Motociclismo d'epoca 10-2020

Segnali di resa La pubblicità sulle riviste inglesi fine anni Sessanta lascia intuire la situazione di crisi in cui era venuta a trovarsi l’industria nazionale. Diventata poco innovativa e attenta alla qualità, lascerà sempre più spazio all’aggressività giapponese che finirà per metterla KO. Non è il caso qui di ricordare i motivi del fallimento, ne abbiamo parlato tante volte. Vediamo piuttosto qualche esempio di questi messaggi che a loro volta fanno storia di Carlo Perelli ALLA VIGILIA DEL TRACOLLO Gli inglesi sono pionieri anche dell’abbigliamento specifico con il famoso Barbour in tessuto impermeabile e traspirante, di origini marinare, ben adattato all’impiego motociclistico fin dagli anni Cinquanta. Il produttore non sa però contrastare la concorrenza italiana e giapponese manifestatasi a cominciare dagli anni Settanta e gradatamente abbandonerà la specializzazione motociclistica, già praticamente limitata ad un solo modello. Il caso dell’Ariel Leader 250 è un caso eclatante perché chi si sarebbe immaginato, nel 1959, che una Casa inglese fosse capace di un progetto così futuristico? Motore bicilindrico due tempi e vestizione totale destano meraviglia ma non si traducono in successo di vendite perché i mercati riservano scarsa accoglienza a una moto del genere. Da troppo conservatori a troppo innovatori, questi inglesi. Per rimediare al fallimento, nel 1962 l’Ariel mette a nudo la Leader, e lancia l’Arrow 200-250, poi nel 1963 tenta anche la strada del ciclomotore con il Pixie 50 a quattro tempi ma nuovamente con scarsa fortuna, fino alla chiusura dell’azienda nel 1972. 16 MOTOCICLISMO D’EPOCA 7/8-2020

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