Statistiche web
26 February 2013

Le superbike giapponesi al capolinea?

Non è successo molte volte nella storia del Mondiale SBK che in gara 1 e in gara 2 a Phillip Island non ci fosseneppure una moto giapponese sul podio (nemmeno al 4° posto): un caso? O piuttosto il Sol Levante è... tramontato dietro la scogliera di Phillip Island?

Le superbike giapponesi al capolinea?

Una è la moto Campione del Mondo, l’altra è la novità del circus SBK, l’altra ancora è la regina delle Stock in pista e una delle poche maxi sportive a mettersi in luce in un mercato fermo (e siamo gentili…) per la categoria. Parliamo di Aprilia RSV4, Ducati Panigale e BMW S1000RR, le moto che hanno catalizzato l’attenzione del primo Round del Mondiale SBK 2013. A Phillip Island le classifiche sono state dominate dalle Case europee. Non monopolizzate, visti i buoni risultati in prova della Suzuki GSX-R1000 di Leon Camier e della Kawasaki ZX-10R di Sykes. Ma nei momenti che contavano, ad imporsi sono stati i piloti Aprilia, BMW e Ducati.

APRILIA DA RECORD
La Casa di Noale ha letteralmente colonizzato i podi delle gare con un perentorio 5 su 6, grazie alle vittorie di Guintoli e Laverty e al podio di Fabrizio, che del resto era già stato già brillantissimo in prova. A detta di tutti i piloti che la guidano e che l’hanno guidata (uno per tutti: Max Biaggi), la RSV4 non ha il miglior motore per potenza o allungo, per contro tira a qualsiasi regime e ha un’elettronica avanzatissima e perfettamente a punto. Infine la maxi veneta ha la possibilità di regolazioni infinite per la ciclistica. Il risultato è una moto che richiede raffinatezza nella messa a punto, ma ripaga con una responsività unica alle regolazioni e con doti ciclistiche che non devono sorprendere nessuno. Se poi andiamo a guardare, parlando di motore le moto venete sono anche quelle che costantemente per tutto il week end hanno fatto segnare le migliori velocità massime.

DA NOALE NON SOLO CICLISTICHE SUPER
Il record appartiene a Guintoli, che in qualifica ha superato i 320 km/h. In gara il francese non ha raggiunto questa soglia per soli 0,5 km/h, in compenso è stato Fabrizio a superarla. L’Aprilia più lenta è stata quella di Giugliano, comunque con una top speed di 315 km/h. Insomma, non allungherà ma il V4 italiano i CV ce li ha buoni e permette uscite a fionda dalle curve verso rettilinei a tutta manetta. Il consumo delle gomme a fine gara è sembrato omogeneo e regolare, a giudicare dalle immagini in TV, segno che la ciclistica è equilibrata e che i piloti, specie Guintoli, hanno una guida che consente di preservare la performance delle Pirelli slick. Laverty e Fabrizio sono certamente più aggressivi (il romano in prova sembrava spesso sul punto di cadere, invece recuperava sempre con apparente naturalezza), ma la RSV4 asseconda ogni pilota “sopportando” anche la guida muscolare con un’efficacia confermata dal cronometro. In tutto questo, non bisogna dimenticare che l’Aprilia è stata sviluppata da un pilota di grande sensibilità come Max Biaggi e che già nel finale dello scorso campionato aveva permesso ad altri piloti, oltre al Corsaro, di vincere delle gare, anche a privati come Chaz Davies.

DUCATI INCOGNITA VELOCE
Sulle prestazioni della Panigale ci sono luci ed ombre. Le ombre sono dovute alle cadute che hanno costantemente accompagnato il debutto in SBK di questa moto, tutte… “pesanti”. Badovini si è fratturato un tallone e ha dovuto rinunciare alle gare a Phillip Island mentre Checa, che già aveva sbattuto violentemente nei test, è caduto in Gara 1 con conseguente tali da sconsigliare al team di farlo correre in gara 2. Si è distratto? Guidava sopra le righe? Stava tirando per recuperare sulle 4 cilindri? Ecco, quest’ultima ipotesi farebbe perdere qualche punto alla Panigale, che però paradossalmente ha mostrato anche un potenziale enorme. Finché ha potuto girare, infatti, Carlos ha fatto faville, abbattendo il record di Phillip Island e facendo segnare dei tempi che gli avrebbero permesso di vedersela ad armi pari con le MotoGP: col suo 1’30”234 in Superpole sarebbe partito al 3° posto nella gara MotoGP 2012, mentre il passo gara mediamente intorno al 1’31 alto gli avrebbe permesso di giocarsi un bel piazzamento nelle alte sfere della classifica finale. Ovviamente il confronto è un po’ tirato, ma indica che “El Toro” è certamente un gran manico e che la Ducati Panigale è una moto con dei margini di miglioramento amplissimi.

