Comparativa Naked 600-650
Come sono fatte
In una categoria dove conta soprattutto la polivalenza si sfidano la più
nuova (Kawasaki ER-6n), la più sportiva (Cagiva Raptor
650),
la più longeva (Suzuki SV 650) e una quadricilindrica
(Honda
CBF600N). Alla prova dei fatti sono emerse differenze
sostanziali
di carattere, segno che anche su moto semplici e prive di carenature
le scelte progettuali possono essere determinanti.
Kawasaki ER-6n. Cybermoto a buon prezzo
Esteticamente la più moderna e anticonformista è la Kawasaki ER-6n. Quasi
una cyber-moto.
I convogliatori protesi in avanti ricordano quelli della Benelli TNT,
mentre il codino sfuggente è forse l’elemento meno appariscente di tutta
la moto. Il telaio in tubi di acciaio è verniciato di rosso così come la
molla del “mono” collegato direttamente al forcellone senza
l’interposizione
di leveraggi e posizionato sul lato destro completamente in vista.
Davvero originale è il cupolino che ospita il faro a doppia parabola molto
bombato e sviluppato in verticale. Altre note distintive sono i bei
dischi freno a margherita sia davanti sia dietro e lo scarico sotto il
motore.
Belle anche le leve frizione e freno regolabili nella distanza dal manubrio,
quando le avversarie hanno la frizione fissa.
Solo il forcellone e le saldature del telaio svelano una moto tutto sommato
economica. Inutile cercare componentistiche pregiate, sospensioni
pluriregolabili
e materiali pregiati: qui la regola primaria è contenere i costi. E allora
vanno bene le piastre di sterzo sottili, a un solo bullone di serraggio
e le sospensioni prive di regolazioni.
Anche il disegno del cockpit è ricercato design. Ma, di fatto, la
strumentazione
è di tipo tradizionale con contagiri a lancetta e display a cristalli liquidi
per tachimetro/contachilometri e un’altra serie di informazioni. Le
solite spie di servizio ci sono tutte mentre manca l’indicatore della
benzina.
Avversarie tradizionali
Decisamente più tradizionali le avversarie che adottano il classico silenziatore laterale (ad eccezione della Cagiva che ne ha due), dischi freno tondi e monoammortizzatori posteriori montati centralmente, senza leveraggi per la CBF, con leveraggi progressivi su SV e Raptor.
Ora ci vogliamo concentrare sul capire quale sia il valore qualitativo di queste moto che nascono con il difficile compito di coniugare un prezzo decisamente contenuto con un’immagine moderna e una qualità accettabile. Giocoforza da qualche parte si deve risparmiare, magari dove l’occhio non vede. Così si trovano saldature, neanche tropo nascoste, un po’ grossolane, telai in acciaio dall’aspetto economico e sospensioni prive di registri esterni di regolazione. Ma ci sono anche delle eccezioni a questi tratti generali comuni: il telaio in acciaio della Raptor è ben fatto e appaga la vista e la guida (ma è anche vero che la Cagiva è l’unica che passa, abbondantemente, i 7.000 euro).
La Suzuki SV ha, unica del quartetto, un bel telaio in alluminio ed è anche la sola con una forcella regolabile nel precarico delle molle.
In mezzo alle tre bicilindriche abbiamo voluto mettere la quattro cilindri Honda CBF600N, perché è competitiva nel prezzo e perché rappresenta una valida alternativa alle bicilindriche. Le differenze, tuttavia, sono palesi già a un primo approccio visivo. Le dimensioni sono maggiori, la moto sembra più lunga e il motore, quello della Hornet, sposta la proporzione dei volumi verso la meccanica, più delle 2 cilindri.
In sella, poi, continuano le differenze: il propulsore più largo obbliga a utilizzare un serbatoio più ampio e, benché la posizione delle gambe sia sempre comoda, la differenza con le strette bicilindriche è netta.
Quanto costano
La Suzuki e la Kawasaki sono in offerta per questo finale di 2005, rispettivamente a 6.180 e 6.190 euro (Oltretutto Kawasaki - appena arrivata dai concessionari - è già in testa alle classifiche di vendita). Per portarsi a casa la Honda occorrono 6.540 euro, mentre per la Cagiva Raptor ci vogliono ben 7.674 euro. Ora che le dirette avversarie sono calate a poco più di 6 mila euro, la cifra richiesta per la Raptor appare elevata e difficilmente giustificabile, nonostante le innegabili doti di guida. Un’ultima annotazione sulla sicurezza: la ER-6n è l’unica disponibile, a richiesta, con l’ABS a doppio canale, offerto con un sovrapprezzo che dovrebbe aggirarsi attorno ai 500 euro.
