Tecnica: il segnale di pericolo futuristico
Scambiarsi segnali
SCAMBIARSI SEGNALI Lo scorso ottobre, un gran numero di ragazzi si
sono ritrovati a Dudenhofen, in Germania, per giocare con i loro radiocomandi.
Solo che la pista era l’Opel Test Track, i ragazzi erano ingegneri e i
veicoli erano auto e moto veri. Audi, Volkswagen, BMW, Mercedes, Fiat,
Honda, Opel, Renault, Volvo. E gente da Alpine, Autoliv, Delphi, Denso,
Efkon, Hitachi, Lesswire, NEC, Conti-Siemens, più vari Istituti di Ricerca.
Una bella Babele che riproduceva in pieno la situazione del traffico reale,
con veicoli (auto, moto e camion) di tipo e concezione completamente diversi,
una segnaletica stradale che varia ancora significativamente da Paese a
Paese e poche possibilità di capirsi. Una Babele in cui bisogna mettere
ordine con un protocollo, una lingua comune che permetta alle auto, e magari
anche all’infrastruttura – dai semafori ai passaggi a livello
– di scambiarsi
segnali.
Il CAR2CAR
IL CAR2CAR non è l’unico
sforzo messo in atto al riguardo, ma è probabilmente il più importante.
Purtroppo in campo moto per il momento solo Honda e BMW vi hanno partecipato,
perché già attivi anche nella ricerca per i sistemi auto; nelle stesse
ricerche sono però coinvolti fornitori indipendenti di tecnologia (Bosch,
Conti, Delphi) che potranno in futuro garantire la disponibilità di piattaforme
da installare anche sulle due ruote, certamente le più penalizzate negli
incidenti in area di incrocio. Probabile un interessamento anche dei produttori
di abbigliamento, che si stanno già muovendo in direzione della
“convivialità
Bluetooth” (musica e conversazione) e potrebbero presto integrare segnali
provenienti dalla strada o da altri veicoli non appena sarà definito questo
benedetto protocollo e pronta l’infrastruttura.
V2V
V2V Già in fase di sperimentazione
sono i sistemi V2V, per la comunicazione da veicolo a veicolo; in realtà
tali sistemi prevedono anche la comunicazione tra veicolo e infrastruttura.
Honda ha lavorato soprattutto sull’interfaccia con il guidatore (HMI),
la cui efficacia gioca larga parte nell’efficacia del sistema in generale.
L’HMI di Honda, sia visiva che sonora, è semplice e intuitiva. Sulla parte
superiore del cruscotto i tecnici hanno inserito una luce in grado di segnalare
il pericolo al motociclista senza distoglierne l’attenzione dalla strada.
L’intensità, il colore e la posizione della luce provvedono a fornirgli
informazioni intuitive sull’entità del pericolo. A far sì che la luce
non venga ignorata provvede un segnale acustico in forma vocale, inviato
al casco via Blutooth, che può ad esempio segnalare un veicolo proveniente
da destra.
XFCD BMW
XFCD BMW ha mostrato già
nel 2005 il sistema XFCD (“Extended Floating Car Data System”) che
permette
alle auto e alle moto di registrare e scambiarsi in tempo reale informazioni
sulle condizioni meteo e sulla situazione del traffico. Anche in questo
caso il veicolo non ha bisogno di “vedere” avanti a sé con radar e
telecamere:
una chiazza d’olio dietro una curva, ad esempio, può essere segnalata
dai veicoli che la hanno già incontrata ancora prima che sia visibile.
La novità consiste proprio nel fatto che i veicoli sono in grado di
valutare da soli la pericolosità della situazione, senza passare per
un sistema di elaborazione dati centrale. Il sistema sfrutta una localizzazione
molto accurata della posizione della vettura tramite D-GPS ed è in grado
di gestire in 10 millesimi di secondo anche situazioni con più di 50 veicoli
presenti. Non è necessario molto hardware supplementare, perché i dati
di base (velocità, temperatura, eventuale accensione dei fari fendinebbia,
intervento del controllo di trazione ecc.) sono quelli già normalmente
raccolti dalla vettura. Nel frattempo, BMW Motorrad Italia lavora
indipendentemente
con la Facoltà di Design del Politecnico di Milano su diversi progetti
per aumentare la visibilità dei motociclisti.
La lingua comune
LA LINGUA COMUNE Per quanto
questo possa sembrare remoto, non si tratta di tecnologie futuribili. In
buona sostanza, manca solo una lingua comune, ma nel campo auto sono già
in produzione sistemi a videocamera in grado di leggere i cartelli stradali,
ricordare al guidatore i limiti di velocità e le condizioni della strada
che sta percorrendo e addirittura sterzare e frenare autonomamente in caso
di pericolo. Resta indietro la moto e resta purtroppo indietro l’Italia:
tra i membri del consorzio c’è il Centro Ricerche Fiat, ma nessuna Casa
motociclistica, nessun componentista e nessuna università. Un peccato,
perché non c’è dubbio che il futuro sia questo. In proporzione, il sistema
CAR2CAR è più efficace di un ABS: fa sicurezza “pro-attiva”, grazie
alla
componente predittiva legata allo scambio di informazioni via radio. Poco
invasive, ingombranti e (in prospettiva) costose, le tecnologie per mettere
la moto in rete avranno lo stesso effetto dei telefoni cellulari: una volta
realizzate, ci chiederemo come facevamo prima.