di Matteo Aglio - 02 January 2018

Gibernau, il filosofo delle corse

Come pilota non si discute, ma nel 2017 l'ex rivale di Valentino Rossi ha aggiunto una voce al proprio curriculum come coach di Dani Pedrosa. Il segreto del loro rapporto? Fiducia reciproca

C'è chi l'investitura di "coach" se l'è ritrovata "in testa" (vedi l'etichetta sul cappellino di Cadalora, donatogli da Rossi), chi molto metodicamente assiste i piloti del proprio team, passo dopo passo (è il caso di Wilco Zeelenberg con Yamaha), chi la consulenza a bordo pista la alterna ancora a gare e collaudi (Michele Pirro per Ducati) e chi, infine, riveste funzione di coach senza saperlo... o fingendo di, come Gibernau con Pedrosa.

"Non sono un coach, sono semplicemente un suo amico"

"Dani sa guidare, è forte; io sono semplicemente un suo amico". Una cosa da non fare è chiamare coach Gibernau: "Non sono un coach, quella parola non mi piace nemmeno!" vi risponderebbe. Sete da quest'anno è al fianco di Daniel Pedrosa, ma il suo ruolo è diverso da quello di Zeelenberg e Cadalora. È anche più difficile da inquadrare, e l'ex-rivale di Valentino sembra divertirsi a confondere ancora di più le carte in tavola. "Non so di cosa abbia bisogno un pilota, ognuno ha bisogno di quello che gli serve -spiega, per così dire - Io non sono nessuno per dire se un pilota abbia bisogno di un coach, di uno psicologo o di una ballerina. L'unica cosa che so è di non essere un coach". Viene in mente il Socrate che "sapeva di non sapere" e in qualche modo Gibernau sembra un filosofo delle corse. Così, se gli altri coach vanno lungo la pista a studiare traiettorie e quant'altro, Sete risponde ridendo: "Io vado in pista per girare in moto, mica per vedere gli altri farlo. Inoltre questa è l'HRC: non devo spiegare come si vince".

Eppure la sua presenza fa bene a Dani: "Insieme ci facciamo delle risate, è importante, io lo faccio ridere e vengono fuori delle belle cose". Senza dubbio Sete non dice tutta la verità, ma scavando più a fondo si intravede un lavoro che vuole essere lasciato dietro le quinte. "Dire che lo aiuto è dire troppo - si schermisce - Dani sa guidare, è forte; io sono semplicemente un suo amico. Imparo tanto da lui quanto lui forse può imparare da me. È un discorso che nasce da tanti anni di amicizia, dal fatto di capirsi l'uno con l'altro, da un lavoro fatto a casa da 4 o 5 anni a questa parte". Che tipo di lavoro? "Sono cose belle e solo nostre, ce le teniamo per noi". Nelle corse in moto, come in ogni altro sport, alla fine sono i risultati che contano e allora si può promuovere Gibernau, quale che sia il suo ruolo. "Dani quest'anno ha vinto, non so se sia un coincidenza, ma aveva già vinto prima. Non lo ha fatto perché sono arrivato io". Sete continua a sfuggire, ma alla fine rivela qualcosa. Perché il suo lavoro con Dani finisce in pista, ma inizia prima ed è basato sulla fiducia reciproca. "Posso permettermi di fargli delle osservazioni sulla sua guida e anche di bastonarlo se serve - incomincia a rivelare qualcosa - Non gli dico solo come si fanno le cose, ma prima glielo spiego e poi lo faccio insieme a lui, in moto. È proprio questo aspetto il bello, io e lui possiamo girare insieme in pista e vedere immediatamente cosa cambia. Se dai un consiglio seduto su una sedia non hai tanta forza ma, se sali su una moto e fai quello che hai detto, cambia tutto".

È questo il segreto dell'accoppiata Gibernau-Pedrosa, due amici che si divertono e intanto imparano, e lo fanno con il mezzo che più amano: la moto. Può sembrare un'accoppiata strana, con "Hollywood" Sete e il riservato Dani, ma gli opposti si attraggono soprattutto se hanno una passione a legarli. Sarebbe però riduttivo descrivere la loro collaborazione come qualche giro in pista. "Ogni pilota ha dentro si sé tante cose: ci sono il talento, la mentalità, la voglia, il fisico…e un bel pezzo di fortuna. Si può costruire un pacchetto vincente; poi se vinci oppure no è un'altra storia". In questo pacchetto c'è una cosa che per Sete è molto preziosa: "La felicità, se ce l'hai, sia che tu vinca o che non vinca, hai già successo, anche negli errori. La prima cosa è avere successo, poi alle volte arriva anche la vittoria".

Sarebbe semplice appiccicare,a questo punto, a Gibernau l'etichetta di guru, ma lo spagnolo non ha certe mire. "La filosofia tante volte rimane lì, solo belle parole, quello che contano sono i fatti - avverte - Non ho un profilo Facebook e nemmeno Instagram, non li ho mai avuti, però vedo tanta gente che trova una frase ad effetto e la mette su internet. Pensa che sia sua, che lo rispecchi, ma poi continua a comportarsi come ha sempre fatto durante tutta la sua vita. Allora è una finzione, bisogna guardare dentro noi stessi, non prendere a prestito frasi dette da altri. Ha più senso dire una cosa propria che ripeterne una di Einstein". Credere e capire se stessi, per raggiungere i propri obiettivi. Facile a dirsi, ma "quello che conta sono i fatti, non le parole" interrompe Gibernau. Sete non è un coach, gliene diamo atto, ma in qualche moto ha un'influenza benefica su Pedrosa. In fondo sono solo parole e, come dice Sete, contano unicamente i fatti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA