Torino raccontata da un torinese: girare in Vespa la città che si evolve in modo boccioniano
Torino città viva
TORINO CITTÀ VIVA Se c’è una città invisibile in Italia, quella è
Torino. Un luogo che vive di cliché moribondi, di un passato che pesa e
un presente inespresso: ex capitale, poi ex città dell’automobile ed ex
cuore industriale, tecnologico, editoriale del Paese. Insomma una “ex
città”, un non luogo privo di segni forti, anche visivi, in grado di
imprimersi
nella memoria. Né il moderato slancio verticale della Mole col suo sommesso
laterizio, né l’orizzontalità fordista del lingotto, diciamolo, sono
motivi
sufficienti per mettersi in marcia verso la capitale subalpina, penalizzata
anche da una posizione geografica relativamente isolata e defilata rispetto
all’asse portante nord-sud del Belpaese. Eppure invisibilità non vuol
dire immaterialità. Torino è una città viva e i Giochi Olimpici non sono
stati certo il canto del cigno, bensì un’intelligente mossa pubblicitaria
per ridare finalmente smalto all’architettura e all’urbanistica.
Torino
– dove ancora negli anni Settanta molte riunioni in Fiat si tenevano in
dialetto torinese - mira a sprovincializzarsi nelle ambizioni culturali
superando finalmente l’imbarazzo del confronto con le abbaglianti città
d’arte italiane.
Lo spazio reclamato
LO SPAZIO RECLAMATO Ed è un caso unico anche nel panorama europeo di
città che per piacere punta più sul rinnovamento che sulla conservazione
del suo aspetto, intrecciando tradizione e modernità in modo inedito. Città
dell’industria e dei soldi, e quindi di tutto quello che segue - dalla
finanza, all’arte, ai successi in campo sportivo - lascia paradossalmente
riemergere oggi (a sparizione dei soldi avvenuta) un ricco humus di creatività
giovanile, lungamente lasciato in second’ordine e che reclama uno spazio
nel ripensamento della città. Per fortuna questa sembra orientata ad accordare
questo spazio, anche in considerazione dei successi già evidenti nelle
aree di riqualificazione più recente come il Quadrilatero, il cuore romano
della città (l’Augusta Taurinorum nata come accampamento fortificato),
oggi sede di locali e localini di ogni genere. E se qui nel profondo ovest
di moto ne sono nate pochine, perché il motorismo era tutto preso
dall’imperante
FIAT, non va dimenticato che nacquero a Torino la RAI (allora EIAR), la
Telecom (ex SIP) e, poco lontano la Olivetti, che fu il terzo colosso
dell’elettronica
mondiale prima che i sagaci amministratori della Cosa pubblica decidessero
di affossarla. Tecnologia e creatività, insomma, qui sono di casa e hanno
anche lasciato segni visibili, compresa qualche cicatrice, nella città.
Arroccata sulle tradizioni
ARROCCATA SULLE TRADIZIONI Siamo dunque andati a vedere com’è
questa
Torino invisibile, che sta rapidamente ridiventando visibile. Per esplorare
la vitalità della città che cresce e scopre macchie di colore in mezzo
al grigio cemento e al rosso cupo mattone del suo passato siamo saliti
su una Vespa GTS. Inevitabilmente, perché ci serviva un veicolo che avesse
un rapporto con la memoria, e Pontedera vanta una lunga frequentazione
con Torino e un passato che, al di là di ogni valutazione, le è valsa la
struttura più articolata dell’industria motociclistica nazionale, e la
rende oggi capace di confrontarsi con le gigantesche sfide che arrivano
da oriente. Il rigore progettuale pontederese, a ben vedere, è infatti
un portato dell’ingombrante esercito ex sabaudo, quello che fece
l’Italia
a dispetto dei piedi stranieri ben calcati sui nostri campi di granturco
e il cui modello organizzativo è transitato nella nascente industria
metalmeccanica.
Vero è che ai sogni dei nostri oligarchi sopravvive oggi - e a fatica -
la sola FIAT, accanto beninteso alle ville degli stessi sparse in ogni
angolo del Paese e del resto del mondo. Eppure Torino, capace di esprimere
questo poderoso sistema di progetto e di costrizione, paradossalmente rimane
una città tutto sommato provinciale, legata a modelli sociali, oltre che
tecnologici, un po’passé. Orgogliosamente arroccata sulle sue tradizioni
mentre il triangolo industriale svaniva e il baricentro economico del Paese
si spostava decisamente verso Est, Torino non si è mai completamente trasformata
in metropoli, anche se ha a lungo mancato il miracoloso equilibrio tra
lavoro e dimensioni che ha fatto di Bologna il luogo mitico del bel vivere
italiano.
I nuovi cuori di Torino
I NUOVI CUORI DI TORINO In Italia niente rimane veramente impermeabile
al fluire del tempo. Sotto le ceneri dell’industria covava una voglia
immensa di uscire dalla muraglia alpina, ormai elemento più di isolamento
che di protezione. E quel salto si sta verificando oggi, ad una velocità
inusitata, che non si riscontra in nessuna altra area del Paese. Novità
a livello architettonico, servizi innovativi, idee di tutti i tipi, miriadi
di fermenti difficili da incanalare. “ Torino non si ferma mai”,
stava
scritto sui cartelli davanti a tutti i cantieri del complesso di opere
intraprese per ospitare i Giochi Olimpici Invernali. Ma l’impressione
è che Torino continuerà la sua spinta propulsiva sia verso ovest, nel
tradizionale
dialogo con la Francia, sia verso est, per saldarsi con Milano e il Veneto
fino a Trieste, in un tessuto urbano e culturale potenzialmente in grado
di diventare uno degli assi portanti del Continente. Tutta questa energia
si avverte, e parte proprio dall’architettura, dall’urbanistica.
