di Tommaso Pini - 17 June 2022

Turismo: Spagna, sulle strade del califfato

L’Andalusia non è solo sole, mare, tapas e azulejos: è anche dune e sierre lunari, è contaminazione fra cultura cattolica e moresca, fra Europa e Africa. È il duende un’inquietudine, una malinconia sottesa a toreri, ballerini di flamenco, pittori, musicisti, poeti di questa regione di Spagna

Andalusia

Difficile non amare la Spagna! Il suo clima, le tapas, la sangria, il colore e il calore dei suoi abitanti: la penisola Iberica è forse il Paese che più si avvicina al nostro modo di vivere, soprattutto in vacanza. Il viaggio che stiamo per raccontarvi si è svolto nel sud della Spagna, a cavallo di Capodanno, a testimonianza che in Andalusia si viaggia in qualsiasi periodo, anzi, a fine inverno si può apprezzare ancor di più il clima mite grazie alla sua latitudine, compresa tra 36º e 38º44’ N. Al contrario, in piena estate la vicinanza con l’Africa si fa sentire e il territorio diventa “muy caliente”.

Il nostro tour è partito a ridosso del Natale. Per non bruciare le festività nella tappa di trasferimento, abbiamo spedito le due BMW (R 1250 GS ADV e R 1250 GS) via terra approfittando del passaggio del tour operator Ridermap, la nostra guida, per poi recuperarle comodamente una volta atterrati a Valencia. Volendo percorrere on the road l’intero tragitto basterà aggiungere 1.300 km all’itinerario (da Milano) e una o due notti lungo la via.

Per raccontare il nostro viaggio al meglio lo abbiamo suddiviso in due. Il punto di partenza è stata la cittadina medievale di Alcaudete (in provincia di Jaén), ai piedi della Sierra Ahillos e sulla rotta dell’Oil Rail Trail. Una curiosità: un tempo l’ex linea ferroviaria Puente Genil-Linares era indispensabile per lo sviluppo del territorio che attraversava, inizialmente destinata al settore minerario e poi riconvertita al trasporto di olio d’oliva (l’estensione degli uliveti è incredibile).

Oggi alcune tratte sono usate come percorsi trekking e ciclovie. Entrando in Andalusia le abbiamo incrociate più volte viaggiando per centinaia di chilometri, immersi in una bellissima cartolina monocromatica. Introdotta da Greci e Fenici, la produzione iberica di olio d’oliva raggiunse il culmine durante l’Impero Romano e, da quel momento, non si è più arrestata: oggi (dati gennaio 2022) la Spagna produce oltre il 50% della produzione mondiale di olio d’oliva (circa 5.276.899 tonnellate di olive annualmente) di cui il 75% arriva dall’Andalusia. Per darvi un’idea: la raccolta inizia a ottobre e finisce ad aprile!

Dati da capogiro, come il paesaggio che da Valencia raggiunge Jaén e Cordova: mai visti tanti ulivi tutti insieme. Nella seconda parte di questo viaggio approfondiremo l’argomento su questo oceano verde che non potevamo però non accennarvi. Il bello di questa regione infatti sta tutto nella sua forte diversità di paesaggio, ma andiamo a scoprirla.

Dalle spiagge alle Sierre

L’Andalusia ha tutto ciò che un motociclista possa desiderare. È bagnata dal Mar Mediterraneo e dall’Oceano Atlantico, quindi spiagge, balconi naturali e splendide litoranee vista mare. Dallo Stretto di Gibilterra tende la mano all’avventura, facendo sognare le strade e i deserti africani. La loro vicinanza la si apprezza mettendo la freccia al Mirador dell’Estrecho, appena oltrepassata Gibilterra sulla scorrevole N-340: da qui, nelle giornate terse, si distingue chiaramente il profilo dell’Atlante marocchino. Gibilterra, dopo la Brexit, è rimasta comunque inclusa nello spazio Schengen con un accordo speciale per tutelare e non stravolgere commercio e vita quotidiana di migliaia di persone.