UN TEDESCO CONFERMA LE DOTI DELLA PANIGALE
Lo confermano anche le prestazioni di Max Neukirchner. Il tedesco, reduce da stagioni mediocri in Moto2, praticamente ha cominciato a guidare la 1199 in configurazione SBK solo per i test australiani, avendo provato fin lì la moto in versione stock. Nonostante questo (detto che un piccolo favore l’ha ricevuto dai crash dei colleghi, ma anche che era finora totalmente digiuno di bicilindrici), Neukirchner ha conquistato una più che onorevole decima posizione in Gara1 e un 11° posto in Gara2, con tempi inferiori di solo un secondo a quelli delle velocissime Aprilia, e comunque migliori rispetto ai crono di 3 BMW, 2 Kawasaki e una Honda.

BMW A CARTE SCOPERTE: OBBIETTIVO TITOLO
Se non fosse stato per lo strike ad opera di Checa, Melandri avrebbe sicuramente potuto lottare per il podio in Gara1, come ha infatti confermato in Gara 2. Dal canto suo, Chaz Davies è stato brillante in Gara 1, girando coi tempi dei primi e risultando il migliore dei piloti… non Aprilia. Insomma, la BMW HP4 c’è e non nasconde di puntare al titolo. Anche tra gli addetti ai lavori Melandri è molto accreditato, peccato che si faccia sempre male quando cade. E comunque se con una spalla sub lussata riesce ad arrivare 3° a Phillip Island, tanto di cappello!

LA "PROFEZIA" DELLE COMPARATIVE DI MOTOCICLISMO
Avete notato che l’andamento degli ultimi mondiali SBK replica abbastanza fedelmente i risultati delle comparative Maxi Sportive di Motociclismo? Negli ultimi 3 anni le nostre prove sono state vinte due volte dalla BMW e una dall’Aprilia, mentre la Panigale, al suo primo confronto con le rivali nel 2012, ha ottenuto un bel 3° posto. Giapponesi surclassati, evidentemente la categoria non gli interessa più e ci si impegnano poco, tanto in pista quanto sul prodotto di serie. Pensano ad altro, ad esempio ad allontanare il più possibile la propria ciclopica industria dal baratro della crisi.

GIAPPONESI IN CHIAROSCURO
Ed allora ecco che la Honda si è presentata con un pacchetto elettronico made in HRC ma acerbo, non riuscendo a dare ad Haslam e Rea una moto da podio. Più positivo l’inizio di stagione della Suzuki, che ha permesso a Camier di mettersi in luce con una certa costanza nei test e in prova. Ma anche il buon Leon si è dovuto accontentare delle posizioni di rincalzo in gara, mentre il suo team mate, Cluzel, è andato in crescendo ma a lui, al debutto in SBK, ancora non è il caso di chiedere prestazioni strabilianti.

DELUDE KAWASAKI
Proprio per il tipo di campionato che Tom Sykes era riuscito a condurre lo scorso anno (monopolio in prova, prestazioni sempre al vertice, titolo perso per mezzo punto), gli appassionati delle Ninja già pregustavano goduriosi monologhi… in verde in prova e in gara. Da Sykes e da Baz ci si aspettava molto, ma alla prova dei fatti la Ninja si è rivelata ancora una moto che permette qualche exploit ma che non regge alla distanza. C’è poi da considerare che anche Sykes è caduto malamente nei test facendosi piuttosto male ad un polso. Basta come attenuante? Probabilmente no. Il potenziale della ZX-10R è altissimo ed è chiaro che attualmente sia l’unica giapponese in grado di impensierire seriamente le europee.
Anche nelle comparative di Motociclismo la Ninja segue idealmente lo stesso percorso: vincitrice nel 2009 e 2008, è andata a podio nel 2011, ma negli anni recenti si è vista sopravanzare a volte dalle cugine giapponesi ma, soprattutto, dalle arrembanti europee, sia a due che 4 cilindri. Tornando sui campi di gara, la delusione per le promesse non mantenute dalla Ninja e dal suo top rider è quindi forte, mentre alla Honda si concede qualche attenuante e la Suzuki addirittura scalda i cuori con risultati che ribaltano il suo status di perdente predestinata in quanto basata su un modello di serie che è l’ultimo della lista per sofisticazione elettronica.

Ora ci aspetta un mese e mezzo di sosta tra la prima e la seconda gara (Aragon il 14 aprile) e le squadre hanno tutto il tempo per mettere a punto le moto e recuperare i piloti infortunati. Vedremo come proseguirà il campionato, con un’ultima nota: anche l’anno scorso Aprilia fece un buon bottino a Phillip Island (vittoria e 2° posto per Biaggi), Melandri fece un podio e Sykes iniziò la stagione sottotono. Anche Checa tutto sommato stava replicando quest’anno le prestazioni del 2012, quando vinse Gara2. Insomma, Phillip Island è un bell’antipasto, ma il Mondiale di fatto deve ancora cominciare.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA