Viaggio fra i sapori della terra: Sogliano, patria del formaggio di fossa
Formaggio leggendario
FORMAGGIO LEGGENDARIO Secondo la leggenda, l’usanza di deporre il
formaggio nelle fosse nacque dalla necessità per i contadini soglianesi
di difendersi dalle razzie delle truppe aragonesi che, nel XV secolo,
infestavano
le campagne. Una volta riaperte le fosse, i contadini si accorsero che
il formaggio depostovi aveva acquistato un nuovo ed ottimo sapore. Certo
l’odore non è dei più invitanti, la forma non è delle più accattivanti,
ma il prodotto in sé merita ampiamente l’approfondimento. La zona è
davvero
ricca di strade panoramiche poco trafficate e aree di richiamo turistico
e culturale, senza dimenticare la gettonatissima San Marino, per una volta
fuori dal nostro itinerario. Ma per non lasciarvi con l’amaro in bocca
la prima tappa sarà la fortezza più piccola ma non meno affascinante di
San Leo.
Sassocorvaro
SASSOCORVARO Dormiamo a
Rimini e il giorno dopo un bel sole illumina il teatro d’azione di questo
itinerario che, a parte la base di partenza, si svolge interamente nelle
Marche. Quindi di nuovo a San Leo. La scenografia del luogo è spettacolare.
Lo sperone di roccia su cui si trova la fortezza offre una vista che spazia
a 360°, nonostante sia a soli 600 metri di altitudine. Un vento forte ed
asciutto regala un cielo azzurro e permette allo sguardo di spingersi fino
ad un lontanissimo orizzonte. Riaggrediamo i 2 valichi di La Serra e San
Marco. Per arrivare a Macerata Feltria, nelle nostre intenzioni, la strada
da seguire è quella che transita da Monte Cerignone. Una frana ci obbliga,
però, a deviare per la via più diretta per poi proseguire alla volta di
Sassocorvaro. Il paese domina dall’alto la diga sul fiume Foglia, da dove
si transita per salire alla rocca Ubaldina, a detta delle guide un capolavoro
dell’architettura militare con la sua singolare forma a vascello, tutta
serrata da torrioni e da singolari torri cilindriche. Ma l’itinerario
mi riserva un’altra sgradita sorpresa: il tentativo di salire sul monte
San Leo è impedito da un altro blocco stradale. La deviazione per la strada
che costeggia il corso del fiume Foglia è quindi obbligatoria e rappresenta
sicuramente la parte più monotona dell’intero percorso.
9 colli, una vera classica
9 COLLI, UNA VERA CLASSICA
Fortunatamente a Belforte sull’Isonzo si inizia nuovamente a salire tra
dolci colline per transitare, dopo Carpegna, sulla cantoniera e scendere
ripidamente, con una bella veduta sulla valle sottostante e con un asfalto
davvero eccellente, verso Pennabilli. La strada dei 9 colli è una vera
classica, assai famosa tra i ciclisti locali e non solo, dato che ogni
anno vi transitano circa 10.000 cicloturisti. Si gode di una vista davvero
apprezzabile; corre su un costone panoramico che permette di ammirare il
mare sulla destra e le montagne dell’Appennino sulla sinistra.
Sogliano
SOGLIANO Proseguendo arriviamo
al “piccolo grandemente amato paese di Romagna”, come il Pascoli
definì
Sogliano. Il prodotto tipico è il formaggio che subisce una particolare
stagionatura nelle fosse, ambienti sotterranei, scavati nel tufo
dell’abitato
soglianese ed un tempo adibite a deposito del grano. Sono di varia forma
e misura; in genere a forma di fiasco con una base di circa 2 metri di
circonferenza ed un’altezza di circa 3 metri compreso il collo. Qui il
formaggio subisce un processo di fermentazione che ne modifica il sapore.
La stagionatura inoltre causa una perdita di siero e di grasso, mentre
la compressione dovuta al peso delle forme sovrapposte fa perdere a gran
parte dei formaggi la loro forma rotonda. Se avete intenzione di partecipare
alla sagra del formaggio, sarà meglio approfittarne in tempi relativamente
brevi. Pare, infatti, che la manifestazione durerà ancora qualche anno
prima di essere abolita. O per lo meno è quello che temono alcuni abitanti
di questo piccolo paese appollaiato su una bassa collina al confine tra
Romagna e Marche. “7.000.000 di euro, questo è il giro d’affari che
questo
tipo di formaggio riesce a generare!!!” Alessandro, gestore e cuoco del
ristorante albergo “Il Parco”, sembra assai convinto di quello che
dice.
“ Prima c’erano solo tre produttori e poche fosse” continua
“devi considerare
che le fosse sono diventate una cinquantina! E ora il formaggio si trova
persino a Napoli o a Roma, si sfossa 3 volte all’anno e i produttori,
senza mantenere la stessa qualità di un tempo, possono guadagnare anche
500.000 euro in un sol colpo.” Non che guadagnare dal proprio lavoro sia
deprecabile, ma senza dubbio, restando così le cose, i presupposti della
sagra vengono a cadere. Ormai è possibile reperire il formaggio di fossa
su tutto il territorio nazionale, e questo disincentiva la partecipazione
a quella che una volta era una festa attesa per tutto l’anno. Siamo
d’accordo;
le tradizioni cambiano, le abitudini mutano, ma il gusto di partecipare
a quello che è un avvenimento per tutta la zona, con l’odore fortissimo,
acre, che si sprigiona nel periodo della sfossatura e che copre tutti gli
aromi nel raggio di diversi chilometri, aggiunto all’attesa che rende
l’evento una festa per tutti, sarebbe un vero peccato perderlo.
Il rito dell'infossatura
IL RITO DELL’INFOSSATURA Il formaggio di fossa è prodotto nella
zona
attraversata dai fiumi Rubicone e Marecchia, a cavallo tra Romagna e Marche.
Le fosse sono ambienti sotterranei, di origine medievale, scavate nel tufo
dell’abitato soglianese ed un tempo adibite a deposito del grano. Si
distinguono
quattro fasi necessarie per la produzione del formaggio di fossa:
1.pulitura e preparazione della fossa
2.infossatura
3.stagionatura
4.sfossatura
La prima consiste nel bruciare paglia all’interno della fossa per togliere
l’umidità accumulata; in tal modo si ha una sorta di sterilizzazione
contro
germi che potrebbero nuocere ad una normale fermentazione. Si passa poi
al rivestimento delle pareti per isolare il tufo con uno strato di circa
10 centimetri di paglia sostenuta da un’impalcatura di canne verticali
legate orizzontalmente da cerchi di legno; sul fondo vengono sistemate
delle tavole di legno.
A questo punto segue l’infossatura del formaggio chiuso in sacchetti di
panno, preferibilmente bianco, ove i proprietari delle fosse appongono,
con olio cotto e nero, due numeri: il primo corrisponde al proprietario,
il secondo al peso espresso tradizionalmente in libbre. Questa operazione
consiste nell’accatastare i sacchetti di formaggio fino
all’imboccatura
della fossa. Una volta riempita, la bocca, coperta con teli atti limitare
al massimo la traspirazione, viene chiusa tramite l’apposizione di un
coperchio di legno sigillato con gesso e ricoperto con sassi, sabbia e/o
tavole. Il periodo di infossatura tradizionale è compreso tra agosto e
l’inizio di settembre con sfossatura nel mese di novembre. Il disciplinare
di produzione del formaggio di fossa prevede due ulteriori periodi di
infossatura
da effettuarsi nel corso dello stesso anno solare: infossatura primaverile
ed infossatura estiva. La prima decorre dall’1 marzo fino al 20 giugno,
mentre la seconda dal 21 giugno fino al 21 settembre rispettando,
all’interno
della stessa fossa, un periodo di dieci giorni di riposo in modo da permettere
le operazioni di pulitura ed asciugatura.
Terminate le operazioni di infossatura decorre la stagionatura con una
durata che varia da ottanta a cento giorni. All’interno della fossa
avviene
un processo di fermentazione che altera il sapore del formaggio, dandogli
quel gusto così particolare. La stagionatura inoltre causa una perdita
di siero e di grasso, mentre la compressione dovuta al peso fa perdere
a gran parte dei formaggi la loro forma rotonda.
