di Mario Ciaccia - 27 October 2013

Yamaha MT 09, quella che non sembra giapponese

Che sorpresa: una moto nipponica che sa trasmettere le tipiche emozioni delle moto europee. L'abbiamo provata durante una 24 ore sui passi alpini, dal mare alla Svizzera e, guidandola, ci ha fatto pensare a quanto sono diverse le moto del Sol Levante rispetto alle nostre

Yamaha mt 09, quella che non sembra giapponese

Quando mi sono appassionato alle motociclette avevo 14 anni, era il 1980 e notai due cose.

1.Il faro tondo stava lasciando il posto a quello quadrato.

2.Le riviste italiane dicevano che le moto giapponesi erano migliori di quelle italiane sotto tanti punti di vista (tecnologia, prestazioni, finiture e affidabilità) ma prendevano paga sul fronte delle sensazioni pure.

 

FARI QUADRATI, CHE TRISTEZZA

Riguardo al punto 1. pensai: “Che schifo i fari quadri, ma stuferanno presto!”. In effetti, da quelli quadri, che sono durati decenni, si è passati al look cosiddetto “Mazinga”, che trovo orribile. Non so cosa farci, sarò un vecchio bacucco (ma lo ero già a 14 anni). Anche nel campo delle biciclette continuo ad apprezzare i vecchi e sottili tubi tondi in acciaio, mentre oggi imperano il carbonio e l'alluminio idroformato, dalle forme variegate.

 

MOTO ITALIANE, CHE SFIGATE

Riguardo al punto 2., la mia idea era che i giornalisti nostrani, pur di sostenere la decadente industria italiana, si arrampicassero sui vetri con questa storia delle sensazioni, del carattere, della personalità delle moto del Bel Paese. In effetti, già a metà degli anni 80 il divario tra Italia e Giappone sembrava incolmabile. Le nostre maxi sportive erano dei dinosauri risalenti agli anni 70, mentre le giapponesi ogni anno facevano un balzo in avanti sul fronte delle prestazioni e delle innovazioni tecnologiche.

Ma in seguito, quando sono finalmente diventato un motociclista ed ho cominciato a guidare un po' tutti i tipi di moto, ho scoperto che le riviste italiane degli anni 80 non si arrampicavano sui vetri, ma avevano ragione. Se ti siedi a occhi chiusi su una moto giapponese, o su una italiana e le accendi, senza neanche mettere una marcia, capisci subito quale delle due mangia il pesce crudo e chi, invece, mangia la pizza.

 

DIFFERENZE DIFFICILI DA SPIEGARE

Questa cosa mi fa impressione, anche perché non riesco a spiegare in maniera scientifica che cosa distingua una moto orientale da una europea. Mi sto accorgendo che sto parlando di Italia come di Europa, perché in effetti anche i nostri vicini sanno dare alle loro moto quel tale tocco che te le fa sembrare più intriganti. La cosa succede persino sulle enduro racing: mi basta sedermi su una KTM EXC e accenderla per sentirla diversa da una Yamaha WR-F. È come se le europee trasmettessero delle vibrazioni da animali vivi che le nippe ci negano. Questa caratteristica può ritrovarsi, magari, in qualcosa che le prime hanno di negativo, come qualcosa si scomodo, che però dà carattere. Quasi come se fosse la pecca di un prodotto artigianale, vicino all'esemplare unico, magari col fascino delle corse. Ma sono borderline col parlare a vanvera. Sto cercando di spiegare con razionalità delle cose che razionali non sono. E il punto di arrivo di tutto questo è la nuova Yamaha MT-09, che mi ha affascinato come una moto italiana, pur avendo un'estetica alla Mazinga e andando bene come una giapponese.

 

COMPARATIVA ANNI 70

Mi ricordo che percepii il fascino della moto italiana quando ero in cerca della mia prima moto e provai due 125, circa trent'anni fa. Una Gilera Arcore del 1979 e una Honda CB125S del 1978. La prima era imperfetta. Aveva la leva della frizione dura, la leva del cambio con la corsa troppo lunga, non frenava, non faceva luce di notte, vibrava e aveva finiture scandalose. Non si sapeva a che velocità si stesse andando, perché le lancette di tachimetro e contagiri soffrivano del ballo di San Vito. Ma mi bastava accenderla, sentire il suo pum pum simile a un cuore vivo e stringere la curiosa manopola del gas, a sezione bombata e in gomma dura come plastica, per godere. La Honda era perfetta come una moto moderna. Trasmetteva un senso di solidità ed efficacia. Tutto era al posto giusto. Il motore era un frullino silenziosissimo, non vibrava, girava bene. I freni erano mille volte più potenti dei Gilera, il cambio era un orologio, i fari funzionavano, la strumentazione era quasi la stessa della CB750 Four. Non c'era paragone, la Honda era mille volte meglio della Gilera. Infatti, comprai la Gilera.

