Senza un preciso ordine inizierei col dire che, almeno una volta, bisognerebbe andare sull’Isola di Man a vedere il Tourist Trophy. Arrivi, ti sistemi e corri a bordo pista (pista? strada, volevo dire) aspettando l’inizio delle prove. Attorno a te un mucchio di appassionati, un pubblico da grandi occasioni, tutti con lo sguardo rivolto lontano, dove scompare la strada. Poi senti l’urlo di un motore, e il vociare cessa. Chi c’è in sella tira tutte le marce al limitatore, manco fosse a Monza. Solo che davanti a te c’è una stradina a due corsie che serpeggia tra muretti e marciapiedi. Sarà su un rettilineo, ora rallenta, ti dici. No. Intravedi una macchia di colore che precipita giù per la strada, scuotendosi, impennando, sbacchettando e facendo il pelo ai bordi della strada. Smetti di respirare. Il sangue ti si condensa nelle vene. Il cuore ti salta in gola. Ha perso il controllo, ti dici. E di nuovo, no. Ti passa davanti al naso a 200 e chissà quanto all’ora e scompare dietro un curvone. E così passi la giornata a guardare questi eroi, spostandoti da un punto all’altro, godendoti ogni passaggio con la stessa emozione. Per non parlare di quando iniziano le gare, con la bagarre a rendere ancora più meravigliosamente folle tutto questo. E dopo questa overdose di emozioni, la sera, a Douglas, si fa festa. Wow! (Fabio ha vissuto l’esperienza al TT 2013, con tanto di giro di pista. Oops, strada… n.d.r.).