Il meteo non promette nulla di buono, infatti il giorno seguente ci svegliamo in un muro d’acqua. Poco male, io devo consegnare un altro articolo, mi chiudo in camera e lavoro per tutta la mattina al testo, mentre Ilaria esplora a piedi (e con l’ombrello!) i tanti percorsi ciclabili che si dipanano da Pfunds, vero paradiso sia per le e-bike sia per le muscolari. Nel pomeriggio il cielo inizia ad aprirsi e ne approfittiamo per attraversare il parco naturale Kaunergrat e visitare il piccolo ma grazioso Naturparkhaus, un museo naturalistico pensato principalmente per i più piccoli (www.kaunergrat.it), per poi raggiungere Ried e conoscere Gabriel Schöpf, che gestisce con i genitori una filanda di lana tradizionale. E per tradizionale intendo che tutti i macchinari all’interno che gestiscono il lavaggio, la cardatura, la filatura, la tessitura e quant’altro, sono mossi tuttora dalle pale di un mulino ad acqua.
Avete presente quando pensate di andare a fare una visita un po’ noiosa, quelle cose tipo “adesso entriamo nel museo della cultura locale, per vedere come lavoravano i nonni di queste zone”, e poi rimanete invece a bocca aperta e non vorreste più andare via? Vi sarà capitato almeno una volta nella vita. Se invece no, beh, andate qui, potrebbe essere la volta buona. Un posto incredibile, tutto congelato ad almeno 60 anni fa (www.museum-schafwollfabrik.at). La filanda fu fondata nel 1928 dal bisnonno di Gabriel, nel 1964 venne aggiunto il fondamentale mulino ad acqua che rappresentò la meccanizzazione, il progresso, stupendo pensarci adesso. L’attività continuò a pieno regime fino al 1998, quando la nonna si occupava ancora di gran parte della produzione. Una volta venuta a mancare lei iniziò una flessione negativa che stava per portarli alla chiusura. Ma, poi, fu proprio Gabriel, che qui dentro ci è nato e cresciuto (ci mostra una foto di lui bambino di fronte agli stessi macchinari che stiamo visitando, mentre il nonno lavora) a rimboccarsi le maniche e a voler restaurare tutti gli impianti fermi da un po’, così due anni fa è nato il loro museo. Nel frattempo Gabriel e suo padre sono rimasti aperti a dispetto di una pandemia che ha messo in ginocchio chiunque lavori con il turismo, continuando a produrre loden, camicie, coperte, copriletto, piccoli oggetti per la casa e, soprattutto, a mostrare ai visitatori come si viveva - e come si vive - lavorando la lana, raccontando la storia della loro famiglia e di un’artigianalità che si sta perdendo. Pensate solo che molti pastori la lana non la vendono, non gli conviene più, preferiscono buttarla. Il sito del museo è solo in tedesco, loro sono aperti tutti i giorni tranne la domenica dalle 18 in poi, ma per sicurezza meglio chiamare e prenotare una visita.