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In Vespa nel deserto

Viaggio in Africa in moto (scooter…): Vespa T5 e PX 150 nel deserto della Tunisia. Una settimana di tempo per raggiungere l'Africa e consumare il sogno di una vita: cavalcare le dune del Sahara. Ecco come le due Vespa hanno affrontato l'avventura

il racconto di Francesco Sabadin

Avevo sempre sentito parlare di Mal d’Africa ma non avevo mai capito bene di cosa si trattasse. Scoprirlo è sempre stato il mio sogno da quando comprai l’Honda Africa Twin. Ho sempre desiderato ripercorrere con la fantasia le gesta dei pionieri della corsa in fuoristrada per eccellenza: la Paris Alger Dakar. Tutta colpa di un mio amico, Alessandro Da Re, il quale voleva ad ogni costo condividere con me un viaggio in Tunisia ma non possedeva alcuna moto, “solo” una Vespa T5 e mi convinse a rivedere i piani e attrezzare al meglio possibile la mia vecchia, anonima, Vespa PX150 di serie bianca del 1985 (qui le foto del viaggio). Dovemmo subito fare i conti con il nostro nemico principale: il tempo. Non avevamo che una settimana per compiere tutto il viaggio e togliendo ben due giorni di nave non ci restavano che 5 giorni di Africa: un progetto da pazzi a cui non siamo riusciti a rinunciare (ndr: nemmeno la redazione vi ha rinunciato, in occasione dell’ormai mitica comparativa maxi enduro 2014. Qui tutti gli articoli, le foto, i video)

RITMI DI FRONTIERA

Partendo dal Trevigiano, dobbiamo raggiungere prima possibile il porto di Genova e optiamo tristemente per un’auto con carrello, che poi lasciamo da un amico a Camogli. Nella nave il tempo non passa mai, l’unica occupazione, a parte il sonno, è la burocrazia che consiste nell’apposizione di due timbri sul passaporto e la compilazione di un documento collegato ai libretti delle Vespa per impedirne la vendita in loco. Per ogni timbro c’era una fila di 50 persone: ci diamo il cambio nell’attesa e riusciamo ad ottenere i pass in “sole” 5 ore. Arrivati a Tunisi superiamo faticosamente i vari estenuanti posti di blocco della polizia, che comunque si è sempre distinta per gentilezza e simpatia. Programmato il GPS, l’avventura inizia dopo 48 ore dalla partenza... 

CHE IL VIAGGIO COMINCI

Raggiungiamo con velocità Hammamet e da lì scivoliamo sempre più verso sud seguendo la costa: devo dire che il freddo si fa sentire e le strade sono a mala pena illuminate, ma il super faro allo xeno illumina tutto a giorno ed in profondità (talvolta anche troppo). Dopo una breve sosta per ammirare l’anfiteatro di El Jem (al buio) raggiungiamo Sfax dove passiamo la notte in un hotel surreale circondato dalle rovine di un intero quartiere: sembra un’impressionante scenario di guerra, ma più tardi scopriamo che si tratta soltanto di demolizioni programmate. 

