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Michele Pirro, la forza in più di Ducati

In forze alla Ducati, Michele Pirro è l'uomo in più della Casa bolognese. Collaudatore, pilota nel CIV, wildcard in MotoGP, è anche coach al fianco di Dovizioso e Lorenzo. Il suo contributo? Decisamente prezioso, a detta di tutti
Andrea Doviziono e Michele Pirro nel corso di briefing
Abbiamo già parlato del "rapporto speciale" tra piloti ed ex, in qualità di coach: Valentino Rossi e Luca Cadalora o Wilco Zeelenberg in Yamaha. Tra i coach che "affollano" i box c'è anche Michele Pirro, in forze alla Ducati.
Pirro è più multitasking di uno smartphone di ultima generazione: collaudatore, pilota nel CIV, wildcard in MotoGP e anche coach. Il pugliese riesce bene in tutti i ruoli e non è un caso che a inizio anno, in Malesia, Lorenzo lo abbia ringraziato pubblicamente per il suo aiuto. "Jorge era abituato a lavorare con Zeelenberg e, quando è arrivato in Ducati, ha chiesto se poteva avere al suo fianco una figura che potesse dargli dei consigli" racconta Michele.

"La telemetria non misura le sensazioni del pilota"

Così è iniziato tutto e il tester è diventato coach, non senza qualche difficoltà. "Per me è una cosa nuova, e all'inizio è stato complicato trovarmi in questo ruolo perché corro ancora e mi sento un pilota in attività - confessa - È stato particolare, ho prima di tutto dovuto cercare di capire quale fosse la soluzione migliore, ho dovuto mettere da parte preconcetti per essere il più lucido possibile".

Pirro ci è riuscito ed è possibile vederlo a bordo pista a quasi ogni GP. Senza dimenticare che, a differenza degli altri coach, lui ha un vantaggio: conosce benissimo la Ducati che guidano i "suoi" piloti, avendo contribuito e continuando a svilupparla. "Quello che si vede in moto, pregi e difetti, si vede anche stando a bordo pista, non si discosta tanto" assicura. Allo stesso tempo può sfruttare l'esperienza a bordo pista per migliorare la Desmosedici. "Il vantaggio più grande, oltre a potere dare consigli ai vari piloti, è che, guidando io stesso quella moto, sono riuscito a guardare le cose anche da un altro punto di vista. Cerco di capire i problemi e poi cerco di trasferire le possibili soluzioni quando faccio i test", conferma. I classici due piccioni con una fava. "Però all'inizio per me è stata una sofferenza guardare gli altri girare stando fermo a bordo pista - sorride - Ora invece cerco di ottimizzare quel tempo e mettere a frutto questa esperienza quando guido".

Impossibile non chiedere anche lui la classica domanda a un coach: cosa si vede da bordo pista? "Non mi stupisce questo interrogativo, perché mi sono accorto, andando in giro con degli ingegneri o persone che non hanno mai corso, che si fa fatica a capire cosa guardare - spiega - Innanzitutto bisogna passare molto tempo nello stesso punto, a volte sto un intero turno in una sola curva. Vedo e sento tutto: dov'è il punto di frenata, come e se si scompone la moto, il rumore che fa, la cambiata, il carattere, la vedo a 360°, non mi focalizzo solo su un particolare. Poi metto insiemequello che ho visto con quello che ho sentito e cerco di unirli". Con un unico obiettivo: "Dare agli ingegneri un feedback diverso da quello dei numeri. Le sensazioni del pilota non sono misurabili dalla telemetria e questo fa la differenza".

Se già è difficile pensare che un pilota possa ricevere consigli senza battere ciglio da un pilota non più in attività, sembra impossibile che lo faccia da uno che corre ancora e che a volte si ritrova come avversario. "Dovi e Jorge non hanno bisogno di imparare niente da me, l'obiettivo è osservare gli avversari e cercare di capire dove potere migliorare - mette in chiaro Pirro - È questo che mi chiedono, e io do loro i miei feedback. Logicamente non disponiamo della telemetria degli avversari e, in qualche modo, è come se la ricavassimo attraverso le loro sensazioni e le mie: è un parametro in più da utilizzare. Sia chiaro, è solo un aiuto, non fa miracoli, ma in MotoGP la partita si gioca sui dettagli".

Un castello fatto di tanti piccoli mattoncini, che impilati correttamente formano e sostengono la struttura, altrimenti crolla tutto a terra. Michele, con la sua esperienza, è molto utile a Lorenzo che, dopo 9 anni di Yamaha, è entrato quest'anno in un nuovo mondo non senza difficoltà di adattamento. "Jorge è molto istintivo, per alcuni aspetti è un aspetto positivo ma per altri meno - dice Michele - Da parte mia, ho cercato solo di spiegargli che quello che gli stava capitando non era una cosa eccezionale, era già successo ad altri, doveva stare calmo, perché se avesse aggiunto pressione le cose sarebbero solo peggiorate. Credo che questi miei consigli nei primi test sulla Ducati gli abbiano fatto bene e abbiano contribuito a cambiare il suo approccio".

Non è un mistero che Ducati sia una moto molto particolare e, rispetto alla Yamaha, assomiglia al diavolo accostato all'acqua santa. In certe condizioni è facile perdere la strada: "Cerco sempre di fare stare calmo Jorge - il metodo di Pirro - Lui a volte vorrebbe fare tante prove diverse, cambiamenti sulla moto, mentre io, conoscendo bene la Desmosedici, lo freno un po'. Meglio procedere passo dopo passo, senza inventarsi nulla e arrivando alla soluzioni per gradi". Naturalmente, da pilota ancora in attività, Michele sente la competizione con gli altri coach: "Alla fine ognuno cerca di fare del suo meglio, è normale". Poi chiude raccontando un divertente aneddoto: "Una volta ero in pista a piedi, senza scooter; ho visto passare Cadalora e gli ho fatto segno come per chiedergli un passaggio, ma lui ha tirato dritto". In guerra e in MotoGP tutto è concesso.
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