Quando
i nuovi cuori di Torino (nuovo polo tecnologico, nuovo centro culturale,
Città del gusto, Quadrilatero) cominceranno a battere sul serio, la spinta
vitale della città sarà incontenibile: moltissimi interventi sono ancora
in fase di progetto o impiegheranno anni per essere conclusi. Senza contare
la scaletta di appuntamenti di rilevo che si sono già tenuti: nel 2006
è stata la città mondiale del libro dell’UNESCO (insieme con Roma),
l’ICSID
la ha proclamata World Design City per il 2007 e nel 2008 è stata sede
del Congresso Mondiale di Architettura.
Modo boccioniano
MODO BOCCIONIANO Questi anni sono dunque un’opportunità unica per
scoprire una città che cresce in modo visibile, boccioniano. Con la diminuzione
delle attività industriali Torino si è avvicinata a una dimensione che
preserva ancora qualche sprazzo di vivibilità. I luoghi e i motivi di interesse
sono spesso diversi da quelli tradizionali – la Sindone, i Musei Egizio
e dell’Automobile, i parchi, l’area ormai culturale del Lingotto - e
sono tutti da scoprire, sparsi per la città. In questo la Vespa è stata
insuperabile: agile nei vicoli del centro e rapidissima, grazie agli
insospettabili
muscoli del motore 250 della GTS, per superare di slancio i lunghi vialoni
che saldano i volti vecchi e nuovi della città.
Torino etnica
TORINO ETNICA La tradizione fortunatamente intramontabile dei vini
di pregio e della pasticceria sofisticata (imperdibili, ovviamente, i
gianduiotti)
ormai convive con gli odori e i sapori più diversi, dove potete trovare
davvero di tutto: dalla cucina araba al bar olfattivo che propone degustazione
di fragranze, dagli spazi di design ai locali semisotterranei dei famosi
murazzi, un tratto di lungo Po realizzato a partire dal 1880 con depositi
di barche e merci portati a nuova vita un secolo più tardi dai giovani
torinesi. Il sistema dell’arte torinese punta a far diventare attraente
l’intera città, attraverso interventi di arredo urbano firmati dalle
migliori
menti in campo nazionale e internazionale. Caso unico nel panorama urbano
italiano, conservatore per vocazione e patria dell’adagio latino in medio
stat virtus, Torino sta acquistando un aspetto davvero sorprendente,
internazionale,
grazie ad interventi a volte immensi come la realizzazione della spina
del passante ferroviario, che interrerà chilometri e chilometri di ferrovia
permettendo di ripensare e saldare intere aree della città.
Tra paesaggio, movida e francesismi
TRA PASSEGGIO, MOVIDA E FRANCESISMI Atipica è anche la tendenza di
Torino a vivere all’aperto. Del tutto inconsueto nel nord del Paese e
comunque raro nel contesto europeo, l’amore dei torinesi per l’aria
aperta
non si limita alle vie del passeggio, ma raggiunge spazi distanti della
città: dalla movida invernale dei locali del Quadrilatero a quella estiva
dei Murazzi e dal suggestivo quartiere parisien dedicato al cinema imperniato
sullo spettacolare museo contenuto nella Mole. Tanta gente in giro, insomma,
e una città che pulsa e che sta costituendo nuovi poli di aggregazione
mentre modifica il centro, le stazioni ferroviarie, le diverse zone
universitarie
e non trascura nemmeno le aree meno qualificate, come le periferie o i
mercati generali. E che si spinge fino al sottosuolo, dove sta scavando
immensi parcheggi per le auto e una lunga (14 stazioni) linea di metropolitana.
Città policentrica
CITTÀ POLICENTRICA Una metropoli che vuole superare il vecchio
antagonismo
tra centro e periferie, con tutte le sue conseguenze sociali, adottando
e spingendo all’estremo il modello di città policentrica, il cui simbolo
è il nuovo, freschissimo cromatismo delle architetture, che contagia qua
e là i vialoni di impianto napoleonico che collegano i molti spazi dove
si concentra il rinnovamento. Con vertici di autentica pazzia come
l’incredibile
Franco Center, il primo condominio-opera della città, un palazzo postmoderno
che integra architettura tradizionale e ipergrafica basata su un complesso
sistema di illuminazione, e che è dotata di un sistema di vegetazione
artificiale
e persino di un surreale zoo metallico (!) al suo interno.
Torino a colori
TORINO A COLORI Ecco Torino: una città che vuole superare la
tradizionale
immagine umbertina e industriale, ma senza ghigliottine, facendo pace con
un passato che non può rinnegare. Il grigio dunque rimane, ma la voglia
di colore è debordante, ubiqua: dai balconi e dalle case colorate del Villaggio
Olimpico già riconvertite in edilizia popolare, agli interni dei locali
e dei negozi allestiti da designer che pescano a tutte le latitudini; dai
toni acidi della Londra degli anni Settanta al pastello soffuso del Maghreb
dei nuovi arrivati fino al bianco e ai toni puri in stile Miami. Coloratissimo
è il nuovo simbolo della città, l’immenso arco rosso che sovrasta la
ex-zona
olimpica vicino al Lingotto ed è talmente denso di simboli (l’arco di
trionfo, l’arco alpino, l’abbraccio olimpico, lo slancio
collaborativo
fra razze e culture, la continuità fra passato e futuro…) da non
privilegiarne
nessuno. Oggi è anche sede di Eataly, presidio torinese di Slow Food. Torino,
inaspettatamente, sa insomma essere a colori. Perciò abbiamo scelto di
raccontarla in bianco e nero, per non togliervi il gusto di scoprirli di
persona. Questo è il nostro personalissimo invito.