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Leggerezza: essenza della moto o limite?

Il peso della moto è un fattore molto importante: “Viva le moto piccole e semplici, più facili e foriere di sensazioni pure”. “Ma vuoi mettere il piacere di viaggiare cullati da una maxi-tourer?”. Botta e risposta tra due giornalisti di Motociclismo

Leggerezza: essenza della moto o limite?

Con il numero di Motociclismo datato maggio 2013 partiva l’appuntamento periodico con L’Opignone, un “botta e risposta” tra i nostri redattori su argomenti intriganti del mondo delle moto. Il nome di questa rubrica è un gioco di parole che contiene i vocaboli “opinione” e “pignone” (l’ingranaggio più piccolo della trasmissione secondaria di una moto). Ora anche sul sito internet della nostra rivista proponiamo un appuntamento fisso con questi suggestivi dibattiti tra colleghi: oggi “L’Opignone” di Nicolò Codognola (già protagonista di “I pro e i contro del parlare di moto sui social”) e Marco Riccardi, che espongono la loro idea sulla leggerezza di un mezzo a due ruote.

 

NICOLÒ CODOGNOLA – IL DRITTO

Una moto potente, grossa, imponente e super-accessoriata. Appena presa la patente, da ragazzo, sognavo di bruciare alla svelta al gavetta con la 125 per arrivare presto un giorno ad avere una maximoto, che mi consentisse di viaggiare in pieno comfort. Questa concezione si rifletteva anche sulle auto: adoravo i macchinoni americani, opulenti e magnifici. Con gli anni però ho cambiato idea. Totalmente. Oggi ho una moto monocilindrica e una vecchia automobile che pesa meno di una tonnellata. Senza raggiungere gli estremi esempi di chi, come il nostro globetrotter Simone Cannizzo, percorre il mondo in sella a cinquantini o poco più, ho scoperto il piacere del viaggiare leggeri. Colin Chapman, il papà delle Lotus, diceva “If you want more speed, add lightness”: se vuoi più velocità, aggiungi leggerezza. Ma non è solo questione di chilometri all’ora. Né, in definitiva, di agilità. Una moto può essere rapida e maneggevole anche pesando tre quintali (la comparativa delle maxicruiser dello scorso anno ce lo dimostra). Credo si tratti di confidenza e possibilità. Confidenza con un mezzo che è più reattivo e sensibile; meno confortevole, anche, ma che alla fine senti più “tuo”, in una sorta di rapporto paritetico uomo-macchina. E possibilità di correggere una manovra sbagliata, di rimettere in piedi la moto con più facilità se cade, di affrontare percorsi più difficili senza patemi. Così ho cominciato a non gradire le maxiendurone che tanto vanno di moda, potenti e mastodontiche, o le tourer mega-accessoriate. Certo, un lungo viaggio passa più in fretta confortati dall’agio di una carenatura protettiva e di un motore che può correre a 130 km/h con un filo di gas. Ma poi si perde il gusto di “sentire” la strada, non siete d’accordo?

 

MARCO RICCARDI – IL TRAVERSO

Caro Nicolò, io la penso quasi al contrario. Ho detto quasi, perché ovvio che apprezzo la leggerezza di una moto “leggera”, certamente meno impegnativa sul piano fisico non solo in città o sui tornanti del Maloja, ma non mi dispiace il senso di solidità che riesce fisicamente a darmi una “supermaxi” quando la guido. E mi spiego. Con il passare degli anni - oggi sono quarantacinque quelli sulla sella di una moto da quando posso salirci, a cominciare dal mitico Gilerino 50 color crema - e l’aumento della mia di “stazza”, mi sono convinto che le moto che superano i 300 kg non sono certo da scartare. Due anni fa, il mese di agosto, sono andato negli USA per il test delle nuove Harley-Davidson tourer, quelle della famiglia Electra Glide, poderose bicilindriche per sterminati spazi. Ebbene, se c’è una moto che davvero riesce a dare una fisica sensazione di grande robustezza e sicurezza è proprio questa H-D. Che non si guida per niente male anche sul bagnato e quando il percorso si fa tortuoso. Certo il peso c’è sempre quando la devi spostare, ma hai il sostegno di una sella bassa, larga e comoda per piazzare bene i piedi per terra e aiutarti al meglio. E poi, non sei tu che hai avuto per tanto tempo una mastodontica Gold Wing? Con questa Honda 1800, dal fantastico motore sei cilindri e dal baricentro rasoterra, si fanno letteralmente i numeri anche salendo al Passo dello Stelvio. E pesa la bellezza di 421 kg col pieno di benzina. Le Lotus di Chapman saranno state anche dannatamente veloci e hanno contribuito allo sviluppo delle F1, ma non erano proprio robustissime, forse proprio per la esasperata ricerca della massima leggerezza. Andavano forte, però erano guidate da straordinari piloti come Jim Clark, Jochen Rindt, Ronnie Peterson, Emerson Fittipaldi, gente che se avesse avuto tra le mani anche un cancello avrebbe vinto lo stesso...

 

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