Gino Borsoi: “In Italia il motociclismo è frenato dai costi e dalla burocrazia”
alla ricerca di nuovi talenti per il "dopo rossi"
Il tema dello scoprire e coltivare giovani talenti nel Motomondiale è molto attuale e importante, per noi italiani. Dopo un ventennio di dominio in lungo e in largo, cominciato nelle piccole cilindrate e continuato con la migrazione dei nostri migliori piloti in MotoGP, da qualche anno si è fatta sempre più pressante l’esigenza di pensare al “dopo Rossi” e di arginare l’avanzata trionfale del motociclismo spagnolo. A costruire un nuovo vivaio di piloti italiani ha iniziato la Federazione col Team Italia nel 2011, poi sono arrivati i team Moto3 di Gresini e VR46. E i risultati sono cominciati ad arrivare, più coi team “privati” che con la squadra della Federazione (che ha lanciato ragazzi come Fenati, Bagnaia e Locatelli ma dal 2017 si disimpegna dalle gare mondiali).
L’italiano che ha vinto di più in Moto3 nel 2016 è Francesco “Pecco” Bagnaia, in forze al team Aspar di Jorge Martinez.
Italia e spagna unite e vincenti nel team Aspar
Al di là della nazionalità del pilota (che nel 2017 torna a un team italiano, correndo in Moto2 per VR46, la squadra con cui aveva corso nel 2014), c’è un altro importante contributo tricolore nelle vittorie della squadra spagnola: il direttore sportivo è il trevigiano Gino Borsoi, buon pilota a cavallo tra la fine del ‘900 e l’inizio del nuovo millennio reinventatosi prima team manager in proprio e poi dirigente del team Aspar.
Nell’intervista che segue, Borsoi dà la propria opinione dell’esplosione spagnola contrapposta al declino italiano; racconta come il proprio passato agonistico può essere d’aiuto ai giovani piloti della squadra; parla delle differenze nella preparazione atletica tra i piloti di ieri e quelli di oggi ma anche di quelle tra la federazione spagnola e quella italiana…