Le Harley-Davidson rappresentano l'apoteosi di questo modo di far godere il proprio pilota: non stanno in strada, non frenano, ma te ne freghi e sei felice, perché il loro motore dice qualcosa a cui molti non riescono a dire no.

Tuttavia, in seguito passai anni a comprare moto italiane, o giapponesi fatte in Italia, che mi diedero continui problemi meccanici, così alla fine mi rassegnai e, a metà anni 90, passai alle giapponesi, anche se erano noiose. Ma non si rompevano mai.

 

COMPARATIVA ANNI DUEMILA

Io non partecipo spesso alle comparative di Motociclismo e, quando succede, mi diverto un mondo ad assaporare le differenze tra le varie moto, frutto di esperienze e filosofie diverse. Qualche anno fa provammo quattro naked giapponesi da 600-800 cc e quattro naked europee tra i 675 e gli 800 cc. Le differenze furono abissali. Le moto nipponiche (Honda Hornet 600, Kawasaki Z750, Suzuki GSR600 e Yamaha FZ-8) andavano tutte benissimo, ma mi annoiavano in tante cose. A salirci a bordo non mi procuravano alcun gusto. Mentre le europee (Aprilia Shiver 750, BMW F 800 R, Ducati 800 Monster e Triumph Street Triple 675) erano tutte emozionanti. Ma mi resi conto che, dal punto di vista pratico, le giappe erano migliori da diversi punti di vista. Si stava ripetendo l'esito della comparativa tra 125 di 30 anni prima.

La moto che mi attirava di più, a livello istintivo, era la Ducati Monster. Quel traliccio in tubi tondi ipnotizzava il mio sguardo e sotto c'era l'inconfondibile sagoma del bicilindrico a L Ducati. In un'era di moto-mazinga, la Monster spicca per le sue forme tonde eppure modernissime. In sella percepisci che è figlia di una Casa che ha le corse nel sangue. MotoGP e Superbike, le due massime categorie mondiali. Anche se ultimamente non vince più, Ducati affascina sempre, è la Ferrari a due ruote e questo dna la Monster te lo trasmette. Pedane alte e arretrate, manubrio largo ma basso e vicino al busto, rumore esaltante, con pulsazioni brutali e aspirazione roca. Ma ci ho messo poco tempo a capire che non era la moto per me. Molto piccola per la mia statura e impostata un po' troppo corsaiola per un turista, coi polsi caricati e le ginocchia piegate, forcella troppo in piedi, mi sentivo goffo sopra di lei, in curva non mi divertivo. Mentre mi trovavo perfettamente a mio agio sulla Yamaha FZ8, una moto che non mi trasmetteva un solo grammo di fascino, che trovavo fredda, insulsa, ma tanto facile da portare in curva. Dovendo comprarne una, quale scegliere? Quella che emoziona ma che non riesco a guidare o il contrario? Bel dilemma. Capite che, quando sul mercato arriva una moto che affascina come un'italiana ed è facile come una giapponese, si può dire che il costruttore abbia fatto bingo. Ed è quello che, secondo me, è successo con la MT-09, che non capisco come possa essere sorella della FZ8!

 

