Ducati T e S 175

Turismo e Sport

Introduzione


Ha fatto un’ottima scelta, l’ingegner Taglioni, quando nel 1954 ha preferito l’albero a coppie coniche per comandare la distribuzione delle sue monoalbero da corsa (chiamate ufficialmente Gran Sport ma più affettuosamente conosciute come Marianna).

Una soluzione, quella delle coppie coniche (nella foto in basso, la coppia superiore, facilmente raggiungibile togliendo il coperchio fissato con 3 brugole) che non era certo una novità, infatti aveva i suoi lontani precedenti nell’americana Cyclone 1000 del 1914. A partire dagli anni Venti era poi stata adottata da alcune celebri firme europee, tra cui predominante l’inglese Norton con i modelli prima International e poi Manx, di lunghissima vita e infinite vittorie.

Tecnicamente il progettista bolognese si era orientato sull’albero a coppie coniche per motivi di leggerezza e semplicità, come lui stesso ci ha spiegato ricordando la genesi delle Marianna. Incurante del maggior assorbimento di potenza rispetto ad altri sistemi. E così facendo, gli è venuto quasi automaticamente un gran bel motore, con qualche somiglianza a sua maestà Norton Manx. Un motore che affascina per l’impressione di potenza e raffinatezza. Anche se non guasta mai, l’estetica attraente aveva poca importanza per un mezzo da corsa; ma è diventata importantissima quando le Marianna hanno generato le versioni stradali, cominciando con le 175 presentate al Salone di Milano 1956. C’era la fila, davanti alle monoalbero bolognesi (specialmente la Sport) per mangiare con gli occhi queste clamorose novità. Nel passaggio corsa-strada l’ingegner Taglioni aveva cambiato ben poco sia nel motore sia nella ciclistica, stimolando così la passionalità per queste moto. Si può dire che l’intervento più importante fosse la chiusura delle molle valvole per ovvii motivi di pulizia. Le Marianna erano nate con le molle-valvole scoperte perché più facili da sostituire nelle gare di gran fondo; ma quando le maratone verranno proibite, riceveranno anch’esse le loro brave teste coperte.

 Per diminuire la rumorosità meccanica, la dentatura delle coppie coniche era passata da rettilinea ad elicoidale (con ulteriore assorbimento di potenza) e lo stesso trattamento era stato riservato agli ingranaggi della trasmissione primaria. A guardar bene, il basamento è imponente ma è un’imponenza necessaria in previsione di future maggiorazioni di cilindrata e poi non si può dire sproporzionato rispetto al gruppo testa-cilindro.

Tecnica, stile, carisma, queste Ducati sembrano aver proprio tutto. Neanche una macchiolina? Eh no, la perfezione non è di questo mondo. Anche loro sono state tribolate. Prima di tutto per l’impianto elettrico che, per dovere di fratellanza, era quello della Ducati Elettrotecnica. L’alternatore con annessi e connessi spesso per noie varie non riusciva a caricare sufficientemente la batteria. E siccome l’accensione era a spinterogeno, se mancava corrente si fermava tutto mentre la fanaleria era meglio usarla poco. Poi c’era il grosso problema dell’assistenza, specie per quanto riguarda il reparto distribuzione. Se tutto era a posto, il motore filava a meraviglia. Ma la messa a punto non era facile, come si dice a parte: richiedeva attrezzatura e competenza. Invece in quegli anni tanti bravi meccanici si erano trasferiti nel settore auto, dove era iniziato il boom delle utilitarie. E così se uno capitava da un generico “scalpellino” di quelli che viaggiavano a martello e cacciavite, cominciavano i dolori, molto difficili da lenire. Anche in questo caso, quello che era un vanto, non per colpa dei Costruttori diventava un handicap.

La T 175



Le Ducati si presentano sul mercato nel 1957, un po’ prima la T e successivamente la S. La T costa 230.000 lire quando la Morini Tresette è a 260.000, la MotoBi Catria a 235.000, la Parilla Turismo Special a 221.000, l’Aermacchi Ala Rossa a 245.000. Prestazioni? Un gran bel telaio, freni potenti (fin troppo in certe situazioni, specie con la T), doti di robustezza e un motore brillante anche nella versione più pacifica (dava la coppia massima di 1,35 kgm a 5.500 giri, lo stesso regime dello Sport per 1,75 kgm). Rapportata un po’ più corta, la T superava di poco i 110 km/h in fuorigiri (8.000).

Il motore
della T presenta ben poche diversità nei confronti di quello della S e si distingue per la sua architettura elegante ed esclusiva. Maggiorato fino a 450 cc, questo bel monoalbero avrà lunga vita: resterà infatti in produzione dal 1957 al 1976. Le T hanno il trave anteriore del telaio con una costolatura. Limpianto frenante è il medesimo per la T e la S, con fascia d'attrito da 35 mm. Forcella di solida costituzione costruite dagli ex dipendenti Marzocchi.

Un classico delle Ducati, i contatti dell'accensione facilmente raggiungibili tramite un coperchietto con fissaggio a pressione.
Anche questo un accorgimento derivato dalle corse.

La S 175



La S se non vedeva i 130 km/h promessi, ci andava però molto vicino, con un regime di rotazione vicino agli 8.000 giri. Insomma, la S era ben più rispondente allo spirito Ducati e si comprende quindi la preferenza accordatale dalla clientela. La S era venduta a 256.000 lire contro le 279.000 della Morini Tresette Sprint, le 259.000 della Moto Guzzi Lodola Sport e le 265.000 della MotoBi Catria Sport.

Il motore
, molto simile a quello della T, ha un albero a coppie coniche che gira su due cuscinetti a sfere ed è provvisto di un giunto a crociera come quello delle Norton. Anche l'assea camme gira su due cuscinetti a sfere. Come sui motori da corsa, le molle-valvole sono sono a spillo mentre la dentatura d elle coppie coniche e degli ingranaggi per la trasmissione primaria è passata da dritta ad elicoidale. Testa e cilindro sono uniti al basamento mediante lunghi tiranti: si diceva assicurassero maggior elasticità.

Anche per la S l'impianto frenante è con fascia d'attrito da 35 mm. Unica differenza, la presa d'aria per il raffreddamneto del tamburo. Forcella Marzocchi.

L'originale serbatoio "anatomico" della Sport, dovuto ai suggerimenti del pilota-collaudatore Bruno Spaggiari. E' sagomato per accogliere non solo le ginocchia, ma anche le braccia.

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