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Comparativa maximotard: quattro caratteri diversi, ognuna divertente in una situazione

Aprilia Dorsoduro, BMW HP2 Megamoto, Ducati Hypermotard 1100S, KTM Supermoto 990 sono le sole rappresentanti di un segmento recentissimo , le differenze notevoli tra prezzi d’acquisto e cilindrate, parlano chiaro: ogni Casa si rivolge ad un appassionato diverso, che sia sempre e comunque alla ricerca del puro piacere di guidare e che ritenga queste quattro moto come valide alleate anche nel traffico del dopo-ufficio.

Le protagoniste




LE CONCORRENTI
Sono le sole rappresentanti di un segmento recentissimo, creato dalla KTM Supermoto 950 nel 2005, e cresciuto prima con la BMW HP2 Motard (2006), poi con la Ducati Hypermotard (2007) e infine con la Aprilia Dorsoduro (2008). Un segmento in cui, le differenze notevoli tra prezzi d’acquisto e cilindrate, parlano chiaro: ogni Casa si rivolge ad un appassionato diverso, che sia sempre e comunque alla ricerca del puro piacere di guidare e che ritenga queste quattro moto come valide alleate anche nel traffico del dopo-ufficio. Alte (Megamoto più di tutte), con fianchi snelli e un sacco di sterzo, le motardone scivolano fra le code con agilità. BMW crea qualche perplessità al pilota per la larghezza del motore boxer, ma finché non si tratta di passaggi veramente azzardati, tiene il passo svelto del gruppo. Così Ducati, che deve però viaggiare in configurazione “fuorilegge”, ovvero con gli specchietti laterali chiusi; in caso contrario, è l’ultima ad arrivare all’aperitivo. Di fronte ai locali “in” Hypermotard e Megamoto sono le più ammirate, e non solo per i numerosi particolari in carbonio. Semplicemente, piacciono di più un po’ a tutti, ma è la rossa di Borgo Panigale a vincere ai punti. Come molte sue sorelle, KTM divide: piace molto oppure per nulla; di sicuro è quella con l’aspetto più “ignorante”. La Dorsoduro cela sotto un nero quasi timido forme azzecatissime, che hanno il grande pregio di ben figurare anche di fianco a moto che costano da 2.000 (KTM) a 9.510 (BMW) euro in più.

In autostrada





IN AUTOSTRADA
la protezione offerta dall’Hypermotard è pressoché nulla. Il pilota, dalla vita in su, è completamente esposto all’aria, ed è quindi obbligato ad aggrapparsi al manubrio. Basta la turbolenza di un camion e, complici l’inclinazione del cannotto di sterzo e l’interasse minori del lotto, lo sterzo comincia ad oscillare. Le altre tre moto non sono così “sensibili”, e i piccoli cupolini proteggono circa mezzo busto. E in termini di stabilità, la Megamoto risulta la migliore. Grazie a quote ciclistiche particolarmente favorevoli non si scompone neanche quando la velocità cresce notevolmente e l’effetto vela creato dal pilota innesca qualche oscillazione prima sullo sterzo di Aprilia, poi di KTM. Al casello, arriviamo con tre spie della riserva accese dopo soli 130 km. L’eccezione ha un grosso serbatoio arancione da ben 19 litri, 7 in più di Aprilia, 6,6 più di Ducati e 5 in più di BMW. In termini pratici la Kappa riesce ad unire l’utile…all’utile: ovvero tanta autonomia e una buona snellezza dei fianchi.

