Prova Yamaha MT-01SP: motore muscoloso e guida facile

La Yamaha MT-01SP, con 90 CV a 4.750 giri, il limitatore a quota 5.000 giri e una coppia di 15 kgm a 3.750 giri non mette mai in difficoltà ed entusiasma il pilota.

SPORTIVA ALL'AMERICANA


SPORTIVA ALL'AMERICANA Hanno ammazzato Buell, Buell è viva. Viva nelle (poche) moto che ne hanno seguito la strada, quella dello sport all’americana: motorone ad aste e bilancieri, coppia debordante, telaio come si deve. Da questa scuola tecnica sono nate la Mustang e la Corvette, la AC Cobra e la Viper e poi le Buell motorizzate H-D e la Yamaha MT-01 motorizzata Yamaha MT-01, che a dire la verità è nata dall’altra parte del Pacifico; ma a nessuno viene in mente che una moto che per esteso si chiama Monster Torque-1 sia davvero un parto della cultura motociclistica giapponese, tutta pluricilindrici e alti regimi di rotazione. La MT-01, però, è la dimostrazione che i giapponesi sono ancora capaci di prendere un’idea e di darle una forma prodigiosamente esatta. Anche quando si tratta di un oggetto al di fuori dalla loro cultura come la MT, che dalla prima all’ultima vite è tanto inusuale – dalla forma del serbatoio a quella dello scarico, dalle pedane per il passeggero alla strumentazione – quanto poderosa, personale, affascinante. Yamaha offre dunque la V-Max, un motore modernissimo su una ciclistica classica, e il suo esatto opposto, la MT-01 (ora anche SP), che risponde alla domanda di quelli che, sedotti dalla coppia ma non dalla guida delle cruiser, si sono chiesti “Chissà come andrebbe con un telaio e delle sospensioni decenti”. E la risposta è: bene. Sulla MT-01 il telaio e le sospensioni sono più che decenti; sulla SP, che ha unità ammortizzanti Öhlins, addirittura ottimi. Anche il motore non è proprio quello di una cruiser, ma la sua interpretazione rivista e corretta per migliorare il rapporto tra CV erogati e kg da portarsi a spasso. Come sulle sportive made in USA, appunto. Certo, rispetto a una Buell la Yamaha ha meno pretese: è lunga, pesante e meno radicale nelle quote ciclistiche; ma a livello di sensazioni, e di guida su strada, contiene davvero tutto il meglio che uno si aspetterebbe da una delle figlie di Erik. Il vero limite della Yamaha MT-01 è il prezzo, che sulla SP raggiunge la ragguardevole cifra di 17.200 euro (comprensivi di 3 anni di garanzia con formula YES) e ne fa un oggetto da amatori.

MOTORE E CICLISTICA: UN’ESPERIENZA NUOVA



MOTORE E CICLISTICA: UN’ESPERIENZA NUOVA
Il ciclopico 1.700 cc ad aste e bilancieri (il V di 48° della cruiser Warrior, completamente rimaneggiato) mette in soggezione anche il grosso motorino d’avviamento e con il suo tremito scuote il pilota, il passeggero, l’asfalto e i veicoli circostanti. La moto è alta quando ci si sale in sella. Il motore, lunghissimo, determina una seduta lunga con manubrio lontano, che non si trova su nessun’altra naked giapponese. A dispetto della lunghezza, per via dell’ingombro del motore e dell’air-box il serbatoio contiene solo 15 litri; resta in compenso piacevolmente stretto, come pure i fianchi e in generale tutta la parte alta della moto (il basamento e il cambio sono invece più larghi). L’ascendenza cruiser, nonostante il gran lavoro fatto a Iwata (20 kg in meno, di cui 2 sul solo albero motore) determina naturalmente la fisionomia così atipica per una moto di questo genere. Un po’ per ragioni strutturali, essendo alto, così stretto da obbligare a montare iniettori disassati e con l’enorme cambio dai 5 rapporti lunghissimi; un po’ per ragioni “caratteriali”, date le sue misure e soprattutto la corsa di 113 mm, lunghissima a fronte di un alesaggio di 97 mm. Si tratta di un motore nato per girare tranquillo, senza la schiena spaventosa di una V-Max o l’allungo prepotente di un bicilindrico Ducati o Morini. Tuttavia, dopo la cura ricostituente, ha guadagnato carattere; soprattutto, ha il pregio di non mettere mai in difficoltà. È delicato il freno motore (considerati i quasi 16 kgm di coppia), vigorosa ma non imbarazzante la coppia ai bassi, specie se in uscita di curva si ha l’accortezza di usare una marcia in più: per il twin di Iwata fa praticamente lo stesso ma si guadagna qualche metro in rettilineo, dato che “allungo” è una parola bandita dall’edizione MT del vocabolario di Iwata. Tutto va fatto con un po’ di anticipo, come sulle sportive di una volta; la Yamahona, in cambio, non si scompone, è fedele alla traiettoria e perdona un rapporto sbagliato. Il motore spinge forte, non fortissimo, ma su strada ce n’è d’avanzo e come dicevamo si scopre in fretta che questo abbinamento tra motore all’americana e ciclistica all’europea funziona. La MT-01 SP è lontanissima dall’agilità di una naked convenzionale, ma sa divertire: non obbliga il tachimetro a contorsioni folli per dare sensazioni al pilota, invita a dare gas con prudenza perché la ruota posteriore è da supersportiva ma la coppia è quella di un camion, e insomma rappresenta un’idea diversa dello sport stradale. Su strada va bene, ovviamente non ci sono ritardi tra rotazione della manopola destra e spinta alla ruota; quando si spinge vibra un po’, ma in modo non fastidioso. Il cambio, nato per clonkeggiare sulla Warrior, non è fulmineo negli innesti, ma abbastanza preciso. Grazie alla grande confidenza trasmessa dall’avantreno, nel misto non è mai un problema tenere il passo dei compagni più allegri della brigata, anche seduti su moto dal rapporto CV/kg ben più favorevole; e difficilmente ci si allontana dai 15 km/l, un consumo più che accettabile. I freni sono veramente superlativi per potenza e modulabilità.

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