I motori
I propulsori vedono due cilindri in linea per Kawasaki; il 2V Suzuki (adottato
anche dalla Cagiva). Solo Honda ha 4 cilindri e l'alimentazione a carburatori.
Iniziamo col dire che Cagiva utilizza il motore Suzuki della SV, con pochissime
modifiche. La base del propulsore è molto buona: si tratta di un
bicilindrico
a V di 90° raffreddato a liquido, un’architettura più complessa e costosa
e raffinata rispetto ai concorrenti.
I propulsori della Raptor arrivano dal Giappone in cassa con già dentro
parte dell’olio motore e vengono messi a punto dai tecnici di Schiranna
per accordare l’alimentazione con il sistema di scarico con doppio
silenziatore,
attraverso una diversa mappatura della centralina.
Il radiatore ricurvo completa il panorama delle differenze tra il motore
che vediamo montato sulla Suzuki e quello della Cagiva.
Più semplice il motore della Kawasaki ER-6n.
Ha una sola testata in luogo delle due teste del motore SV, due cilindri
integrati in un’unica fusione, quando la Suzuki ha due elementi separati
(che se non costano il doppio, poco ci manca) e due alberi a camme,
invece dei quattro della rivale. Insomma, la Kawasaki è figlia
dei
tempi moderni, nascendo fin dal primo tratto di penna del progettista per
costare poco.
Entrambe hanno un contralbero per equilibrare le forze d’inerzia
secondarie,
montato frontalmente rispetto all’abero motore. L’alimentazione sui
due
motori è a iniezione elettronica con due corpi farfallati (da 38 mm su
Kawa e 39 mm su Suzuki). Decisamente superquadro il motore della ER-6n,
con un rapporto corsa/alesaggio di 0,723, contro i 0,773 della rivale diretta
che comunque mantiene un carattere sportivo.
Sul motore della Honda CBF600N è stato detto tutto.
E' il 4 cilindri in linea raffreddato a liquido a doppio albero a camme
in testa. L'alimentazione è affidata a 4 carburatori da 34 mm a valvola
piatta. Sul piano prestazionale la 600 Honda regge il confronto con le
rivali bicilindriche, soprattutto per quanto riguarda il valore di potenza
massima (70,48 CV), ma cede il passo sul piano della coppia e delle
prestazioni velocistiche a causa di un’erogazione meno corposa su tutto
l’arco di utilizzo e di un peso mediamente superiore di circa 20 kg in
ordine di marcia.
L’unica omologata Euro 3 è la ER-6n. Le altre sono Euro 2 (Suzuki sarà
Euro 3 dal 2006).
Come vanno
Dare gas non è mai stato così facile perché sono quattro moto sostanzialmente
sane. Ma le differenze di carattere ci sono eccome. Ecco le loro caratteristiche
di guida.
Cagiva Raptor. La sportiva
L’anima sportiva della Raptor è chiara. Il basso manubrio invita a una
guida di corpo. La frizione è morbida e la rapportatura del cambio è
perfetta, con le prime marce ravvicinate per migliorare lo spunto da
fermo e le altre tre più distese. La precisione negli innesti è buona,
ma il comando è leggermente più duro rispetto a quello, sulla carta identico,
della Suzuki SV, probabilmente poiché bisognoso di un po’ di chilometri
di rodaggio per rendere al meglio (l’SV in prova aveva circa 2.000 km
in più). Oltre i 130 km/h costanti è lei la più protettiva grazie al
cupolino che devia l’aria oltre il casco del pilota.
Suzuki SV. Non si sbaglia
Sullo stretto l’unica capace di tenere il passo della Raptor (che esiste
anche in versione 1000) è proprio l’SV forte del motore più a
punto
e della ciclistica sana e facile da gestire. Nelle mani di un neofita
questa intuitività si trasforma in un approccio meno traumatico e, in soldoni,
in un gran divertimento. Dandoci dentro, però, c'è il limite dei
pneumatici Dunlop D220 che privilegiano la durata al grip e la taratura
di base del “mono” posteriore un po’ morbida se il pilota
supera i 75
kg.
