Difficile trovare ancora qualche motociclista che non sappia cos’è una
supermotard. La ricetta è facile facile e tutta riassunta in
due
elementi: ruote e freni. Da 17 pollici le
prime, per montare
gomme sportive, da 320 mm il disco anteriore, per frenare oltre
il limite razionale suggerito dal rapporto velocità/spazio a disposizione.
Tutto il resto è venuto dopo, quando il fenomeno supermotard ha valicato
i confini francesi, patria di quella che è ormai una specialità
mondiale. Gli americani cominciano a scoprirla e i giapponesi
aspettano.
Cosa? Che i “paletti” siano ben definiti.
Le supermotard, loro, vorrebbero farle, ma vogliono che dietro ci
sia un progetto ad hoc, non un adattamento a qualcosa che non avevano previsto.
Filosofia giapponese. Presto arriveranno anche loro e… ne vedremo delle
belle. Ancora un po’ di pazienza.
Parliamo delle protagoniste di questa prova. Penserete che la piccola
Suzuki DR-Z 400 SM non c’entri con le altre tre visto che sono oltre 600
cc. Il motivo è che si tratta di una delle poche supermotard non
specialistiche,
di quelle che puoi andarci a fare la spesa, portarci a spasso la fidanzata
ed andarci in circuito guidandola anziché portarla con il carrello.
La DR-Z, insieme alla XR, sono enduro studiate per il mercato
americano, dove gli spazi sono ampi e si va a manetta magari nel deserto
anziché arrampicarsi sù per mulattiere.
La KTM LC4 è un prodotto maturo, ben accessoriata e rifinita è quella
più attenta all’uso stradale vero e proprio. Infine la CCM,
originale,
diversa ma anche “acerba”, l’unica con codone da moto
stradale e cerchi
in lega anziché a raggi.
Sempre pronte allo scatto ed a guizzare tra una curva e l’altra, regalano
grande maneggevolezza in tutte le situazioni. Il prezzo da pagare
è qualche vibrazione di troppo e la scarsa propensione ai lunghi
tragitti.
Attenzione alle gomme: le SM usano quelle da 17 pollici sviluppate
per le sportive stradali, quindi con carcasse e mescole studiate
per maggiori carichi e temperature. Il risultato è che su moto da 150
kg e 150 km/h non rendono al massimo, assorbono poco le asperità e
faticano ad entrare in temperatura.
Vediamo come vanno.
CCM R30
Nella sua livrea verde acido non passa certo inosservata.
E’ la
più originale, l’unica che non è
“transitata” dentro l’anima
di una enduro. E’ nata così, supermotard stradale a
tutti gli effetti.
La posizione di guida non ci è piaciuta. Infossata, con
la sella
troppo inclinata nella parte posteriore e il manubrio “in
bocca”.
La forcella ha una buona scorrevolezza ma è abbastanza cedevole
per l’uso stradale. Senza infamia e senza lode i freni. Il
motore è il Suzuki 650 raffreddato ad aria che equipaggiava
la DR 650 e che oggi trova “lavoro” sulla Freewind, oltre che,
appunto,
sulla CCM.
E’ un motore tranquillo, affatto sportivo, piacevole da
usare
ma dall’erogazione poco aggressiva. Il cambio si comporta
bene,
come del resto il motore, buono per tutti gli usi senza brillare in nessuna
situazione in particolare.
Finiture ed accoppiamenti potrebbero essere decisamente migliori.
Per accensione, bloccasterzo e sella occorrono
tre chiavi diverse. La sella sfrega sul serbatoio e scricchiola. Le
pedane del passeggero appaiono poco solide.
Bella la forcella a steli rovesciati ed il manubrio Renthal
ma la strumentazione, per quanto ospitata su un foglio di
carbonio,
è bruttina e di aspetto povero. Insomma, l’idea c’è, la moto piace
ma
per 9.161 euro ci si potrebbe aspettare una realizzazione più curata.
Honda XR 650R SM
Due moto, più di ogni altra, evocano il fascino dell’enduro: Yamaha TT
e Honda XR. I fans della fortunata serie XR possono godersela
anche
in versione supermotard grazie alla lungimiranza
dell’importatore
italiano. Niente da fare per la moto di Iwata. Nonostante i
concessionari
implorino per la TT-R anche l’omologazione con ruote da 17 pollici, consci
che ne venderebbero tantissime, i vertici della Casa dei tre diapason da
“quell’orecchio” non ci sentono.
E allora eccoci alla prova della XR SM. Passata da qualche anno
dal 591 cc raffreddato ad aria al 649 cc raffreddato a liquido,
l’XR 650 di cavalli ne ha da vendere. Ci è piaciuta molto, per il
motore,
per come si guida, per come è fatta. Un difetto ce l’ha, e nemmeno da
poco: le manca l’avviamento elettrico, il “magico”
bottone ormai
universalmente presente su quasi tutto quanto si muove a due ruote a motore.
