Ogni tanto ripresentiamo moto che sono diventate mitiche, descrivendole con le parole dei tester in occasione della presentazione. La prima moto che abbiamo preso in considerazione è stata la Yamaha R1 del 1998, ora parliamo della Kawasaki ZX-6R 636B.
CATTIVISSIMA GIÀ A VEDERSI
Quella del 2003 è una delle Ninja più famose di sempre. Il suo look cattivissimo e quel motore sopra le righe l’hanno fatta entrare nel cuore degli appassionati che ancora oggi la ricordano come la “Ninja 636”, e questo nonostante quella sigla non abbia né esordito né tantomeno abbia cessato di esistere con lei.
NESSUN COMPROMESSO
10 anni fa e qualche mese fa, Motociclismo parte per la Malesia: sulla pista di Sepang si svolge il lancio mondiale della ZX-6R. Il nostro tester introduce la Kawa a pagina 138 del fascicolo di dicembre 2002 con questo sommario: “… stupiscono maneggevolezza, precisione direzionale e potenza massima”. Nel testo, subito un commento all’estetica “un look senza più compromessi” seguito da una nota sulla posizione di guida “il triangolo sella-pedane-manubrio, già in precedenza compattissimo, ora esalta al massimo la guida sportiva”.
INNAMORARSI DELLA GUIDA
Ma è quando si parla di guida che la Kawa mostra di far breccia nel cuore del tester: “Il telaio trasmette una netta sensazione di velocità sul veloce, dove la ZX-6R mostra tutta la sua proverbiale precisione direzionale. La svolta (proverbiale per Kawasaki) è che la maneggevolezza è tale da fare invidia anche alla Yamaha R6. Proprio così: nei cambi di direzione e nella discesa in piega, la ZX-6R è semplicemente fulminea. (…) l’avantreno consente di entrare in curva con la leva del freno ancora “in mano”. Il pneumatico anteriore, infatti, anche al limite dell’aderenza sembra correre lungo un binario e preavvisa come pochi sull’inizio della perdita di aderenza”. Ma ci sono lodi anche per i freni “in fatto di potenza pura e resistenza al fading non hanno eguali nella categoria” e chiaramente per il motore “la progressione tra 10.000 e 15.000 giri è semplicemente fantastica”.
Sarebbe diventata un mito? Sembra proprio di sì.