MT, LA SIGLA DELLA FOLLIA

Yamaha è, da sempre, la rivale numero uno di Honda. Entrambe hanno prodotto, negli ultimi decenni, moto tipicamente giapponesi, molto simili nelle loro caratteristiche: quattro cilindri in linea vuoti ai bassi, estetiche eleganti ma non troppo originali, ciclistiche e stili di guida del tutto simili e non troppo emozionanti, affidabilità totale, finiture impeccabili, durata negli anni eterna. Un esempio su tutte: la Yamaha XJ650. Ne hanno vendute tantissime, perché la maggior parte delle persone bada al sodo, giustamente. Ma, ogni tanto, anche loro producono moto dalla spiccata personalità. Pensate solo alla saga delle Yamaha XT, o alla Honda RC30. Da qualche anno, Yamaha s'è messa a produrre delle moto siglate MT, Maximum Torque (e abbiamo già detto tutto). Prima hanno presentato la 01 come prototipo (1999), poi la 03 (2003), quindi hanno messo in produzione la 01 (2005) e la 03 (2006). Adesso, 2013, tocca alla 09. Le tre moto non hanno una vite in comune: la 03 è una monocilindrica da 660 cc, la 01 una bicilindrica da ben 1.700 cc e la 09 una tricilindrica da 900 cc. Il messaggio che trasmettono è: “siamo delle moto spartane e disimpegnate, per andare in giro divertendoci”. Ecco cos'hanno in comune. Niente carene, poca attenzione al passeggero o al trasporto bagagli, sono moto che si prendono per il piacere di guida.

La 03 è una supermotard stradale dal look coinvolgente, con lo stesso motore Minarelli della XT660 e della Ténéré 660, quindi è una moto leggera e maneggevole, adatta ai percorsi tortuosi. La 01 mi fa impressione, perché circa dieci anni fa guidai la Yamaha Warrior 1700, una custom bicilindrica a V e fui colpito dall'erogazione perfetta del motore. Pur essendo grosso e poco frazionato, era molto elastico, girava a 1.500 giri senza strappare e, se aprivi il gas, in un attimo saliva fino ai 6.000, senza incertezze. In pratica, funzionava come il 6 cilindri della Honda Gold Wing 1800! Favoloso! Poiché non mi piacciono le custom, pensai: “Pensa che figata se facessero una moto da strada con un motore così bello”, ma ovviamente non ci speravo, perché non s'era mai vista una stradale con un V2 da ben 1.700 cc. Invece, nel 2005 è uscita la MT-01, una stradale con freni e forcella della Yamaha R1, un look vagamente buelliano e il motorone della Warrior. La Naked di tutte le Naked. Anni luce lontana dalla noia di una XJ a 4 cilindri, ma decisamente meno pratica!

 

MT-09, POCA FOLLIA, TANTA ROBA

Insomma, capite che, se il dna delle MT è questo, dalla terza della serie – la 09 – era lecito attendersi altrettanta follia. Ma non è una moto pazza, la MT-09. La MT-03 è una motard economica col look della festa. La 01 è la Follia, la naked col motore dalla coppia mostruosa. Ma la 09 è un'altra cosa, è un investimento, è la moto del futuro. Ha un nuovissimo motore a tre cilindri che va splendidamente e che farà da piattaforma-base per tanti modelli che verranno. Esteticamente, in foto mi piaceva, mentre dal vivo è bellissima per chi ama le moto-mazinga (ognuno ha i suoi gusti e io l'ho capito: morirò antimazinga! L'unica che mi piace è la Ténéré 660 vista da davanti).

Comunque, sulla carta la MT-09 prometteva molto. Triumph ci ha abituato a dei tre cilindri favolosi, capaci di erogazioni tanto pulite quanto corpose ed estese. Yamaha sarebbe riuscita a fare di meglio? MT significa moto divertente da guidare. E noi di Motociclismo si stava per andare a fare una 24 ore di passi alpini asfaltati, la “Fintenalpitour” (chiamata così perché imita la Hardalpitour, che invece si fa in fuoristrada) nata da una discussione su quale moto sarebbe stata l'ideale per passare un giorno e una notte a fare tornanti. Appena la 09 è stata presentata, abbiamo subito pensato a lei come a una papabile vincitrice. Cioè, non è che questa fosse una gara, ma c'è parsa la moto ideale per una prova di questo tipo, dove le prestazioni contano meno della capacità di mantenere un ritmo brillante col minimo dispendio di energie (qui la gallery della prova).

Ma, sulle prime, la MT-09 non c'ha preso bene, a noi quattro che dovevamo fare la 24 ore. Intanto è senza codino, quindi bagagliarla (ci portavamo dietro la tenda) era tutt'altro che facile. Poi, abbiamo visto Aldo Ballerini che tornava dalla prova. Lui è l'ex direttore di Super Wheels, per lui le moto servono per correre, impennare e grattare il ginocchio e questa 09 lo esaltava. “Con 'sta moto è impossibile non fare l'imbezille – sì, con la Z, perché è di Pesaro – hai sempre la ruota davanti alzata”. Ma la sella com'è? “Scomoda”. Ecco, avevamo sbagliato moto. Agil-nervosa da tamarro, imbagagliabile e pure scomoda, che c'azzeccava con la nostra prova di durata?