Decorso il periodo di stagionatura, avviene la sfossatura, che consiste
nel rimuovere i materiali posti a copertura della fossa e nel prelevare
dall’interno i sacchetti di formaggio. L’apertura tradizionale delle
fosse si svolge il 25 novembre, giorno di S. Caterina d’Alessandria,
martirizzata
all’inizio del IV secolo. Anticamente era questa una ricorrenza molto
sentita dalla popolazione soglianese appartenente, in prevalenza, al ceto
contadino. Terminata la raccolta dei frutti autunnali e la semina, conclusi
i riti della vinificazione e della spremitura delle olive, gli agricoltori
si preparavano alla sospensione invernale del lavoro campestre. Nel giorno
di S. Caterina i contadini, ogni anno, venivano in paese a ritirare il
poco formaggio affidato alle fosse durante l’estate ed in tal modo
potevano
far fronte alle ristrettezze dell’inverno. Una volta concluse le
operazioni
di sfossatura, le fosse devono osservare un periodo di riposo invernale
della durata di tre mesi.
Il formaggio di fossa
IL FORMAGGIO DI FOSSA è prodotto con le seguenti tipologie di latte:
1.latte ovino intero (pecorino)
2.latte vaccino intero (vaccino)
3.latte caprino intero (caprino)
4.miscela di latte intero vaccino, ovino e caprino (misto)
La parte esterna del prodotto finito può variare dal colore bianco avorio
al giallo ambrato. Alla fine della stagionatura i formaggi si presentano
distorti, con forme irregolari, caratterizzate da arrotondamenti e depressioni.
La superficie si presenta prevalentemente umida e grassa, e in alcuni casi
può essere ricoperta di grasso condensato e muffe facilmente asportabili
con leggera raschiatura. La buccia inoltre è assente o appena accennata
e la pasta interna è di consistenza semi dura, di colore bianco ambrato
o leggermente paglierino. Il sapore varia a seconda della composizione
del formaggio stagionato:
•il pecorino presenta un gusto aromatico, leggermente piccante
•il vaccino è fine e delicato, con una punta di amaro
•il misto presenta caratteristiche intermedie tra i due. Recenti studi
condotti sul prodotto hanno messo in luce sia la sanità del formaggio per
l’assenza di germi patogeni nocivi alla salute, sia la maggiore
digeribilità
determinata dall’azione di particolari batteri. Il formaggio di fossa
è ottimo da gustare da solo, oppure per la preparazione di primi e secondi
piatti, come ad esempio i passatelli, gli gnocchi, il carpaccio o la costata
di manzo, ed anche come dessert servito col miele. (tratto dal sito www.comune.sogliano.fc.it
)
Bloc Notes
COME ARRIVARE E INFORMAZIONI UTILI
Sia da nord sia da sud ci si può
portare in zona con l’autostrada A14 Adriatica fino alla riviera romagnola
e poi tagliando verso l’interno. Si può scegliere anche la superstrada
E45 Cesena-Perugia che sfiora proprio Sogliano al Rubicone.
Molti caseifici sono contattabili
per organizzare degustazioni e visite. Ne citiamo un paio: Fosse
Venturi, Sogliano al Rubicone,
via Roma 67, tel. 0541-948521, www.fosseventuri.it.
Antiche Fosse
del Rubicone, Sogliano al Rubicone,
via Pascoli 8, tel. 0541-948687, www.formaggiodifossa.net.
DOVE DORMIRE
-Albergo ristorante il Parco **,
Sogliano al Rubicone (FC), via Provinciale 27/A, tel. 0541- 948358.
-Albergo ristorante il Castello
***, San Leo (PU), piazza dante 11/12, tel. 0541-916214. Offre camere con
arredamento originale dell’800.
-Agriturismo Il Raggio ***, Savignano
di Rigo (FC), via Cà Raggio 33, tel 0547-970002.
DOVE MANGIARE
-Ristorante Il Farneto, Sogliano
Al Rubicone (FC), via Bagnolo 46/D, tel. 0541-948263. Ottima
carne e la cucina casalinga.
-Ristorante Vecchio Montefeltro,
Carpegna (PU), Via Roma 52, tel. 0722-77136. Locale accogliente e non troppo
grande, nel pieno centro del borgo. Carni, funghi e tartufi sono le specialità.
DA NON PERDERE
Il Passo Viamaggio è uno dei preferiti
dai motociclisti della zona e non solo. Da Sansepolcro a Rimini, la Statale
258 comincia subito con una serrata serie di curve che in 18 km portano
in vetta al Passo. Qui, se è ora di pranzo, consigliabile una sosta
all’Imperatore,
il ristorante dove, soprattutto la domenica, c’è sempre una sorta di
raduno
spontaneo. Scollinando la strada diventa più ampia e veloce.