Ma l’Andalusia non è solo mare: Sierra Morena e Cordigliera Betica (di cui fanno parte Sierra Nevada, Sierra Elvira e Monti Aljibee) offrono montagne, paesaggi e strade di tutto rispetto: si sale oltre i 1.300 metri con le vette della Sierra Morena (Bañuelas, 1.324 m s.l.m.) e si superano i 3.500 metri con quelle della Sierra Nevada (Mulhacén, 3.482 m e Veleta, 3.394 m sono i picchi più alti). Su strada, però, si toccano al massimo i 2.550 m dove, al Refugio Militar Capitan Cobo, una sbarra frena ogni velleità di ascesa.

Per non farsi mancare niente, tra una catena e l’altra, scorre il Guadalquivir (dall’arabo wadi al-Kabir che vuol dire "fiume grande”): l’unico fiume navigabile della Spagna, che attraversando Siviglia scorre per oltre 657 km lungo la depressione Betica, fino a gettarsi in mare a Sanlúcar de Barrameda, nella provincia di Cadice. Non per ultimo (ma sarà protagonista del secondo racconto) il deserto di Tabernas, circa 30 km a nord della città di Almería: l’unico deserto considerato tale in tutta Europa.

Benvenuti sulla Luna!

Passiamo per Cabra percorrendo la A-339 che attraversa il Parco Naturale della Sierra Subbetica, con gli ulivi a fare da quinta fino alle porte di Lucena. Qui, tra le mura del castello del Moral (XI secolo) fu imprigionato Boabdil della dinastia dei Nazarí, ultimo sultano del Sultanato di Granada, caduto nel 1492 durante la Reconquista.

Per cambiare scenografia dobbiamo puntare verso il lago artificiale di Iznajar e, lanciato il drone, apprezziamo le forme sinuose con cui gioca anche la strada. L’obiettivo della giornata è arrivare al tramonto sulla Sierra de Torcal, a sud di Antequera. Un paesaggio carsico di inestimabile bellezza che si è meritato il titolo di Sito Naturale di Interesse Nazionale (luglio 1929). Il punto più alto di El Torcal è Camorro de las Siete Mesas (1.336 m), la strada che lo raggiunge è incastonata in un paesaggio lunare plasmato da una lenta e inesorabile azione atmosferica.

Con gli ultimi raggi di sole si chiude un fiabesco sipario rosa, la temperatura scende rapidamente e noi con lei, cercando rifugio in una birretta in plaza Coso Viejo, al centro della bellissima Antequera. È tra le città più antiche dell’Andalusia (risalente a 4000 anni a.C.) e il suo skyline vanta oltre 30 campanili e un’imponente Alcazaba Araba (fortificazione in stile moresco dell'XI sec). Dolmen de Menga e Dolmen de Viera sono un’ottima scusa per una visita megalitica prima di riprendere il viaggio.

Estremo sud

Con la A-343 si precipita a Sud con una guida fluida e armonica, costeggiando il Parque Nacional Sierra de las Nieves che anticipa Ronda. Montagne e foreste spodestano gli ulivi. Ottimo asfalto e ampie traiettorie regalano un ritmo di guida vivace. Difficilmente si incontrano strade strette e, quando capitano, hanno il loro perché.

Divertiti raggiungiamo ben presto Ronda, dove la sosta è d’obbligo. Città nuova e città vecchia sono separate da una profonda gola (El Tajo) a strapiombo sul torrente Guadalevín, sovrastata dall’imponente Puento Nuevo, costruito tra il 1784 e il 1788. Per ammirarlo bastano pochi passi a piedi: segnatevi Plaza de Maria Auxiliadora e sfoderate la macchina fotografica! Ma prima fate come noi: entrate nella più antica Plaza de Toros di Spagna, portatevi al centro, chiudete gli occhi e lasciatevi pervadere dal brivido della corrida. La tauromachìa (combattimento tra bovini o contro l’uomo) ai tempi d’oggi è fortemente criticabile, ma è parte indiscussa della tradizione spagnola come ricorda ogni piccolo pueblo dove la piazza dei tori non manca mai.

Lo Stretto di Gibilterra è il punto più a sud del nostro itinerario: 14 km separano il continente europeo da quello africano, mettendo una gran voglia di avventura su ruote tassellate. Ma 14 kilómetros è anche il titolo di un docufilm che racconta il problema dell’immigrazione, che da sempre macchia questo tratto di mare con tristi storie di naufragi.

