Honda CBF600S vs Suzuki Bandit 650S
Le protagoniste
DUELLO FRA AVVETURIERE Sui tornanti dell’entroterra genovese i
nostri
tester si sfidano in sella a due sport tourer dal nome ormai famoso: Honda
CBF600S e Suzuki Bandit 650S. La prima è stata completamente rivista e
presentata nella versione 2008. La seconda, nata nel 1994, è rimesta immutata
dal 1997, quando fu equipaggiata con motore raffreddato a liquido.
Come sono
COME SONO LE DUE TOURER La nuova CBF
è cambiata più
di quanto appaia ad una prima occhiata. La
semicarenatura ha
ora un taglio più “attillato”, ben raccordato col
serbatoio,
la cui capienza è aumentata di un litro (raggiungendo i 20
litri). Il nuovo propulsore, derivato dall’unità che equipaggia
CBR600RR ed Hornet, è sapientemente messo in evidenzia da una verniciatura
chiara, quasi color magnesio. Molta attenzione è stata riservata ai fianchetti
laterali che coprono l’inedito telaio in alluminio. Cerchi a 6 razze
sdoppiate in alluminio, ora in tinta col motore. Ultima novità, piccola
ma piacevole: i vetri degli indicatori di direzione sono incolori
(va di moda) e si sposano molto meglio con le nuove colorazioni
(nero e argento).
Del tutto invariata, invece, la Bandit. Sotto i riflettori,
mostra una cura costruttiva a livello della rivale: non ci sono cavi e
cavetti in vista, la verniciatura appare brillante e resistente e,
nell’insieme,
tutte le componenti risultano solide e ben accoppiate.
Comfort
COMFORT Per quanto riguarda la praticità, Bandit offre un
sottosella
meno capiente, e il cupolino non è regolabile in
altezza. La
leva della frizione, tuttavia, ha la regolazione della
distanza
dal manubrio, e la strumentazione, ugualmente completa, ha un
design più piacevole. Comune alle due moto, la possibilità
di modificare a piacimento la posizione di guida. Altezza della sella
(da 770 a 790 mm la Bandit, da 770 a 800 mm la CBF) e avanzamento del manubrio
su 2 posizioni consentono praticamente a chiunque abbia a disposizione
qualche brugola e un quarto d’ora di tempo, di “cucirsi
addosso” le
due moto.
In viaggio: la prova
IN VIAGGIO: LA PROVA Al minimo, la voce della CBF,
leggermente
cupa e ben avvertibile, è più piacevole. La Bandit si limita a produrre
un sibilo silenzioso e metallico. Frizione e cambio sono morbidi, ben modulabili
e precisi in egual modo, ma appena in movimento le differenze tra le due
moto appaiono subito evidenti. Manubrio piuttosto alto rispetto al piano
di seduta e pedane abbondantemente avanzate regalano alla CBF una posizione
di guida piuttosto “seduta”. Honda comunica all’istante la
sua indole
da macinachilometri, confermata dalla sella larga e ben imbottita. Non
agilissima, invita a disegnare traiettorie tonde in curva, e mostra di
avere nella stabilità la sua arma migliore. Segue con sicurezza la traiettoria
impostata, e anche in curve ad ampio raggio affrontate a velocità sostenuta
non innesca ondeggiamenti. Nei cambi di direzione non è rapida ma molto
progressiva e “rotonda”: caratteristiche derivate in parte dalle
Michelin
Pilot Road di primo equipaggiamento. Le sospensioni sostengono bene i
trasferimenti
di carico in frenata e in accelerazione, ma sia forcella che mono denunciano
una scorrevolezza migliorabile su sconnessioni pronunciate.
Il nuovo propulsore colma al 90% il gap di spinta ai bassi e ai medi regimi
che accusava l’unità precedente nei confronti del
“maggiorato” 656 cc
della Bandit. È caratterizzato da un’erogazione regolare dal minimo al
limitatore, e come potenza massima paga circa 6 CV al rivale. Per entrambi,
l’arco di utilizzo ideale è oltre i 4.000 giri. Sotto questo regime,
soprattutto
in coppia, la spinta è “povera”. Discorso motore a parte, la Bandit
si
rivela più “frizzante”. Pedane un filo arretrate e manubrio poco più
basso si traducono in una posizione di guida più caricata sull’avantreno.
La sella, inoltre, è maggiormente rigida e stretta nella parte di giunzione
con il serbatoio. La comodità sulle lunghe distanze viene leggermente
sacrificata
in favore di un’impostazione più piacevole nella guida spigliata.
Freni
FRENI L’asfalto è reso insidioso dall’umidità:
l’ABS, accessorio
irrinunciabile su moto a vocazione turistica come queste, toglie più di
un pensiero ad ogni frenata. Quello di Honda (optional) è, al solito, molto
efficace e poco invasivo; la “nostra” Suzuki ne è sprovvista, ma
l’ABS
è disponibile a richiesta: un sovrapprezzo di 600 euro da affrontare ad
occhi chiusi in caso di acquisto. Sulla Bandit, quindi, nessun aiuto in
frenata. Tuttavia, possiamo contare su di un impianto frenante modulabile
e poco aggressivo. I due dischi anteriori offrono una buona potenza, a
patto però di esercitare una pressione consistente sulla leva del freno
(regolabile), e sono ben coadiuva ti dal disco posteriore, in grado di
fornire decelerazioni decise prima di arrivare al bloccaggio. Buone qualità,
queste, che ritroviamo anche sulla Honda, dotata anche di CBS, il sistema
di frenata combinata abbinato all’ABS.