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di Mario Ciaccia
30 September 2023

Mezza Italia in staffetta con tre Suzuki: una nuova formula di viaggio

Uno dei viaggi più strani che si possano immaginare: 2.000 km su e giù per l'Italia, alternandosi alla guida di tre moto diverse, dedicando a ciascuna il suo terreno di caccia ideale. La scelta è caduta su tre Suzuki: una naked, un’enduro stradale e una sport touring. Con questa prima puntata iniziamo dalla GSX-8S

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Col Passo del Giovà inizia la nostra cavalcata a sei tappe su e giù per il Nord e Centro Italia.

Lavoro a Motociclismo da 23 anni e credevo di avere fatto ogni genere di viaggio ed esperienza, ma la staffetta mi mancava. Per staffetta si intende quel tipo di spostamento in cui una persona raggiunge un certo punto del percorso, si ferma e dà il cambio ad un altro. In questo caso lo abbiamo fatto perché avevamo in mente un viaggio dove utilizzare tre moto diverse tra loro, su tracciati che ne esaltassero le loro caratteristiche salienti. Ovvero: con tutte e tre si viaggia alla grande, ma ciascuna ha il "proprio giardino". E abbiamo scelto di farlo con tre Suzuki, perché è una delle poche Case che, oltre ad avere in gamma naked e maxienduro, ha anche una sport-touring, tipologia in via di estinzione, ma con tanti validi motivi per piacere ancora. Offre infatti un certo gusto di guida che è molto diverso da quello procurato dalle endurone, che sono le principali responsabili del loro calo di vendite.

Con le naked sportive si gode di uno scarso comfort, ma questo non è un motivo per non farci viaggi meravigliosi. Sono scomode per tre motivi: non hanno protezione aerodinamica, hanno selle strette e dure ed è difficile caricarle di bagagli. Sono tre difetti figli delle loro prerogative filosofiche. Però sono tra le più divertenti in assoluto sulle strade di montagna... e fare un'orgia di passi, uno dopo l'altro, non è un modo meraviglioso di viaggiare? Del resto c'è chi va fino a Capo Nord con le scomodissime biciclette da corsa... Così abbiamo deciso di utlizzare la Suzuki GSX-8S per le prime due tappe, che vi raccontiamo adesso.

Con le maxienduro si possono affrontare, divertendosi, tracciati con asfalti molto sconnessi, o strade sterrate. Per molti è il modo di viaggiare più affascinante, per tre motivi: i paesaggi visti dagli sterrati sono più belli che su asfalto; guidare in fuoristrada è divertente, se si è capaci; e hai un senso di libertà pazzesco, dato dal fatto che non temi alcuna strada e che puoi avventurarti dove vuoi. Nel caso di Suzuki, la scelta è facile: V-Strom 800 DE. Rispetto alle sorelle 650 e 1050, infatti, è quella di concezione più moderna, è la più versatile, anche se le altre due hanno i loro perché.

E la sport touring? Sostanzialmente, ci fai le stesse cose che con le naked sportive, con un divertimento leggermente inferiore perché sono più grosse e pesanti, compensato però da un maggiore comfort (sella più comoda, carenatura, borse e portapacchi) che consente di espandere il raggio d'azione potendo permettere di stare in ballo per più chilometri, più passi di montagna, più tratti autostradali senza soffrire.

Volevamo quindi partire da Milano, scendere in Toscana, fare un coast to coast fino alle Marche e poi tornare a casa facendo le Dolomiti e il Passo Stelvio. Il tutto diviso in sei giornate, due per ciascuna moto.

  • Con la Suzuki GSX-8S abbiamo affrontato le prime due, da Milano a Castiglione di Garfagnana: 400 km di passi appenninici asfaltati, divisi tra "intimi" e "superstar", come ci piace definire le due tipologie di strade che si incontrano andando in montagna. I primi hanno tracciati tortuosi che portano in luoghi isolati e selvaggi, i secondi hanno asfalti lisci e curve larghe che permettono di guidare in maniera esaltante, ma sono anche troppo trafficati.
  • Con la V-Strom 800 DE abbiamo raggiunto Fano, sulla costa adriatica, affrontando una sfilza di passi appenninici alternandoci tra asfalto e sterrato, su "spot" ben definiti.
  • Con la GSX-S1000GT invece abbiamo affrontato un volo ad alto raggio, alternando tratti autostradali a zone interessantissime come paesaggi e come guida, tra l'Adriatico, le Dolomiti e le Alpi Lombarde.

COSA SI INTENDE PER STAFFETTA?

Semplice: come fai a fare un viaggio simile, nel senso che ogni due giorni cambi moto? Un sistema è quello di andare da un concessionario Suzuki e fare lo scambio: uno in Garfagnana, uno a Fano. Un altro è avere un furgone al seguito con le moto caricate a bordo. E il terzo è la staffetta, quello che abbiamo usato noi. Ovvero si usano tre piloti: il primo si fa la prima parte, poi torna a casa mentre il secondo lo raggiunge e prosegue con la seconda moto. E così via. C'è anche un quarto pilota: io, quello che fa le foto. Io sono su una V-Strom 650, il mulo versatile di Casa Suzuki.

