Liguria: le alternative enogastronomiche fra Camporosso e Apricale
Entroterra sconosciuto
ENTROTERRA SCONOSCIUTO Nell’immaginario collettivo, la Liguria è
considerata
terra di olio d’oliva, di focaccia, di farinata e di pesce azzurro.
Difficilmente
si pensa che possa essere anche patria di fragole, di fagioli bianchi e
di un ottimo e corposo vino rosso Doc. Oltre alle splendide e frequentatissime
coste, l’estremo ponente di questa regione vanta anche un entroterra alle
pendici delle Alpi che offre sorprese gastronomiche. Partite da Nervia,
tra Bordighera e Ventimiglia, e dirigetevi lungo la valle percorrendo strade
piacevoli, che attraversano paesini ricamati su colline di ulivi. Dopo
pochi chilometri raggiungete Camporosso, un tempo sotto il dominio della
famiglia Doria, il primo dei borghi medioevali del nostro itinerario.
Camporosso
CAMPOROSSO Qui fate la prima di una serie di soste. Scendete dalla
moto per vedere da vicino le coltivazioni “fuorisuolo” di fragole:
le
sementi vengono piantate in sacchetti sterili e alimentate con acqua e
concime. Questo metodo ha il vantaggio della raccolta più facile, della
pulizia e della prevenzione dalle malattie. Lo sguardo, una volta entrati
nella serra, viene colpito da una vera e propria distesa di puntini carichi
di colore rosso. Altro senso completamente rapito dai frutti è l’olfatto,
infatti il profumo è davvero intenso e piacevole: non vi resta che addentarne
una per gustarne il sapore.
Rossese di Dolceacqua
ROSSESE DI DOLCEACQUA Ripartite alla volta di Dolceacqua, un antico
borgo ai piedi del monte Rebuffao diviso dal torrente Nervia e oggi insignito
della bandiera arancione del buon turismo. La parte più antica, dominata
dal castello dei Doria, è chiamata Terra: la parte più moderna, il Borgo,
si sviluppa sulla riva opposta a lato della strada che risale la valle.
I due nuclei sono collegati da un ponte quattrocentesco a schiena d’asino
ritratto da moltissimi artisti, tra i quali Claude Monet. Insieme alla
“Terra” rappresenta una delle cartoline più rappresentative
dell’entroterra
ligure. Oltre che per il suo dedalo di caratteristici carrugi, Dolceacqua
è famosa e rinomata per la produzione del Rossese di Dolceacqua; ottenuto
dall’omonimo vitigno, viene prodotto in un numero limitato di bottiglie.
Il frantoio di Isolabona
IL FRANTOIO DI ISOLABONA È presto per assaggiare un buon bicchiere
del vino a suo tempo apprezzato anche da Napoleone, quindi proseguite il
vostro itinerario uscendo dall’abitato di Dolceacqua. Seguite la
deviazione
a sinistra per Rocchetta Nervina, un borgo con una particolare conformazione
a Y perché fortificato tra due impetuosi torrenti montani, che nello scendere
a valle formano una serie di laghetti e di cascate, sui cui si fissa lo
sguardo. Rientrando sulla strada provinciale della Val Nervia incontrate
Isolabona: lì, in una piazzetta del centro storico, in un vecchio frantoio,
che si trova accanto ad un’antica fontana del XV secolo, vi aspetta
l’aperitivo.
E, tra una chiacchiera e una battuta, è arrivato finalmente il momento
di degustare un bel bicchiere di Rossese accompagnato da alcuni dei prodotti
del frantoio: le olive taggiasche dell’alta Val Nervia, i pomodori secchi
sott’olio, il patè di olive e di carciofi e il pesto.
Pigna e le sue terre
PIGNA E LA SUE TERRE Riaccesa la moto, proseguite per Pigna, il
capoluogo
storico e artistico di valle, lungo una strada veloce e scorrevole con
curve sinuose ma non impegnative. Il paese si presenta come un grappolo
di case ed è caratterizzato dai “chibi” (stretti viottoli scuri) sui
quali svetta la mole del campanile medioevale. Siete in montagna, nonostante
il mare sia a pochi chilometri di distanza da voi. Il panorama colpisce:
le alture impervie fanno da contrasto ai boschi di castagni e roveri e
alle colture di ulivi. Ma Pigna è famosa per la qualità e l’unicità di
un prodotto della sua terra: i fagioli bianchi di Pigna sono considerati
i più buoni al mondo. A fondo valle, in corrispondenza di una sorgente
di acqua sulfurea, si trovano le antiche terme, dove vi potete rilassare
con trattamenti di crenoterapia, utili nella cura della pelle e
dell’estetica.
Apricale
APRICALE Ultima tappa della Val Nervia prima di ritornare sui vostri
passi fino alla deviazione per Apricale, è Castel Vittorio. Posizionato
su uno sperone di roccia sulla via di accesso all’alta Val Nervia,
conserva
tutt’oggi la struttura ellittica e compatta di presidio militare
medioevale.
La visita al centro storico si snoda tra viottoli in forte pendenza, passaggi
coperti e scalinate a gradoni. Ripercorrete in discesa i tornanti che vi
hanno condotto a Castel Vittorio e riattraversate l’abitato di Pigna fino
ad arrivare al bivio per Apricale, nel centro di Isolabona. Usciti da una
piccola galleria, vi aspettano pochi chilometri di belle e panoramiche
curve. All’improvviso, dietro ad una curva, vi appare Apricale,
appollaiata
su un pendio e circondata dagli ulivi. L’aspetto scenografico
dell’abitato,
il più caratteristico dei “villaggi di pietra” che avete incontrato
finora,
ha incantato nel tempo poeti, scrittori e pittori di fama che hanno contribuito
al soprannome di “borgo d’artisti”. La struttura urbanistica
medioevale
completamente conservata culmina nella piazzetta principale a forma di
anfiteatro, dove si trovano, come fossero le quinte di un teatro, il castello
e la chiesa parrocchiale. I carrugi affrescati, le ripidissime scalinate
trasversali, gli scorci fioriti e i passaggi uniti fra loro da archi,
costituiscono
un patrimonio architettonico unico che ha reso Apricale il primo comune
ligure riconosciuto dal 2002 con il titolo di “Borgo più bello
d’Italia”.
Ma non è tutto: Apricale è anche “città dell’olio”, sulla via
omonima,
e ha una tradizione di specialità gastronomiche tipiche di questo fertile
entroterra. Con questi presupposti non vi resta che concludere qui la vostra
giornata, gustandovi una succulenta cena e godendovi un meritato riposo
nella tranquillità di un luogo d’altri tempi. Anche se amiamo la moto,
questa volta ripartiamo a fatica: abbandonare questi ricami di architettura
e questi piaceri enogastronomici, è un vero peccato... di gola!