di Mario Ciaccia - 20 January 2016

MotoGP: ma quanto è bidone una moto bidone?

Ci vuole poco a bollare come pessima una moto da gara, ma è solo perché, quando si ragiona in termini estremi, perdere un decimo a curva è una tragedia

POCHI DECIMI PERSI QUA E LÀ FANNO UNA DIFFERENZA ENORME

Nel mondo delle gare, le moto vengono realizzate nella migliore maniera possibile, senza compromessi, per essere più veloci di tutte le altre. Presa singolarmente, ogni moto è un perfetto gioiello di tecnologia, capace di prestazioni elevatissime, sia in rettilineo sia in curva. Al termine di ogni stagione di gare, ingegneri e tecnici riprendono in mano il progetto, per migliorarlo durante l'inverno. Il risultato è che al via della stagione successiva ciascuna moto è stata migliorata di pochi decimi di secondo al giro rispetto a quella precedente. Messe al confronto con le altre, però, le moto non sono tutte uguali. Alcune sono più veloci, ma si parla sempre di inezie. Di battiti di farfalla per ogni curva del circuito, che fanno sì che, dopo un giro, magari ci sia un distacco di mezzo secondo; il che, tradotto su una gara di 30 giri, fa sì che il distacco salga a 15 secondi. Ovvero, la differenza tra una moto super e una ciofeca. Perché nel mondo delle corse è così: globalmente le moto vanno tutte in maniera molto simile ma, quando guidi al limite, sul filo del rasoio tra il restare in piedi e il cadere, pochi decimi di secondo persi qua e là fanno una differenza enorme. 

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IL POTERE DELLE GOMME

Suzuki e Kawasaki sembravano incapaci di eguagliare Honda, Yamaha e Ducati ma poi arrivò una variabile: le gomme Bridgestone. Utilizzavano dei criteri diversi e nel 2004 si resero protagoniste, perché in alcune piste erano pessime, ma in altre erano nettamente migliori delle Michelin. Il giapponese Tamada, con la Honda, arrivò persino a vincere con questi pneumatici, mentre un altro giapponese, Nakano, in qualche occasione riuscì a far entrare la Kawasaki nella top 5. Come controindicazione, questi pneumatici ogni tanto si distruggevano, perché non reggevano lo stress di moto potenti oltre i 200 CV. A Tamada toccò ritirarsi mentre era in testa, ma a Nakano andò peggio, quando una gomma gli esplose a oltre 300 km/h al Mugello. Fece una caduta paurosa, dalla quale si rialzò senza neanche una frattura. Ma in Bridgestone si misero a lavorare sodo e quelle gomme, nelle stagioni successive, diventarono affidabili e migliori delle Michelin su tutte le piste, così iniziò la migrazione di massa. Nel 2005 Ducati decise di adottarle anche lei; nel 2008 Rossi fece altrettanto (mentre il compagno di squadra Lorenzo aveva le Michelin) e infine, nel 2009, venne instaurato il regime di monogomma, con le Bridgestone obbligatorie per tutti. Quindi noi spettatori scoprimmo che una moto giudicata pessima poteva fare un grosso balzo in avanti soltanto cambiando pneumatici. Però, a dire il vero, erano già gli anni in cui anche le supersportive stradali erano diventate molto sensibili a questo aspetto.

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