Quindi iniziamo con Elia Turchetti e la GSX-8S.

Ci siamo presi la versione celeste, che ci piace tantissimo: ma che peccato che di Kevin Schwantz Replica ne abbiano fatte solo cinque... Secondo Elia Zanchetti, pilota di questa GSX e, quindi, mio compagno di viaggio, la moto in certe scelte estetiche è figlia della Katana. A me piace l’aria da bulldog, caricata in avanti, massiccia nella zona del motore e del serbatoio e sfuggente dietro, con il telaietto reggisella a vista e la coda tronca (e l’odioso portatarga/portafaro, di cui non si può fare a meno). Mi piacciono anche quelle punte del frontale e del convogliatore, sparate in avanti, con in mezzo i due piccoli faretti a led (che però non sono un portento, di notte).
Abbiamo scelto di arrivare a Voghera direttamente in autostrada quindi, per una naked sportiveggiante, non è stato l’inizio ideale. Elia come bagaglio aveva poca roba – l’antipioggia, abiti civili per la sera, una felpa – e, visto che la moto di serie non ha né portapacchi né telaietti per le borse laterali, ha ficcato tutto dentro uno zaino. Del resto, naked = essenziale, è giusto così. Poi s’è seduto e ha notato due cose: la sella dura, altra cosa giustificata dal genere di moto (perché così le chiappe trasmettono meglio gli spostamenti di peso per curvare) e il manubrio più alto della media, tanto che in autostrada si sentiva la pressione dell’aria più che su altre naked. Queste, di solito, hanno manubri larghi, per poter essere agili nei tornanti, ma posti molto in basso, per poter avere una posizione di guida moderatamente caricata sui polsi, senza spaccarli come sulle ipersportive. La GSX-8S invece il manubrio lo ha più in alto, o per lo meno ha un dislivello maggiore rispetto alla sella. Una volta timbrato il cartellino dell’autostrada, odiosa ma utile, Elia s’è ritrovato a guidare sulle rampe dello Giovà, che è un passo stretto e dal fondo sconnesso, un sentiero se paragonato all’autostrada. Il fondo irregolare è un’altra cosa che le moto di impronta sportiva non amano, per via delle sospensioni rigide, però qua la Suzuki ci ha stupito. Non rimbalza sulle asperità, le copia. In più, quel manubrio più alto del solito aiuta molto a remare nei tornanti stretti, cercando la traiettoria meno sconnessa. Come mappatura la A è la più aggressiva, ma è anche quella che ha il maggiore effetto on-off.

IL PASSO DELLO GIOVà

Lo Giovà è un passo “intimo della sottospecie struggente”, perché in cima c’è la desolazione assoluta, circondata da un panorama spaziale. Infatti vi si trova un albergo abbandonato, che fa pensare agli anni Sessanta, quando il boom portò alla nascita di hotel isolati che venivano frequentati per tutta l’estate e pure d’inverno. Poi, però, sono in malora, venendo abbandonati a loro stessi. La fotografa Marcella Milani, specializzata in luoghi spettrali, è venuta qui apposta, per immortalare questo edificio e anche quello vicino di Cima Colletta. Chiedo comunque scusa a Elia per averlo portato su una strada simile con quella moto, ma lui non è scocciato: “Guarda che non se la cava male”. Lui, poi, essendo milanese come me, si domanda come sia possibile che sorgano i paesi di montagna. “Mi piacciono, mi affascinano, ma ogni volta mi chiedo come sia possibile avere voglia di vivere quassù, dove non c’è quasi niente da fare, se non lavorare scomodamente”. Gli rispondo che, quando vedo posti isolati in alta quota, come il paesino di Pej che incontriamo scendendo in Val Boreca, spero che mi mandino a fare smart working lassù. “Ma poi penso che, alla lunga, mi verrebbero a mancare tutte le cose che si fanno in città”. Del resto lo spopolamento delle aree montane non ce lo siamo inventato noi. È bellissimo viaggiare in moto, respirare l’aria dei posti e commentarli in diretta, grazie all’interfono.

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La stradina stretta e tortuosa che sale allo Giovà.

VAL TREBBIA


Tra il Giovà e il valico successivo (“intimo” pure lui) c’è la Val Trebbia, ovvero il templio della velocità su strade aperte al traffico. Con annessi e connessi negativi, purtroppo. Ma c’è poco da fare gli ipocriti, su questa strada la Suzuki ci esalta (parlo al plurale perché la provo anche io). Compatta, rigida in senso buono, molto reattiva, con questa posizione di guida strana ma efficace, un motore pieno di coppia e ottimi freni, è definibile con una sola parola: divertentissima. Per questo ha senso affrontare viaggi con moto così. Ma non ci stupiremmo se poi ne uscisse una versione più comoda, con cupolino e portapacchi, come già è successo con moto spoglie e divertenti come la Yamaha MT-09 (da cui è stata inizialmente derivata la Tracer) o l’Aprilia Dorsoduro 1200 (ricordate la Capo Nord 1200 con il cerchio anteriore da 17”?).