Risalendo, ci siamo concessi una sosta geografica che è sempre apprezzata da noi motociclisti: la punta più a sud d’Europa, che si trova subito dopo playa Chica a Tarifa. Qui il vento ti spettina anche i pensieri. Oltre al kite-surf e al windsurf, a Tarifa si pratica anche il wing-foil. Ma la deviazione che ci preme segnalare è poco più avanti: lasciata la A-340, seguite le indicazioni per playa Punta Paloma. All’improvviso vi troverete con le ruote sulla sabbia, catapultati tra le dune de Valdevaqueros, in una cartolina spettacolare e insolita.

I villaggi bianchi

Di Cadir (Cadice, fondata dai Fenici intorno al 1100 a.C.) ci ha conquistato subito il suo centro storico. Mentre la esploravamo in sella eravamo accompagnati dal fragore delle onde atlantiche, che infrangendosi sulla costa creano l’atmosfera perfetta per una passeggiata lungomare.

Qui protagonista è la monumentale Cattedrale Nuova. Passata per mani diverse, porta con sé tre stili: barocco, rococò e neoclassico. Fermata la moto per un caffè, ci siamo messi a chiacchierare con alcuni abitanti scoprendo il carnevale di Cadice (12 giugno 2022): una festa pittoresca con carri allegorici e figuranti che attraggono l’intera Spagna.

Non sempre le strade divertono, a volte sono soltanto strisce di asfalto che uniscono punti meritevoli come Cadice e Jerez. Quest’ultima città andalusa è ben nota a noi bikers per l’autodromo, intitolato alla memoria di Ángel Nieto Roldan, campione spagnolo pluri iridato (13 titoli) del Motomondiale. Un circuito lungo 4428 metri che ospita MotoGP e Superbike ma, nel tempo, è diventato troppo lento per la Formula 1.

Continuando il nostro viaggio culturale nell’Andalusia post Reconquista, la locuzione de la Frontera ci creava non poca curiosità e, di fatto, si riferisce alla Frontiera Granadina che divideva l'islamico Regno di Granada dai regni cristiani di Cordova, Jaen e Siviglia. Periodi storici che hanno fortemente plasmato l’attuale paesaggio della Spagna meridionale, come dimostrano i molti castelli a protezione delle città andaluse. Altra caratteristica che salta all’occhio in quest’area è il colore delle case: Los Pueblos Blancos, ovvero i "villaggi bianchi", sono infatti una manciata di paesini tra i più belli e caratteristici di tutta l’Andalusia. Sono i paesini di una volta, dove il tempo si è fermato e l’atmosfera è rilassata e rilassante.

Ubicati nell'entroterra di Cadice, tra il capoluogo e il Parco Naturale della Sierra di Grazalema, ci siamo segnati Arcos de la Frontera e Grazalema. Li accomuna il bianco della calce che ricopre la quasi totalità degli edifici, che impermeabilizza e riflette i raggi solari infuocati dell'Andalusia. La calce arriva dalle cave di Morón de la Frontera, utilizzate già nel 1528 per la costruzione della Sagrestia Maggiore della Cattedrale di Siviglia. A Morón (Patrimonio Unesco) è possibile scoprire quest’antica tradizione in un piccolo museo dal nome Cal’ de Morón. Il gestore e vecchio operaio, curiosità non da poco, è anche colui che ha ispirato la statua all’ingresso del paese.

Una breve visita vi permetterà di capire tutto il lavoro che si cela dietro quelle pareti bianche. Arcos de la Frontera è un vero e proprio gioiello architettonico, protetto dalle mura del castello arabo de los Arcos. Appartiene ai cosiddetti Pueblos Blancos. Poco dopo, lungo la strada, attraversiamo anche Grazalema, in prossimità dell’omonima Sierra. Anch’essa è un Pueblo Blanco con origini arabe ed è famosa per la produzione di mantas (coperte di lana).

Fino alla porta dell'Atlantico

Alcune città come Siviglia non smetteresti mai di visitarle, da quanto sono belle verrebbe voglia di viverci. Ma in un viaggio così il tempo è tiranno e, alla fine, lascia soltanto un’infarinatura grossolana del territorio. Tornateci più volte, noi lo faremo di sicuro.

