Ho avuto la fortuna partecipare a tanti rally, ma ho sempre utilizzato il roadbook, mai il GPS. Da un lato ero intimorito, dall’altro ero molto curioso di provare questa nuova esperienza. Sulla moto era montato un Garmin Montana 700 con schermo touch a colori dotato di mille funzioni. Fortunatamente quelle base sono intuitive e in un attimo mi hanno insegnato a gestirle. Mi sono bastati pochi chilometri per apprezzare la facilità con la quale si può “navigare” tra strada e fuoristrada rispetto ad un road book dove invece bisogna incrociare il dato del chilometro percorso indicato su un trip digitale e il chilometro associato alla nota grafica (ad esempio al km 12,34 svolta a destra) indicato sul road book. Con il GPS basta solo mantenere il triangolino (che sei tu) su una traccia viola che è il tracciato da seguire e che qualcun altro ha percorso registrando il tragitto. In pratica è come usare il navigatore della macchina. Quando il triangolino esce dalla linea viola vuol dire che si sta andando nella direzione sbagliata. Nella teoria è quindi tutto molto semplice, il problema sorge quando si spinge a fondo in una prova speciale navigata. Nel primo settore selettivo sono partito forte, la linea viola era dritta quindi gas a manetta. Dopo 300 metri mi sono trovato davanti buche profonde fangose e ho cominciato subito la giornata con qualche bel jolly. È meglio imparare in fretta, infatti ho realizzato che il GPS è “bellino”, ma non ti “dice” i pericoli, e questo quando si viaggia forte può essere un problema. Occorre anche bloccare lo schermo su verticale o orizzontale, altrimenti quando si butta giù decisi la moto in curva la schermata si gira di colpo di 90°. A me è capitato e mi sono diretto giù per una collina, perdendomi miseramente. D’altro canto, contrariamente al road book, è facilissimo ritrovare la strada giusta, basta virare verso la traccia viola indicata sullo schermo e rimettere il triangolino sulla linea. In un’altra speciale ho raggiunto un pilota che non riuscivo a superare per via dalla grande polvere, lo schermo del GPS si è tutto sporcato e quindi con la mano l’ho pulito con una spazzolata. Buonanotte: è sparita la schermata e sono comparse icone, cartelline, casette, ecc. Mi sono fermato, ho reimpostato la traccia della tappa e sono ripartito. Quando c’è di mezzo un cronometro non è proprio una cosa che ti mette di buon umore. È anche molto importante calibrare lo zoom in modo che le svolte improvvise dai sentieri (gli LPP, lascia-pista-principale) siano visibili e anche i bivi siano leggibili. Non sempre è facile capire quale sentiero è da prendere quando ce ne sono 2 vicini paralleli di cui uno va in salita e l’altro scende. Personalmente mi sono trovato bene con lo zoom impostato sui 50 metri. In definitiva la navigazione con il GPS è formidabile se si procede a passo rilassato, in modalità avventura esplorativa. In queste condizioni la sensazione di sicurezza sulla strada/sentiero da prendere è assoluta. Se invece si corre per fare il tempo preferisco il road book, un po’ per la lentezza con la quale il GPS si aggiorna (nel sottobosco il segnale non arriva “pulito”), un po’ per il fatto che non ti avvisa dei pericoli. Sotto questo aspetto sono però venuto a sapere che Jordi Arcarons, team manager della squadra ufficiale Yamaha alla Dakar, fa allenare spesso i suoi piloti nel deserto con il GPS, proprio per abituarli a valutare meglio i pericoli improvvisi.