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Voglia di Meseta

La Spagna che ci piace è anche quella arida e intima dell’interno: grandi altipiani, cattedrali nel deserto, case appese alla roccia, distese di grano a perdita d’occhio

Voglia di meseta

Dopo aver parlato del Portogallo (cliccate qui), Paola Verani ci porta in Spagna, in un viaggio su itinerari molto diversi da quelli del turismo convenzionale. Ecco il suo racconto.

 

IL MARE? NO, GRAZIE

Ogni Paese deve fare i conti con un’immagine vulgata che attira i turisti e che ne esemplifica al massimo le virtù: l’Italia è il Belpaese, l’Irlanda il Paese verde, la Grecia un enorme stabilimento balneare, l’Olanda i suoi mulini, ecc. La dote più riconosciuta della Spagna è forse la sua anima estroversa che si esprime al meglio nella “vida loca”, tanto apprezzata da noi latini dal cuore caldo. C’è, però, chi non sempre ha voglia di mondanità e può trovare utile una raccomandazione: tenersi lontano dal mare, almeno in estate quando questo è sinonimo di turismo caciarone e anche un po’ cafone. I Pirenei possono essere vissuti come un’iniziazione ad una Spagna diversa, più intima (qui la gallery). Queste belle montagne cangianti, immensa fonte di divertimento per il motociclista, hanno rappresentato una barriera alle invasioni creando delle invalicabili enclave culturali. In molte valli non raggiunte dagli arabi o dalle guerre è possibile trovare chiese romaniche bellissime e ancora integre, come quella che si trova a Jaca, la più antica fra quelle costruite lungo il Cammino di Santiago.

 

I LUOGHI DELLA “RECONQUISTA”

Il paese funziona da base logistica per chi vuole fare gite nelle valli vicine e qui si cominciano a gustare i favolosi calamaros fritos (il mare si fa sentire anche nella Meseta!), di qualsiasi dimensione, anche giganti. E qui per noi ha inizio quello che ci piace chiamare la “reconquista del cemento” o il “paradosso urbanistico della Spagna”: questo è un Paese in cui la popolazione non è distribuita in maniera omogenea sul territorio ma si concentra fortemente nelle città. Praticamente non esiste passaggio graduale fra deserto e centro urbano, quasi non esiste il sobborgo, per cui capita di attraversare immense zone disabitate (sconosciute all’Italia) e poi vedersi parare davanti cortine di palazzi moderni che non si integrano affatto con l’ambiente. È impressionante come questi muri di cemento nascano dal nulla. E dire che ci sarebbe tutto lo spazio necessario per costruire a misura d’uomo. È il caso di Pamplona, antica capitale della Castiglia. Qui oltre alla cattedrale dove riposano le spoglie del Cid e di sua moglie Jimena, merita una visita la Plaza major, dove a riposarsi sono i residenti: siedono sui muretti che incorniciano la piazza costituendo filari infiniti di gambe e braccia. In passato rappresentava l’ultima stazione di sosta per i pellegrini del Cammino, prima di scalare il passo dei monti Oca.

 

LA FASCINOSA VILLADOLID E IL MIRAGGIO DI SEGOVIA

Il nostro percorso si allontana dal “sendero religioso” per raggiungere un’altra ex capitale: Valladolid. Appena fuori da Burgos ci aspetta lo spettacolo che più ci aspettavamo dalla Spagna: colline color oro a perdita d’occhio, punteggiate, qua e là da verdi arbusti. Paesaggi aridi come non siamo abituati a frequentare, senza traccia di bosco o frescura. Siamo di passaggio e non abbiamo tempo di visitare come si deve la città, solo una passeggiata nel centro storico, quanto basta per ammirare qualche insegna degli antichi fasti: l’Università,  il monastero Las Augustinas, la chiesa La Pasiòn e la Casa de Colòn, il museo dedicato a Cristoforo Colombo che qui morì. Domina su tutto un’aura decadente che regala fascino alle strade, lo stesso che ci aveva catturato nel nostro viaggio in Portogallo. Ripreso il viaggio l’oro dei campi continua ad accompagnarci come pure i nervosi alberi che di tanto in tanto lo interrompono, finché almeno sul nostro orizzonte, in mezzo al grano, non scorgiamo la imponente Cattedrale di Segovia. ? quasi sera, il sole è quello del tramonto che lambisce ed esalta le forme. Questa volta nessuna cortina di brutti palazzi: Segovia è intatta in tutta la sua magnificenza e placida come solo le città romaniche sanno essere. Ma c’è di più: un acquedotto romano, anche questo perfettamente conservato, con due piani di archi, attraversa la città conferendole autorevolezza.

Non siamo distanti da Madrid, la grande metropoli moderna, ma qui non se ne sente l’effetto: il tempo sembra essersi fermato. E a intensificare questa sensazione contribuisce l’altra attrattiva della città, l’Alcazar Real, un castello da favola da cui la Disney pare abbia tratto ispirazione per disegnare i suoi manieri. Il nostro viaggio è ormai al giro di boa: siamo arrivati al grande cuore pulsante della Spagna, poi ci rimane solo la risalita. Fatta una divagazione per Avila ci avviciniamo alla capitale. A questo punto, però, sorgono i dubbi: finora ha vinto il silenzio di città piuttosto schive che non conoscono la baldanza delle colleghe marinare né quella delle vere metropoli, è il caso di turbarlo, ci domandiamo, entrando a Madrid? Decidiamo che le dedicheremo solo una toccata e fuga: la vera visita sarà per un’altra occasione. Non ce ne pentiremo, perché il ritorno ci riserva delle belle sorprese.

LE “CASAS COLGADAS”
La prima è il tratto di strada fra Madrid e Cuenca: distese di girasoli, pascoli verdi, terra rossa… così quando andavamo a scuola ci immaginavamo l’Arcadia! La seconda è Cuenca e le  sue “casas colgadas”, abitazioni che sembrano appese alla roccia. Il paese, decaduto quando Alfonso VI lo cedette in dote alla principessa Zaida, fu riscoperto negli anni ’60 da un gruppo di artisti in cerca di un laboratorio. Oggi le case sono sede dell’interessante “Museo de Arte Abstracto Español” in cui si trovano esposte opere dei più importanti rappresentanti dell’astrattismo spagnolo fra cui Antonio Saura, fratello di Carlos, noto regista che ha contribuito a renderle famose ambientandovi alcuni dei suoi film. La terza sorpresa sono ancora i paesaggi fra Teruel e Lleida: massicci che abbracciano sconfinate radure e piantagioni di ogni colore. Procediamo con la sensazione di stare precipitando al centro della Terra e, al tempo stesso, di essere lontani anni luce dal mondo.

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