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Una cosa che adoriamo della Val Trebbia: le trattorie alla buona lungo la strada.

BARBAGELATA

Barbagelata (1.125 m) non è soltanto un punto di valico, è anche un minuscolo paese, tra i più suggestivi che abbia mai visto da queste parti. Sembra che non ci siano negozi... “Pensa dover andare a fare la spesa in un giorno di neve”. C’è però un rifugio che, a metà gennaio di ogni anno, è sede del Belinentreffen, una mototendata invernale a scopo benefico, che raccoglie soldi per la Nazareth School di Nairobi. In cima c’è la lapide che ricorda un partigiano ucciso dai neofascisti. Parliamo anche di questa cosa, io ed Elia: “Già, sembrano posti dimenticati da Dio e dagli uomini, però durante la Seconda Guerra Mondiale i tedeschi ci arrivavano, non si era al sicuro neanche qui”. Scendiamo sul Passo della Scoglina (920 m) e, da qui alla Valle del Torrente Lavagna, il tracciato è di quelli che esaltano la GSX-8S. Finché non si scatena un temporale. Ma siamo al termine della prima tappa, alle porte di Chiavari. Troviamo da dormire nell’Angolo di Chiavari, un B&B di San Salvatore.

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Barbagelata down town.

SULLO SCIOLLI NON SI SCIALLA

Seconda tappa: affrontiamo un passo piuttosto basso (410 m s.l.m.), lo Sciolli, ma affascinante, perché si sale tra rocce nere e una vegetazione rigogliosa: “Sembra di essere a Tenerife” commenta Elia.

Un po' è vero, dai.

IL BRACCO, REGNO DEL GINOCCHIO A TERRA

Quindi passiamo per Sestri Levante e attacchiamo il Passo del Bracco, altro passo “superstar”. Mi fa pensare al windsurf: quando questo sport andava di moda, se ne trovavano a decine in ogni spiaggia. Oggi sono relegati solo in quelle più ventose. Così è successo con le supersportive: Ducati Panigale, Yamaha R1, Aprilia RSV, Honda CBR-RR, Suzuki GSX-R, chi le vede in giro? Un tempo erano diffuse ovunque, adesso popolano soltanto passi da intenditori come il Bracco. Su questa strada fanno pieghe da paura con pedane e ginocchia per terra.

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Passo del Bracco: impossibile resistere alla tentazione di entrare in quell'edificio ricoperto da murali.

IL MARE DI SETTEMBRE

Siamo a fine settembre, siamo andati al mare fino al mese prima, ma siamo milanesi. Quando scendiamo a Levanto, nel vedere che la spiaggia è ancora piena di ombrelloni e di bagnanti ci restiamo male. Un attacco di nostalgia feroce. Ci sentiamo già tagliati fuori da questo. L’estate è finita, siamo tornati al lavoro, quando usciamo per tornare a casa è già buio, ma qua la gente va ancora al mare. Beati loro. Per fortuna ci aspetta una delle strade più esaltanti che si possano fare, quella che porta a La Spezia, volando alta sopra le Cinque Terre, i famosi villaggi marini appollaiati sopra gli scogli, con le case colorate. Anche di fronte a loro ci viene quel sentimento misto: da una parte la voglia di andare a viverci, dall’altra la consapevolezza che sarebbe molto scomodo.

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Monterosso visto da questa "strada volante".

Questa strada supera una galleria e cambia tutto. Niente più paesini ultraromantici, ma il porto di La Spezia, uno dei più grandi che ci sia mai capitato di vedere. Qui vediamo il Golfo di La Spezia con il paesino di Montale di Marola.

GHIACCIAI...?

Dopodiché siamo in Versilia, ai piedi di immense montagne ricoperte di neve. Questo è l’effetto che fanno le Alpi Apuane: anche quando le cime superano a fatica i mille metri sembrano altissime, per il il loro aspetto aguzzo, roccioso e quelle cave di marmo che danno l’illusione della neve. Sono ecomostri, ma sono anche la linfa da cui Michelangelo e Canova attingevano per creare capolavori: è facile sentirsi eticamente confusi, su queste montagne. Il primo valico che affrontiamo si chiama “Passo” del Vestito (1.060 m) ma in realtà è un tunnel e lo si raggiunge con una strada che passa accanto a una cava enorme. Poi, al di là della galleria, c’è quella famosa della Henraux, cui si accede con una impressionante galleria scavata nel marmo. Ma poi, per arrivare alla meta finale della prima tranche, ci spariamo l’ennesima strada goduriosa, quella che passa per Fabbriche di Careggine e per il valico di Pierscidini (1.080 m). Una volta a Castelnuovo Garfagnana (LU) facciamo merenda in una pasticceria, quindi Elia riparte per Milano: sono finiti sia il suo tempo, sia quello della GSX-8S. La nuda Suzuki ha percorso 400 km, con una media di 22 km/l tondi tondi. Adesso tocca alla V-Strom 800 DE e alla sua cavalcata fino al Mare Adriatico, facendo tanti sterrati.

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Le Cave Henraux, oggi in disarmo, quindi frequentate da graffitari e climber.

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