IL MIRAGGIO DEL DESERTO

Il giorno seguente partiamo presto per recuperare il tempo perso in frontiera, il nostro viaggio sta per entrare nella sua parte più attesa: la conquista del deserto. Erano mesi che fantasticavamo su quali emozioni avremmo provato nel vederlo per la prima volta e da lì a poco lo avremmo scoperto. Muovendoci sempre verso sud raggiungiamo Matmata e le sue case troglodite costruite scavando degli enormi buchi nel terreno per proteggersi dalle tempeste di sabbia, utilizzate anche come set cinematografico per il film di Star Wars. Superiamo delle montagne di roccia rossa, la strada si presenta con molte curve che affrontammo con soddisfazione e un po’ di trepidazione, convinti che dietro ad ognuna di esse si aprisse da un momento all’altro quella distesa infinita di sabbia chiamata Sahara. Dopo un rettilineo di 60 km raggiungiamo Ksar Ghilane e, come in ogni oasi che si rispetti, almeno nel nostro immaginario, ci sono moltissime tende berbere, cammelli, alcune palme e un laghetto di acqua termale, nella quale numerosi avventurieri motorizzati riposano le membra coccolati da acqua tiepida. Il nostro arrivo suscita subito lo stupore e probabilmente l’ironia di alcuni di essi che sorridono divertiti nel vedere due povere Vespa che con le loro ruotine erano del tutto decontestualizzate. Dormiamo in una di quelle tende (costose), dove ci danno delle coperte piene di sabbia invitandoci a partecipare al “gran” cenone di capodanno. (costosissimo). Appena arriva il domatore di serpenti, però, io scappo in tenda, mentre Alessandro sembra divertito. Quella notte dormiamo completamente vestiti da moto, addirittura con il casco e gli stivali: mai avuto così tanto freddo come nel deserto! Il mattino seguente veniamo svegliati dai fragorosi rumori degli scarichi degli “enduroni”, utilizzati dai loro proprietari come termosifoni! 

sale batte sabbia

Ora ci aspetta la più grande delusione (preventivata) del viaggio: secondo le mie ricerche internautiche le ore del mattino dovrebbero lasciare la sabbia umida e quindi sufficientemente coesa da poter essere percorsa dalle Vespa, in realtà ci accorgiamo che la pista è tutt’altro che compatta e dopo pochissimi metri le ruotine vengono ingoiate dalla sabbia che ha la consistenza del talco. Capiamo subito che più acceleriamo, più le Vespa sprofondano fino a restare in equilibrio da sole: vani i tentativi di proseguire per quella pista e mestamente optiamo per l’asfalto che lì ci aveva condotti. Raggiungiamo Tozeur attraversando il lago salato Chot el Jerid, ci lanciamo dunque a tutta velocità su un terreno compatto di colore bianco (sale) potendo vedere nient’altro che la linea dell’orizzonte a 360 gradi: questa indimenticabile sensazione di libertà ci ha fatto velocemente dimenticare la sconfitta della sabbia.  Il giorno seguente in programma c’è la mitica pista Rommel e la visita delle gole del Mides e Mos Espa ma purtroppo il nostro roadbook è troppo ottimistico e siamo costretti a malincuore a tagliarli dal tragitto. Lasciamo quindi il sud della Tunisia e la cittadina di Tozeur per salire fino a Le Kef, non senza fare una sosta nella meravigliosa Sbeitla, una cittadina romana stupefacente per la sua bellezza. Tutta l’Africa mediterranea è ricchissima di reperti archeologici di incredibile fattura e conservazione, solo loro giustificherebbero un viaggio.

FRA DATTERI E TEMPLI

Riprendiamo la rotta verso nord per l’ultima tappa, Tunisi. Le temperature non salgono mai sopra i 5 gradi e piove, al nord la vegetazione è lussureggiante, distese di palmeti ci ricordano che la Tunisia è il primo produttore mondiale di datteri. Con un escamotage (ci fingiamo giornalisti e con il senno di poi non è stata una completa bugia!) riusciamo a visitare le rovine romane di Dougga (Patrimonio dell'Unesco), direttamente con i mezzi e ci perdiamo nel dedalo di vie lastricate di pietre. La città sorge su di un colle ed è molto ben conservata. Arriviamo a Tunisi in serata e, dopo le foto di rito, ci facciamo il primo bagno dopo 3 giorni di sistemazioni di fortuna. Infine, ci dirigiamo verso il porto della Goulette, dove ci attende la nave per il rientro. Parcheggiamo in mezzo a decine di fuoristrada e moto attrezzatissime. Durante la traversata ci siamo uniti a dei gruppi che ogni anno tornano nel Paese richiamati dalla passione per il deserto, sono di ogni nazionalità ma ci sentiamo come se fossimo compagni di corso!

appunti di viaggio

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