 

C'AZZECCA, C'AZZECCA

Abbiamo cambiato idea quando l'abbiamo guidata. Ciò che rende questa moto eccezionale è che va fortissimo senza impegno. Non nel senso che se entri in un tornante a 240 km/h non finisci di sotto, questo no. Ma nel senso che mette il pilota a proprio agio e gli permette di andare a ritmi elevati col minimo impegno fisico. La posizione di guida è naturale e non è quella classica delle moto sportive da strada. Il manubrio è vicino al busto, come sulle motard. Non c'è peso sui polsi, ma la posizione di guida asseconda la guida brillante, senza farti volare via in autostrada pur in assenza del cupolino. Le gambe non sono in bocca. La moto è spaziosa, pur essendo piccola e maneggevole. La sella è dura, ma ci si resiste parecchio. La ciclistica è un bel compromesso tra maneggevolezza e stabilità: i tornanti sono facili, per capirci. Il motore è una favola, con pochi millimetri di gas gira fluido e rotondo, non ha nulla a che fare con la vuotezza ai bassi dei colleghi di pari cilindrata a 4 cilindri. Lo smanettone spinge la manopola del gas fino in fondo e si esalta a sentire il ruggito del motore fino ai 117 CV a 10.000 giri che abbiamo misurato al banco prova, ma per la nostra 24 ore bastava tenerlo tra i 2.000 e i 5.000 giri per rimbalzare tra un tornante e l'altro senza incertezze. E i consumi non sono niente male: in 990 km abbiamo calcolato una media di poco inferiore ai 19 km/l. Per quanto riguarda i bagagli, Yamaha prevede un kit di borsa da serbatoio e borse laterali morbide, ma noi abbiamo chiesto alla GiVi di darci qualcosa di compatibile. Questo per equipaggiare tutte e quattro le moto con bagagli della stessa Casa. Abbiamo così ricevuto una borsa da serbatoio ad aggancio rapido e una borsa a cilindro con doppio ingresso: superiore e laterale. L’abbiamo messa sulla sella del passeggero, che è minuscola. Non è una moto da godersi in coppia, ma è un peccato, visto che la moto si presta alla grande all’uso turistico.

Mi rendo conto che questo articolo sembra una marchetta bella e buona per Yamaha, ma sono sincero, questa moto mi piace veramente. Penso che la MT-09 sia una pietra miliare nell’intendere le moto sportive. Il suo più grosso difetto (accettando la durezza della sella come congenita in una moto sportiva) è l’on-off nella prima fase di apertura del gas, specialmente con la mappa A, quella cattiva. Con la mappa B, da pioggia, il difetto sparisce, ma l’erogazione è noiosetta. Con la base (STD) l’on off si sente, specie nei tornanti, ma non è fastidioso come con la A.

Limiti della ciclistica non ne abbiamo trovati, perché alla Fintenalpitour non si guida al limite, ma si risparmiano le energie.

 

CARATTERE!

L'altra cosa che non ci aspettavamo è che questa moto ha un carattere, una personalità, una capacità di trasmettere sensazioni vive, come se fosse europea. Sta' a vedere che, dopo 40 anni di moto-computer, alla Yamaha hanno imparato anche a metterci il cuore nelle moto che fanno? Come spiegavo all'inizio, non sono capace di far capire cosa intendo quando una moto trasmette queste vibrazioni animali, ma la MT-09 lo fa. Dicono che la nuova TDM avrà il suo motore: ecco, se si riuscisse a mantenere il bellissimo carattere della MT, ma con il comfort e la versatilià della TDM, saremmo di fronte a una moto anni luce avanti rispetto alle altre.

Quindi, la Yamaha MT-09 ha vinto la 24 ore delle Alpi? No, perché anche le altre tre (Guzzi V7, Honda NC700X, Triumph Tiger 800 XC) hanno messo in mostra le loro doti, in specifiche tratte, che analizzeremo metro per metro sul numero di dicembre 2013 di Motociclismo

 

Per sapere tutto, ma proprio tutto del “Fintenalpitour”, non perdetevi Motociclismo di dicembre.

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