di Leonardo Lucarelli - foto Tommaso Pini - 25 January 2017

Asturie in moto

Viaggio in moto in Spagna: le Asturie. Nel nord della penisola iberica, in una landa stretta e desolata, storia di una motociclista nata e cresciuta fra le curve del Mugello e approdata nel Principato, dove ha ritrovato anima rurale e strade tortuose da percorrere con la sua BMW R80G/S... Niente "movida", ma divertimento comunque assicurato e itinerari che offrono ottimi spunti per il mototurismo

Migranti in traiettoria

Si potrebbe dire una forma di ostinazione involontaria, la mia: passare dal Mugello rurale, nell’alta Toscana, dove vivevo, giusto ai piedi del mitico Passo del Muraglione, ad una "quintana" in mezzo alla campagna, nel "concejo" (che è come dire provincia) di Valdés, sulla AS222: una delle strade più sinuose e da brivido di questa stretta e lunga regione del nord della Spagna: Asturias (qui la gallery). In realtà, l’essermi trasferita in un ambiente e persino in una posizione analoga a quella in cui vivevo prima, non ha tolto affatto il senso di novità. Innanzitutto: in Asturia ci vive pochissima gente, e sempre meno. In confronto, la campagna a nord di Firenze mi appare al ricordo come un tumulto di persone che solcano una terra spettinata, polverosa e corrotta da un’urbanizzazione incalzante. Anche qui abbondano le case in vendita, spesso abbandonate lungo le strade, alcune ancora magnifiche nonostante la decadenza. Ma vengono via a meno, perché la vita qui costa un po’ meno. Tra i giovani, chi non resta a guidare… il trattore nei campi di famiglia va a studiare e a vivere in città, di solito non senza rimpiangere i propri luoghi d’origine, proprio come facevano i connazionali emigrati altrove, all’inizio del secolo scorso. Oggi, la diretta conseguenza allo spopolamento è la qualità della vita di chi resta, e dei pochi come noi che, in controtendenza, migriamo fin qui, a mettere radici in una natura praticamente intatta, folta e selvaggia, re-imparando a vivere a un ritmo incline alla lentezza, pacifico. Da giornalista e motociclista da più di vent’anni, combattuta tra il compito di invogliare voi motociclisti a farmi visita e l’istinto irresistibile di mantenervi ignari e alla larga da una regione ancora relativamente poco frequentata, mi trovo ad offrirvi nient’altro che la mia esperienza. Un colpo d’occhio su una regione rimasta indietro su più fronti, eppure orgogliosa d’essere quel che è, una terra imponente, seminata dei resti silenziosi di un passato arcaico che le danno quell’aria altera e, in parte, ostica, che (per fortuna) la rende ancora un luogo poco ambito dal turismo di massa.  

NON LA SOLITA SPAGNA

UN MARE DA GUARDARE... O DA SURFARE

Quanto alle case, le tipiche sono a colori, come in Irlanda, quasi tutte dotate della caratteristica galería a vetrate: un corridoio che guarda a sud e ha la funzione di incamerare luce e caldo per i minuscoli ambienti retrostanti, sopra le vecchie stalle. Le strade sono generalmente pulite e prive di traffico, a parte quando ospitano ralliy indiavolati: una passione antica, quella per i motori, che non a caso ha reso noti i locali come i guidatori più “sciolti” della penisola...(ma i controlli della guardia civil abbondano e non vanno tanto per il sottile). Il mare è, direi, oltremodo scontroso oltre che gelido: dovrete accontentarvi di starlo a guardare la maggior parte delle volte, più che di entrarci dentro... a meno che non siate abbastanza coraggiosi da sfidarlo sulla tavola. Perché alla classica nuotata non si presta quasi mai e il surf, qui, è lo sport nazionale.   

LE MONTAGNE: TRA MINIERE E STREGHE

LE STRADE QUI SONO OTTOVOLANTI...

I centri urbani alternano senza grazia caseggiati anonimi alle costruzioni più tipiche e affascinanti: le casone de indianos (dei locali emigrati all’inizio del secolo scorso e tornati ricchissimi, dal Sudamerica o da Cuba); e gli horreos o paneras: quelle casette di legno col tetto a punta, poste su quattro o sei pilastri di pietra, nate per conservare alimenti come il mais lontano dai topi e ad una temperatura ottimale, oggi ambitissime da chi compra case qui, che spesso ne fa dei veri e propri monolocali. Fra le attrazioni della regione ci sono le strade se vi piace guidare in scioltezza, di curva in curva, di passo in passo, senza un attimo di respiro e, almeno sulle grandi statali, in relativa sicurezza, grazie ai guard-rail fatti apposta per noi che viaggiamo su due ruote. Anche le autovíe qui, va detto, sono paesaggisticamente notevoli oltre che poco trafficate; non come quelle piatte e uniformi che attraversano Castilla La Mancha, per esempio: km e km di olivi alternati a fatiscenti “puti-club” o a tori giganti, o di querce secolari sotto cui pascolano quei cerditos che si cibano solo di ghiande per dare il miglior prosciutto del mondo...