Fianchi stretti, posizione in sella da cui si domina sempre la situazione,
un motore sempre generoso ed un bel telaio in alluminio.
Originariamente è una enduro per il mercato americano ed infatti
in Europa non riscuote molto successo, ma questa versione supermotard
è proprio “la morte sua”.
Nel suo DNA c’è comunque l’anima racing, testimoniata da
finiture
curate sì, ma spartane: non c’è il blocchetto di accensione, il
bloccasterzo è sul cannotto di sterzo e la strumentazione è ancora
quella della vecchia XL 600.
In sella alla XR650 SM ci si ritrova a giocare sempre con il gas.
E’ una goduria infilare le marce una dietro l’altra sentendo nelle
mani
le “pistonate” del grosso mono, sempre pronto, sempre
generoso,
dall’erogazione lineare e potente.
E’ agile e maneggevole, anche precisa perché gode di un assetto
abbastanza rigido.
Il cambio è ottimo, veloce e preciso. Ottimi i freni,
più per potenza che per modulabilità.
Ce la siamo “litigata”, nessuno voleva cederla a chi di turno.
Peccato
per quel pulsante che non c’è. Chissà che non arrivi, magari
proprio
ad opera dello stesso importatore.
La XR 650 SM costa 9.111 euro
KTM LC4 Supermoto
Arancione come tutte le “Kappa”, la LC4 è
un progetto maturo,
ben confezionato, rifinita con cura. Lo si vede dai dettagli e
dalla
componentistica: forcella a steli rovesciati, silenziatore in
acciaio
inox, strumentazione digitale, maniglie per il passeggero,
borsa
portattrezzi.
Il motore però è poco trattabile ai regimi medio/bassi. Di
potenza ne ha più che a sufficienza, meno della XR, però
la giapponese è più piacevole da gestire, è più cattiva ma allo stesso
tempo più trattabile. Le vibrazioni della LC4 sono eccessive
ed è un peccato considerando che è quella meglio studiata per un utilizzo
quotidiano.
La posizione in sella è comoda, avanzata, il manubrio è sotto
al naso e si ha un’ottima percezione di cosa fa
l’avantreno.
Delle quattro moto in prova è l’unica equipaggiata con le Pirelli MT
60 R, tassellate ma ribassate, nate quando il fenomeno supermotard
stava nascendo e la predisposizione ai tratti sterrati era considerata
necessaria. Oggi non è così, tanto che anche le supermotard racing usano
gomme slick intagliate.
E’ forse per questo che la LC4 in inserimento di curva è brusca,
va giù di colpo, in maniera poco progressiva.
Lo scotto da pagare per la maggiore completezza della componentistica è
un peso un po’ alto che si coglie nei rapidi cambi di
direzione,
dove invece la piccola Suzuki e la Honda XR brillano regalando intense
emozioni di guida.
La KTM LC4 640 Supermoto costa 8.181 euro
Suzuki DR-Z 400 SM
Bella, agilissima, ben rifinita e
divertentissima. Avesse
quei 250 cc che mancano all’appello sarebbe un osso
duro, durissimo,
per tutte le concorrenti. In ogni caso il gap prestazionale si
avverte
più che altro in allungo perché quando c’è da guidare
“cattivi” si
fa valere alla grande. Digerisce i tornanti come fossero
“pavesini”
e quando si spalanca il gas non si fa certo pregare per dare una bella
spinta.
Tra le gambe è molto stretta e solo la sella è un po’ alta,
tuttavia
dopo pochi chilometri sembra cucita addosso al pilota.
Il motore è un gioiellino di quelli che sanno fare i giapponesi
quando ci si mettono: silenzioso di meccanica, è regolare ai bassi
regimi,
sale deciso e allunga senza incertezze.
Volendo giudicarla si potrebbe dire che non ha la potenza della
XR, l’originalità della CCM e le finiture della KTM ma
sintetizza
alla perfezione cosa di aspetta chi investe oltre 8.000 euro in una supermotard
non estrema: facilità, divertimento e la possibilità di qualche
uscita in pista senza complessi di inferiorità.
Le sospensioni ci vorrebbero un po’ più dure, infatti la
taratura
è esattamente quella della versione enduro da cui deriva. Ne
consegue qualche trasferimento di carico di troppo, tuttavia sempre gestibile
e mai fastidioso. Cambio e freni (dischi Braking a margherita) fanno
la loro parte.
La Suzuki DR-Z 400 SM costa 8.153 euro
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