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30 October 2014

Sterling Autocycle: parte l’avventura con un viaggio di mille miglia

Sembra d’epoca ma è moderna, ha un nome da inglese ma è italianissima: è la versione definitiva di una moto che avevamo già conosciuto (e provato) come special. Ora va in produzione e, come si faceva una volta, la Casa la promuove con un raid

Sterling autocycle: parte l’avventura con un viaggio di mille miglia

È partita la “Milan to Birmingham Expedition”, una avventura a due ruote lunga 1.000 miglia. Così cita il comunicato stampa giunto in redazione, volutamente stringato per suscitare curiosità, relativo al viaggio che ha come protagonista la moto Sterling Autocycle prodotta da The Black Douglas Motorcycle Co (qui la locandina). Un nome certamente sconosciuto ai più, ma che Motociclismo ha già ospitato sulle proprie pagine (fascicolo di gennaio 2012, qui invece una video intervista ai titolari del Marchio) con una prova in anteprima di quella che, all’epoca, era solo una one-off, cioè una special in pezzo unico. Ebbene, ora Fabio Cardoni, patron della piccola Azienda italiana (non lasciatevi ingannare dal nome anglofono), ha deciso di mettere in produzione la singolare motocicletta. E per “lanciare” il prodotto, ne mette alla prova la resistenza e l’affidabilità con un viaggio di oltre 1.000 miglia, che parte dalla sede della Black Douglas (www.theblackdouglas.co.uk) a Vignate, alle porte di Milano, fino al concessionario Monday Motor Co. di Birmingham, in Inghilterra.

Ma come è fatta la Sterling? Della moto che vedrà la produzione e che speriamo di provare presto, alleghiamo le schede tecniche, che parlano di due diverse motorizzazioni disponibili: 125 (con albero a camme in testa: cliccate qui per la scheda completa) e 250 cc (con distribuzione ad aste e bilancieri: cliccate qui per la scheda completa). Intanto, ve la raccontiamo riprendendo il nostro test di quasi tre anni fa…

 

FATTA PER LA GUIDA DA PASSEGGIO

Come il protagonista di Midnight in Paris (è un film di Woody Allen) insegue il sogno dei ruggenti anni Venti e vive les années folles nella capitale francese trasportato da una vetusta auto Peugeot incontrata per caso nel cuore della notte parigina, noi ci siamo trovati trasportati in un’altra epoca in sella alla Sterling, tra le strade senza tempo di un antico borgo camuno. Un’epoca in cui il ginocchio a terra in curva si mette solo quando si sta cadendo, un’era durante la quale le regolazioni si fanno al pilota e non alle sospensioni, un’età in cui l’eleganza è più importante delle prestazioni.

Non usiamo l’imperfetto o il passato remoto, ma il presente per descrivere la prima nata del marchio The Black Douglas perché non si tratta di una moto moderna camuffata da epocale, né di una vecchia moto riadattata all’uso moderno. La Sterling è un progetto tutto nuovo che si ispira sì al passato, ma che utilizza -dove strettamente necessario- soluzioni tecniche attuali. Lo “stretto necessario”, per una moto spinta da una dozzina di CV e dedicata senza mezzi termini alla guida “da passeggio”, è quindi limitato al motore e all’impianto elettrico. Due elementi che devono garantire affidabilità, manutenzione ridotta praticamente a zero e facilità di utilizzo. Per il resto, libero sfogo alla voglia di stile, anche se a discapito di prestazioni e precisione di guida. Il motore è un monocilindrico raffreddato ad aria e ha distribuzione a due valvole: è prodotto in Taiwan. Il carburatore del modello da noi testato è un keirin da 22 mm, abbinato ad un bel cornetto di aspirazione, ma nella produzione di serie c’è un condotto che porta ad una scatola filtro circolare e di aspetto vintage. La batteria alimenta i fari e serve per l’avviamento elettrico, ma rimane comunque l’opzione a pedale.

 

PRESTAZIONI: TUTTO È RELATIVO

La sella è bassa e ampia, le manopole a botticella si raggiungono distendendo le braccia in posizione naturale e già nelle prime manovre si avverte un peso quasi inesistente: 110 kg con il pieno di benzina. Che sta tutta in un evocativo serbatoio sottocanna squadrato. La Sterling sembra, ad un primo approccio, più simile ad una bici che ad una moto. Anche per via del telaio rigido, che su buche e imperfezioni non copia nulla e demanda alla sella ammortizzata il compito di evitare dolori alla schiena. La forcella di tipo Girder, dal canto suo, lavora come può: l’escursione è buona, ma la risposta è secca. Non è un’anguilla nel traffico, ma la maneggevolezza è tutto sommato buona. Il motore, che parte al primo colpo anche con il kick-start, è un portento di dolcezza e regolarità. Le prestazioni fanno sorridere persino un neopatentato, ma ci rendiamo conto che non vorremmo niente di più. I 100 km/h si raggiungono comunque e le vibrazioni sono pressoché inesistenti. Il cambio è un burro e la frizione perfettamente modulabile. Anche il rumore allo scarico è perfetto: né assordante, né troppo silenzioso. Esattamente quello che ci aspettiamo da una moto del genere, fatta per farsi notare, ma senza troppo clamore.

Quello che davvero vorremmo sono freni più potenti: i tamburi di serie garantiscono spazi d’arresto decorosi, ma non sappiamo come si comporterebbero in una situazione d’emergenza.

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