Honda CBF. Non cattura
La CBF è una moto con poca personalità estetica e non particolarmente
coinvolgente
nella guida. Frizione, cambio, motore… tutto è morbido nel funzionamento,
facile e affinato da quasi 15 anni di servizio. Come fa allora un motore
del genere ad andare male? Non può. Infatti la CBF fa onestamente il
suo lavoro. Ma avremmo preferito dire che fa "egregiamente" il
suo lavoro.
Sicuramente l’opera di depotenziamento ha, a nostro avviso, limato troppo
il carattere del 4 cilindri. Passi il fatto che ai bassi regimi non ci
sia molta spinta, ma agli alti qualcosina in più di un semplice bicilindrico
lo avremmo gradito. Invece è un motore elettrico, incredibilmente fluido
fin dai 1.500 giri, ma troppo smorzato nella sua indole. D’altronde
chi ha velleità sportive vorrà la Hornet.
Kawasaki ER-6n. Moto facile
La nuova Kawa è una moto facile e conferma quanto detto in occasione del
test (Motociclismo agosto). Quello che, però, abbiamo scoperto mettendola
in comparativa con le concorrenti bicilindriche è un motore meno potente
e dotato in termini di coppia. Le minori performance del propulsore,
che paga quasi 7 CV alla Suzuki, sono ben nascoste da una rapportatura
più corta e da una esemplare regolarità di erogazione.
La ciclistica è sana, priva di reazioni brusche e anche notevolmente agile.
Nei percorsi tortuosi si può tenere un ritmo notevole, ma la postura passiva
in sella non permette di sentire cosa combina la ruota anteriore. Ci vorrebbe
un manubrio ben più ribassato per caricare un po’ di peso sui polsi e
“sentire” l’asfalto.
Le vibrazioni non sono fastidiose. Invece la posizione del corpo eretta
pregiudica il comfort nei veloci trasferimenti autostradali. Fino ai
130 km/h indicati non ci sono problemi, mentre oltre diventa faticoso percorrere
lunghe distanze.
Il passeggero
La classifica della più comode secondo il passeggero vede prima la Honda;
seconda la Kawa, terza la Cagiva e quarta la Suzuki. Ecco i motivi
La Honda CBF è la più comoda per il passeggero. Il merito è del confort
offerto dalla sella ma anche grazie agli estesi maniglioni in materiale
sintetico, comodi per aggrapparsi e anche belli anche da vedere.
La posizione offerta dalla porzione posteriore non è troppo più alta rispetto
al pilota e non si è molto esposti alla forza del vento.
Il passeggero della Kawasaki impugna facilmente alle due maniglie e assume
una posizione salda e confortevole senza particolari scompensi.
La porzione di sella a sua disposizione è sufficientemente ampia, anche
se più piccola di quella di Honda e Suzuki. Anche in questo caso, come
sulla Honda, non è eccessivo lo scalino tra la parte del passeggero e quella
del pilota.
La Cagiva Raptor ha un maniglione posteriore molto comodo da impugnare,
ma la sua notevole distanza rispetto alla sella limita la stabilità del
passeggero, soprattutto in frenata. In compenso la forma anatomica
della sella offre un grande comfort e il suo rivestimento è antiscivolo.
I piedi trovano un comodissimo punto di appoggio anche per i talloni sulla
struttura ad “artiglio” a filo dei silenziatori.
La Suzuki SV 650, per finire, ha il maniglione troppo vicino alla sella
e si fatica a impugnarlo saldamente, soprattutto se si utilizzano
guanti
invernali. La stabilità e la comodità della sella, però, sono a livello
delle migliori concorrenti.
Il banco
Il grafico delle curve di potenza e coppia evidenzia il diverso temperamento
dei motori di Suzuki e Kawasaki, ma anche le notevoli differenze tra
l’unità che equipaggia l’SV e quella della Raptor.
Quest’ultima appare afflitta da un buco di coppia ai bassi regimi, per
la verità non avvertibile su strada, mentre le due avversarie bicilindriche
mostrano una superiore linearità delle curve.
Prive di flessioni anche le curve di coppia e potenza della CBF600N, che
però evidenzia il gap prestazionale rispetto alla SV lungo tutto l’arco
di utilizzo, salvo riprendersi con un picco di potenza
allineato
alla migliore del lotto, la Suzuki.