a cura della redazione - 04 January 2017

L'ultima stella BSA, ispiratrice della Yamaha XT

Le BSA B25-B50 SS Gold Star e Victor sono scrambler d'epoca affascinanti per la linea e il motore monocilindrico 4T da 250 o 500 cc. Antesignane di una moda che i giapponesi rilanceranno (Yamaha si ispira a queste BSA per la XT 500), sono costruite solo dal 1971 al 1972, vittime del tracollo della BSA, che sparirà nel 1973. Molto rare in Italia

Il giro del mondo delle scrambler

Sarebbe una gran bella collezione a tema, quella ad avere come soggetto le monocilindriche scrambler costruite nel periodo degli anni Sessanta/Settanta. Una collezione che spazierebbe su modelli provenienti da quelli che allora, motociclisticamente parlando, erano i Paesi più importanti: Gran Bretagna, Italia e Giappone. Ultime, ma prime per praticità ed affidabilità, con la lucente Yamaha XT 500 del 1975, antesignana anche rispetto alle successive Honda XL e Suzuki DR, le giapponesi hanno avuto il merito di riscoprire e ridare lustro ad una tipologia di moto che era stata tra le più amate solo pochi anni prima. Le "tuttoterreno" sono cadute abbastanza rapidamente in disgrazia per l'avvento delle maxi stradali, ancora giapponesi, e delle Regolarità specialistiche, di cui noi italiani, insieme a tedeschi ed austriaci, eravamo i maestri. A fianco delle enduro del Sol Levante dovremmo poi allineare le Ducati Scrambler, che con i loro monocilindrici da 250 a 450 cc, all'inizio degli anni Settanta rappresentavano la moto alternativa, "dura" ma genuina e legata ad un'idea romantica del motociclismo che si stava estinguendo. E, dulcis in fundo, le inglesi. Furono proprio gli inglesi infatti ad inventare le scrambler per soddisfare una moda che già nei primi anni Sessanta contagiava i motociclisti americani, e, si sa, l'industria britannica viveva allora soprattutto sulle esportazioni sul mercato a stelle e strisce. "To scramble" in inglese è un verbo che ha molteplici significati: da arrampicarsi, inerpicarsi, a urtarsi, battersi, insomma un verbo che dà l'idea di una sfida, contro un avversario o contro qualcosa d'altro, come ad esempio un percorso fuoristrada. E proprio quest'ultimo è il significato che generalmente si attribuisce alle scrambler, moto robuste, magari un po' grezze, ma capaci di portarci ovunque, anche dove finisce l'asfalto.

Solo due anni di produzione

Le inglesi, dunque, con molti modelli più o meno civilizzati, più o meno potenti, con motori da pochi fino a molti cc, con uno o due cilindri, questi ultimi rigorosamente bicilindrici paralleli, poderosi, ma sicuramente meno indicati per l'uso fuoristrada. Ed infatti le scrambler inglesi più belle furono le monocilindriche, con quelle costruite dalla BSA e inimitabili per fascino e proporzioni. Dei molti modelli immessi sul mercato, pochi sono conosciuti in Italia, sia perché, Ducati a parte, da noi la moda della scrambler non attecchì poi molto, sia perché le moto inglesi sono sempre state costose e difficili da trovare se non presso famosi concessionari nelle grandi città. Così in Italia di BSA Gold Star SS (SS sta per Street Scrambler) o Victor 500 o 250, ne arrivarono pochissime nel breve periodo in cui vennero regolarmente prodotte, e che si colloca nel biennio 1971/1972 (qui le foto). Ma il loro significato storico è importante per due motivi. Primo perché furono le ultime discendenti delle gloriose monocilindriche BSA Gold Star, costruite in diverse versioni, soprattutto stradali, e di cui il primo esempio entrò in produzione addirittura negli anni Trenta, e secondo perché costituiscono il "canto del cigno" della Casa di Birmingham, nel senso che poco dopo la più grande fabbrica inglese di moto chiuse tristemente i battenti. Impegnati nel disperato tentativo di arginare il successo delle moto giapponesi sul mercato USA, gli inglesi si rendono presto conto che poco o nulla potranno fare contro Honda e Kawasaki, che con la gamma CB quattro tempi/quattro cilindri, e tre cilindri/due tempi, hanno ormai sottratto il monopolio delle maxi alle bicilindriche e tricilindriche Triumph, BSA e Norton. Resta però ancora un bel 30% di mercato rappresentato dalle scrambler e dalle più specialistiche enduro/cross, in cui le moto britanniche possono ancora avere chance di successo, ma bisogna fare in fretta, perché sia Yamaha sia Kawasaki, con una ampia gamma di leggere e accattivanti monocilindriche a due tempi da 50 fino a 350 cc, stanno imponendosi all'attenzione degli appassionati del fuoristrada più o meno impegnato.

