Prendendo in prestito la terminologia calcistica, mi sono stancato del “motociclismo parlato”. Quello fatto di chiacchiere da bar, delle infinite e sterili diatribe che intasano i forum (meglio italiane o giapponesi, due o più cilindri, pista o strada…), delle allucinate visioni di taluni tifosi di questo o quel pilota, delle noiose dissertazioni di improvvisati tecnici, di litigi più o meno furiosi tra organizzatori di gare e promoter, e via di questo passo. Voglio più “motociclismo giocato”. Perché la nostra passione è proprio un gioco, la moto un balocco e noi bambini un po’ cresciuti. Un gioco che poi sì, racconteremo ad amici, figli e nipoti. Ma per farlo abbiamo bisogno di viverla, questa passione, con due ruote e un motore. E allora via in sella, per giri interminabili su strada o turni liberi in pista o gite nei boschi. Senza tante paturnie. Vanno bene anche le nottate chiusi nei box a pulire, mantenere e magari - perché no? - modificare le proprie moto. Purché si faccia con gioia e divertimento. Conoscere come funziona una moto è indispensabile, sapere come va è opportuno per scegliere quella giusta, aspirare a guidarla con l’abilità di un pilota è aspirazione comune, poterla migliorare è fantastico, adattarla alle proprie esigenze è l’apice della perfezione. Ma a volte si passa - anzi si perde – troppo tempo a discutere, ad accapigliarsi, a farneticare su ogni argomento, lasciando la moto ferma. Quando invece lei – e noi pure - ha bisogno di muoversi, rombare, sfrecciare, accompagnarci nei nostri giochi.
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