Avvicinandosi con la moto ci siamo concessi quattro passi nell’incantevole Piazza di Spagna. Qui ci si riempie gli occhi di raffinata bellezza e, se si è fortunati, si respira l’energia del flamenco di strada. Non a caso è la capitale dell’Andalusia, nel suo scrigno urbano conserva storia e tradizione, senza precludersi all’innovazione. Per ammirarla da una terrazza insolita abbiamo raggiunto la pergola di legno più grande del mondo: ”Setas de Sevilla", nata dalla penna dell'architetto tedesco Jürgen Mayer, è alta 26 metri e si trova in Plaza de la Encarnaciòn. Il moderno complesso architettonico offre una passerella unica sullo skyline della città, un mercato, uno spazio eventi e un museo archeologico. Per tutto il resto non basterebbe un servizio intero a raccontarla. Passateci più tempo possibile.

Tornando sulla costa occidentale, prima di entrare a Huelva ci siamo concessi una piccola deviazione a tema storico sulla sponda orientale del Rio Tinto, per transitare nelle tre piccole cittadine di Palos de la Frontera, La Rabida e Moguer (dette "Lugar Colombinos”), che furono palcoscenico della preparazione del viaggio di Cristoforo Colombo. Da qui, il 3 agosto 1492, il navigatore genovese levò le ancore a bordo della Santa María, con Vicente Yáñez Pinzón, sulla Niña, e Martín Alonso Pinzón, sulla Pinta… e poi arrivò in America!

Huelva è una città portuale moderna e dinamica, detta anche "Porta dell’Atlantico”. Il Muelle (molo) della Compañía de Riotinto ci ricorda il suo ruolo nel commercio marittimo fluviale. È l’ora del tramonto, parcheggiate le moto saliamo sulla complessa struttura che si stacca sul fiume Odiel, disegnato da Sir George Barclay Bruce e Thomas Gibson (1874-1876). L’opera ingegneristica è ciò che resta dei binari su cui viaggiava il minerale estratto dalle miniere del Fiume Tinto prima di venire imbarcato. L’altisonante nome (Rio Tinto) è stato un invito a prendere la cartina in mano e trovare un punto d’incontro, avvenuto sull’HU-5104, poco prima di Berrocal. Sotto le eliche del nostro drone si è palesata una tavolozza di colori imbarazzante.

Nel regno del Pata Negra

Quando alle belle strade si aggiunge il buon cibo, la ricetta di viaggio è completa, e Jabugo offre entrambi.

La N-435 entra scodinzolando in paese regalandoci ritmo e divertimento, ma il vero premio è sedersi da Cinco Jotas (dal 1879) per una degustazione di Pata Negra: 7 kg di Cinco Jotas Jamon 5J - etichetta nera possono arrivare a una quotazione di oltre 500 euro. L’azienda è riconosciuta come il produttore più pregiato al mondo di Pata Negra. La caratteristica che rende così pregiato questo prosciutto è racchiusa tutta nell’animale: minimo 50% di geni di pura razza iberica e alimentazione a base di sole ghiande durante l’intera fase di ingrasso allo stato brado. Si scioglie in bocca.

La Sierra Morena ci regala le ultime traiettorie guidate di gran gusto, con uno sguardo sulla mezzeria e uno in cielo, a caccia (solo con lo sguardo) di aquile, nel tratto del Parque Natural Sierra de Hornachuelos alle porte di Cordova. Prima di arrivare in città veniamo rapiti dal fascino del Castillo di Almadovar del Rio, splendida location della settima stagione di Games of Thrones (set di Castel Granito e Alto Giardino). È un castello di origine musulmana, ricostruito svariate volte durante il Medioevo.

Cordova chiude il primo anello del nostro viaggio. Durante l'epoca d’oro islamica, divenne la città più grande d’Europa, superando Costantinopoli. È consigliabile mettere il cavalletto e proseguire a piedi. E così abbiamo fatto, dedicando un’intera mattinata a visitare la Mezquita (grande moschea, 784 d.C.) e preziosa espressione di arte arabo-islamica. La passeggiata è proseguita nel centro storico, attraversando la Porta di Almodóvar per entrare a La Judería, il vecchio quartiere ebraico, dove si trova anche l’unica Sinagoga esistente in Andalusia. Insomma, se si ha voglia di fare i turisti il materiale non manca.

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