Senza sentirmi in colpa verso l’Italia, ultimamente non faccio che ripetermi che l’Asturia è, in effetti, “il paradiso”: spettacolari ottovolanti invitano a spalmarsi su traiettorie più comode di una sedia a sdraio, seminando di nastri argentati un paesaggio a dominante verde e blu: colori forti per una terra difficile, che allo stesso tempo non perdona gli eccessi sulla strada. Niente di meglio, quindi, che percorrerla in sella ad una bicilindrica “storica”, come la mia GS80, versatile ed equilibrata; senza poter contare troppo sui freni, il che abitua a guidare di marce, e soprattutto di testa, senza mai esagerare. Una brezza marina corroborante giunge fin nell’interno; poche valli chiuse non ne risentono l’effetto. Il fondo stradale, poi, sulle nazionali, fa invidia al nostro, spesso scalcinato dal passaggio in massa, e qui immacolato. Quello sulle strade minori è messo peggio, naturalmente, ma più dall’abbandono che dal traffico! Una volta ho anche trovato l’erba al posto della striscia bianca! Sono le meno transitate, le più isolate, ma spesso anche quelle che meritano d’essere viste e, soprattutto, guidate, perché vi lasceranno addosso i ricordi più indimenticabili. Occhio semmai ai cani, quando siete in moto (e ai lupi, casomai vi avventuraste a piedi per la campagna al tramonto o alla mattina presto): anche quelli domestici vivono da randagi - vita dura per gli animalisti, qui - e non di rado scelgono di dormire la siesta sull’asfalto caldo, magari in curva... Attenzione anche alle mucche, sacre in Asturia come in India, e che giornalmente transitano numerose dalla stalla al campo e dal campo alla stalla, aldilà della strada... 

Le strade migliori

BELLE SPIAGGE E MAREE

Di solito, a questo punto, mi concedo un salto al mare, poco distante, per un po’ di relax: verso Cudillero o Muros de Nalón, dove merita una sosta la playa del Aguilar o la sua sorella minore, la spiaggetta di Silo, entrambe bellissime, soprattutto con la bassa marea. Ah! Un suggerimento essenziale, prima di esplorare tutte queste spiagge grandi e piccole, numerosissime sulla costa: procuratevi per tempo una tabella delle maree (www.tablasdemareas.com) su cui controllare la “bajamar” più prossima, che non solo vi faciliterà la discesa e in alcuni casi addirittura l’accesso (e una  visuale più panoramica) ma ve lo renderà in molti casi assai meno rischioso. E ancora un consiglio, a questo proposito: nel caso di marea alta, non lasciatevi ingannare dall’aspetto inoffensivo di certe spiaggione, come quella di Frejulfe, poco distante da Navia: le spiagge con una pendenza anche minima diventano pericolose quando l’onda gagliarda tende a “risucchiare” il bagnante dove non può difendersi, al largo. Ugualmente temibili ma irresistibilmente belle sono tutte quelle su cui sbocca a lato anche un fiume: come la playa de Cueva, poco fuori Luarca, verso Cortina: invece di concedervi nuotate al largo, qui, con la bassa marea, consiglio di esplorarne a piedi le numerose grotte che le danno il nome dopo aver guadato, appunto, il fiume controcorrente con un paio di scarpe di gomma. Per la nazionale 364, che ancora da Luarca sale verso l’interno, nutro un certo affetto perché è un invito al piacere di guida, incantevole nei tratti di sottobosco, ma è ancora sulla 219 che suggerisco di tornare a mettere le ruote puntando a nord, fino a Pola de Allande. Da qui, una volta che vi sarete concessi una sosta alimentare, potrete dare un’occhiata al colossale Palacio de Cienfuegos de Peñalba, appena prima del paese, o a S.María de Celón, qualche chilometro dopo, andando verso Cangas del Narcea: piccolo ex-monastero dell’anno 1000, questa chiesetta romanica conserva ancora bassorilievi e pitture del “cuelebre”, animale della mitologia asturiana, famoso per divorare gli uomini. L’ingresso sulla AS15, in ogni caso, ammetto che potrebbe stimolarvi, più che ad eventuali soste, semplicemente a lanciarvi sull’asfalto: si tratta di una delle strade più belle e guidabili della regione, consentendo una buona andatura e un gran divertimento, oltre ad una vista rilassante sul lago artificiale di Pilotuerto, attraverso tunnel scavati nella roccia. Quasi quasi dispiace dover chiudere le ali nell’antica cittadina di Salas, pur di ritrovarsi sulle più campagnole AS226-225 e 224. La meta successiva, però, a questo punto, posso assicurare che merita: La Malleza era soprannominata “la pequeña Habana” già negli anni Venti, essendo stata scelta come località di villeggiatura di quegli asturiani arricchitisi oltreoceano e che, per puro protagonismo, suppongo, costruirono in patria le “casone” come un rimando evocativo alle terre che li avevano ospitati. E rimando, stavolta, al box sui ristoranti per un appuntamento imperdibile, proprio qua.
 

STORIE SU DUE RUOTE

Devo ammettere che soffro molto la mancanza di Frida, la mia altra bicilindrica storica, la R75/7 che ho lasciato in Italia; non per la versatilità né per una maggiore facilità di guida - la R80GS è imbattibile a questo proposito - ma perché penso sempre che con lei avrei assaporato ancora di più l’eleganza silenziosa e la sinuosità di queste strade semi-deserte, la penombra misteriosa dei sottoboschi profumati di eucalipto e di pino. È inutile: finché non potrò andare a prenderla dovrò continuare a sentirmi in colpa; un po’ come quel ragazzo che, nel 1910, lasciò la bicicletta parcheggiata in piazza a La Malleza (oggi un penoso ammasso di ferraglia e copertoni esplosi, ma ancora visibile..) chiedendo il favore a un coetaneo di lì di “guardargliela” finché non fosse tornato dall’Avana.  E quello gliela “guardò”... per anni e anni; fino alla morte. Il proprietario non fece mai più ritorno.

FRA ARTE E NATURA: TRE LUOGHI DA NON PERDERE

APPUNTI DI VIAGGIO: L'ACCOGLIENZA CHE DIVENTA ESPERIENZA...

© RIPRODUZIONE RISERVATA