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EDITORIALE
Peterhansel, Neveu e Picco a correre un rally mondiale insieme a Coma, Despres e Rodrigues. Non si tratta di una parata per beneficenza, ma del Sardegna Rally Race 2011, un’edizione che rimarrà nella storia. Quattro di loro hanno un totale di 20 Dakar vinte, tra moto e auto. Vedere confrontarsi, senza risparmiarsi, i campioni di oggi e di ieri ci ha fatto entusiasmare, soprattutto per la grinta e le prestazioni espresse da Neveu e Peterhansel, in quanto Franco Picco si è presentato con una Yamaha Super Ténéré 850 che corse la Dakar del 2000, con 70 litri di serbatoi: stupenda, ma tutto l’opposto di ciò che serve in un rally tecnico come il Sardegna. Non sapevamo bene cosa aspettarci da chi, come Ciryl Neveu, ha vinto cinque Dakar e oggi ha 55 anni o da un campione come Peterhansel che non sale in moto da 13 anni, ma nel suo cassetto ha la bellezza di nove Dakar vinte tra moto e auto… Sono bastati pochi km per rendersi conto che non erano lì per giocare: guida fluida, pulita, ma molto efficace e resistenza fisica da ragazzini. Risultato? Neveu 28° assoluto, Peterhansel invece ha sfiorato il podio. È un po’ come se Mick Doohan, Kevin Schwantz e Freddie Spencer corressero una gara di MotoGP insieme a Valentino, Stoner e Lorenzo… Sarebbe stupendo il confronto, ma sappiamo bene che difficilmente uno dei “vecchi” potrebbe aspirare alle posizioni alte della classifica. Eppure al Mondiale Rally in Sardegna è stato così ed è interessante ragionarci su. Nel motocross e nel trial, come nella velocità, l’età è un valore importante, ma nell’enduro e nei rally abbiamo spesso assistito a episodi dove la classe e l’esperienza hanno vinto sull’anagrafe. Basta pensare al nostro eroe, Fabrizio Meoni, che ha vinto la Dakar con la moto più pesante e impegnativa che si potesse usare, la KTM LC8, alla tenera età di 44 anni. E che dire di Giò Sala, che dopo 5 Mondiali di enduro, si vince l’ultimo Campionato Italiano a soli 43 anni… Sono loro, i super campioni, a farci capire che il nostro amore per il tassello durerà a lungo. Noi che non vogliamo certo vincere i Mondiali, ma girare per i boschi e, magari, farci una garetta di trofeo ogni tanto, noi che siamo verso gli “anta”, ma dentro ci sentiamo forti (d’animo, sia chiaro), come Peterhansel. È la grande fortuna del nostro sport, che ti rapisce da bambino e ti accompagna per tutta la vita, insegnandoti a lottare e a diventare grande. Già, grandi, perché vecchi non lo diventeremo mai: con tutti i fanghi che ci facciamo…