Due motori per cinque moto

Ciclistica derivata dalle corse

Motore inglese in tutto e per tutto

Guida gustosa, ma non basta…

Lasciando la parte tecnica per quella estetica, senz'altro le Gold Star e Victor sono ampiamente riuscite, con una linea pulita ed elegante, ma anche molto personale perché caratterizzata dal piccolo serbatoio da 9 litri (ma chi lo preferisce di maggior capienza lo può avere da 13,5 litri) abbinato ad un ampio e confortevole sellone e dal silenziatore di forma trapezoidale con griglia paracalore a grossi fori.
Tra le due versioni a vista cambia poco: la colorazione del serbatoio, il parafango anteriore (basso sulla Gold Star) il disegno e la misura delle gomme. La moto è leggera, facile da guidare ed abitabile anche col passeggero. Si sfrutta bene in città, dove grazie alle sue doti ciclistiche sguscia veloce nel traffico, sul misto offre una guida gustosa così come sugli sterrati. Grazie alla loro struttura, le Gold Star-Victor vanno a costituire un prodotto piuttosto esclusivo e che vanta pochi rivali. Purtroppo la BSA, gestita negli ultimi anni in modo scellarato, è davvero con l'acqua alla gola avendo accumulato un debito spaventoso. Così la 250 esce di scena già nel 1971 e la 500 l'anno dopo. Nel 1973 anche il marchio BSA scompare definitivamente dal mercato, "ucciso" da chi l'aveva comprato (la Norton), prima vittima illustre del naufragio che da lì a poco vedrà affondare l'intera industria inglese.

DATI TECNICI (in parentesi le differenze della 250 cc)

(tra parentesi le differenze della 250 cc)
Motore

  • Tipo: monocilindrico 4 tempi
  • Raffreddamento: ad aria
  • Alesaggio e corsa: 84x90 mm (67x70 mm)
  • Cilindrata: 499 cc (247 cc)
  • Rapporto di compressione: 10:1
  • Distribuzione: aste e bilancieri con albero a camme nel basamento, 2 valvole in testa inclinate di 45° Alimentazione: carburatore Amal Concentric tipo 930 con diffusore da 30 mm (tipo 928 da 28 mm)
  • Capacità serbatoio caburante: 9 litri (a richiesta serbatoio da 13,5 litri)
  • Accensione: a ruttore con coppia di puntine, batteria da 12V, alternatore da 108W, candela Champion N4 (N3)
  • Avviamento: a pedale
  • Lubrificazione: carter secco con pompa di mandata e recupero, serbatoio da 2,25 litri nel telaio Trasmissione primaria: catena duplex lubrificata con 140 cc di olio, rapporto 1,857; pignone 28 denti (23) e corona frizione 52
  • Trasmissione finale: a catena; pignone 17 per Gold Star e 15 per Victor (16)
  • Frizione: multidisco a bagno d'olio
  • Cambio: 4 marce con pedale sulla destra, lubrificazione con 250 cc di olio

Ciclistica
  • Telaio: monotrave in acciaio sdoppiato inferiormente sotto al motore
  • Inclinazione cannotto: 27°
  • Sospensione anteriore: forcella BSA tele idraulica con steli da 35 mm di diametro, 190 cc di olio per gamba, Sospensione posteriore: due ammortizzatori Girling regolabili su tre posizioni di molla
  • Freno anteriore: tamburo a doppia camma da 203 mm di diametro; in alternativa tamburo a camma singola da 152,4 mm di diametro
  • Freno posteriore: a tamburo a camma singola da 177,8 mm di diametro
  • Ruote: cerchi a raggi in acciaio
  • Pneumatici: Dunlop, ant 3,25-18; post 3,50-18 (per Victor ant 3.00-20, post 4.00-18)
  • Mozzi: conici in lega leggera
Dimensioni e peso
  • Lunghezza: 2.154 mm
  • Larghezza: 736 mm
  • Altezza sella: 812 mm
  • Interasse: 1.371 mm
  • Peso a vuoto: 140 kg (131,6 kg)
Prestazioni
  • Potenza max 34 CV a 6.200 giri (22,5 a 8.250)

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