Fra i tornanti





FRA I TORNANTI
L’Hypermotard è la prima a fiutare una serie di curve che si inerpicano in montagna, e prova a scappare. Polso spezzato alla ricerca di tutta la spinta possibile, e il “desmotore” mostra di avere la sua arma migliore nella notevolissima coppia ai bassi e medi regimi, dove ripaga con forza vellutata ogni richiesta del pilota. La Kappa si lancia all’inseguimento, mettendo in campo una miscela esplosiva di coppia sempre sostanziosa, rapportatura corta e cavalleria da record. Ovvero, rabbiose impennate di gas nei primi due rapporti. La Megamoto traduce i muscoli che il suo boxer “spalma” lungo tutto l’arco d’erogazione in pura accelerazione, e schizza di fianco alla K con la ruota anteriore che rimane a due dita dal suolo per decine di metri: al semaforo, nessuna è in grado di superarla. A qualche metro da tanta esuberanza, la Dorsoduro è più “educata” nella risposta all’acceleratore, anche se con la mappatura “Sport” inserita il bicilindrico è molto pronto a guadagnare giri. Ed è altrettanto vigoroso, anche se con una risposta al gas più dolce, in modalità “Touring” (la “Rain” è utile solo in caso di pioggia). La coppia che è in grado di esprimere ai medi e bassi regimi è sempre sufficiente ad una guida più che brillante, ma per minimizzare il gap di cilindrata che la separa dalle altre, l’Aprilia deve sfruttare gli alti regimi, dove ha potenza sufficiente a vendere cara la pelle. Almeno finché si gioca sullo stretto. Appena il raggio delle curve aumenta e compare qualche rettilineo, BMW sale in cattedra, grazie ad una posizione di guida comoda, col busto leggermente caricato in avanti, che rende il misto veloce un territorio ideale per la ciclistica della Megamoto. Il setting della tedesca restituisce al pilota una gran fiducia sull’avantreno. Inserimenti sempre neutri e percorrenze “chirurgiche”, possibili anche grazie ad una taratura rigida delle sospensioni di ottima qualità, sono il suo asso nella manica. Ancora una volta, la Supermoto si mette in scia alla “lepre” di turno, con il faro che punta il cielo ogni volta che una sconnessione alleggerisce l’anteriore. Una posizione di guida da vera motard con busto dritto, manubrio alto e largo e gambe ben distese, aiuta a tenere a bada (o assecondare) tanta sostanza. In questo, KTM e Dorsoduro si assomigliano molto, ma i fianchi dell’italiana sono leggermente più snelli. Le sospensioni con 40 mm di corsa in più rispetto alla media del gruppo rendono la Kappa abbastanza ondeggiante sul veloce: è una caratteristica fisiologica, a cui ci si abitua dopo pochi metri in sella. E se questo vuol dire non avere una precisione paragonabile alla tedesca sui curvoni molto veloci con asfalto liscio, significa anche che su fondi rovinati l’austriaca filtra le sconnessioni e fila via come nessun’altra. Inoltre, da motard purosangue, non accusa mai un fondocorsa se un eccesso di creatività spinge il pilota ad affrontare qualche salto, magari in semplici tratti di off-road.

Sorpresa italiana





SORPRESA ITALIANA
Più indietro, le italiane si studiano da vicino. Hypermotard guadagna 10-15 metri ad ogni uscita di curva, ma Aprilia, si fa di nuovo sotto in staccata e percorrenza. La rossa di Borgo Panigale ha una posizione di guida unica: la prima sensazione, una volta in sella, è quella di non essere seduti in centro alla moto, ma quasi sopra la ruota anteriore. Questo fa si che il feeling con la ruota anteriore fatichi ad innescarsi e, soprattutto per le prime curve sul veloce, si inserisce la moto e si percorre la curva tenendosi un po’ più di margine che sulle altre. Salvo poi capire che l’anteriore non “chiude”, e che ci si può fidare al 100%. Là davanti frenano, la strada comincia a scendere e le curve si stringono molto. Col posteriore che disegna lunghe righe nere in frenata, grazie anche ad un impianto frenante potente e perfettamente modulabile, la bicilindrica veneta risale la china. Ora sono tre le moto che possono dire la loro: solo BMW rimane mezza curva dietro, nonostante un’ottima resa dei freni. Le buone qualità che l’hanno fatta apprezzare sul veloce rimangono, ma quello che manca ora è un po’ di agilità e di rapidità nella correzione delle traiettorie. Doti che Aprilia, Ducati e KTM annoverano ai primi posti nei loro curriculum. Ed  è proprio la prima di queste tre a sorprendere maggiormente. Insomma, che Supermoto e Hypermotard fossero efficacissime e molto veloci nello stretto, ce lo aspettavamo. Che la Dorsoduro rimanesse attaccata ai loro scarichi con tanta insistenza, forse no. Eppure, la sua ciclistica facile e perfettamente a punto rende semplice per chiunque tenere un ottimo passo. Ancor di più una volta smorzato un po’ il precarico del mono posteriore, troppo secco nella taratura di serie. Risolta questa imperfezione, le uniche pecche rimangono il cambio, abbastanza duro negli innesti (soprattutto in scalata) e un comando della frizione leggermente resistente alla trazione, al pari di quello Ducati. La rossa bolognese, nel frattempo, fa valere il suo peso piuma nei cambi di direzione, dove nessuna più di lei riesce ad amalgamare rapidità e neutralità nelle reazioni della ciclistica. Certo, il merito non è unicamente della leggerezza. Il reparto sospensioni di prim’ordine da un contributo sostanzioso. La taratura standard tendenzialmente rigida del mono, dotato comunque di ottima scorrevolezza, appare già perfetta; per quanto riguarda la forcella, abbiamo precaricato un filo le molle e aumentato la frenatura idraulica in compressione. Questo, per meglio controllarne l’affondamento, che appare un po’ troppo repentino (ma solo quando il pilota chiede all’impianto frenante Brembo tutta l’enorme potenza di cui è capace). Dall’azienda bergamasca arriva anche l’impianto frenante che sta aiutando KTM in un’opera di pittura del manto stradale con infinite righe nere. Forse, la pompa e le pinze della Kappa non sviluppano la stessa potenza di quelle montate su Ducati, ma riescono ad amalgamare alla perfezione forza e modulabilità, sia all’anteriore che al posteriore. Anche per questo, è l’austriaca la prima del gruppo che si avvia verso casa.
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